ARTE CINEMA LIBRI MUSICA
• Vincenzo Alessandro
Un percorso di lettura
attraverso il concetto di inclusione
• Annamaria Iantaffi
Fernando Botero,
la grande mostra
• Francesco Ottonello
Händel - Il Messia
The Messiah
Fernando Botero,
la grande mostra
Le forme monumentali e corpulente
di Fernando Botero sono da sempre
il suo marchio distintivo.
L’esibizione che ospita a Roma
la mostra più grande realizzata
in Italia racconta oltre sessant’anni
di carriera artistica con opere
che rappresentano l’universo poetico dell’artista colombiano.
Giornalista pubblicista e componente
dell’Ufficio Stampa e Comunicazione
della CISL Scuola Nazionale
Durerà fino al 19 gennaio “Fernando Botero, la grande mostra”, l’esibizione che, come promette il titolo, ospita a Roma più di 120 opere tra dipinti realizzati con olio, carboncino, acquerelli, sanguigne, nonché piccole sculture e pezzi inediti dell’artista colombiano che ha conquistato l’Europa, l’Oriente e il mondo intero con il suo stile dai volumi ampi e inconfondibili. Ottima l’istallazione ideata dalla figlia dell’autore, Lina Botero, in collaborazione con la curatrice Cristina Carillo de Albornoz, e realizzata da Arthemisia nel Palazzo Bonaparte, l’edificio barocco prospiciente piazza Venezia dove ha vissuto Maria Letizia Ramolino, madre di Napoleone, fino al 1836. Regala a ogni opera uno spazio specifico nella stanza, e un’illuminazione capace di impreziosirla ed esaltare l’espressività dei soggetti ritratti.
La scelta delle forme arrotondate e del volume che domina la fisicità dei soggetti boteriani è il prodotto di uno studio che ha reso preponderante questa caratteristica nello spazio di ogni singola opera. Un aneddoto, raccontato dallo stesso autore in uno dei video a corredo della mostra, narra al visitatore che la consapevolezza di aver raggiunto lo stile tanto ricercato è arrivata il giorno in cui stava disegnando un mandolino: nell’osservare le proporzioni ottenute realizzando un foro d’uscita piccolo, a fronte di una grande cassa di risonanza, Botero ne ha percepito il potere e il valore.
La prima sezione che accoglie il visitatore, chiamata Versioni è un omaggio all’Italia artistica del Quattrocento e ai pittori del Rinascimento e del Barocco europei, con cui il pittore colombiano si confronta per tradurre le opere dei grandi nel suo linguaggio unico e caratterizzante. Con umiltà. Perché, ancora nel 2020, a 78 anni, interrogato su cosa gli sarebbe piaciuto fare, Botero ha risposto “Imparare a dipingere! L’aspetto meraviglioso della pittura è che nessuno può dire di saper dipingere”. Qui si possono ammirare l’Omaggio a Mantegna e La Menina, ispirata a Diego Velázquez, entrambi mai esposti prima d’ora, ma anche il ciclo dedicato alla Passione di Cristo. Sempre qui sono visibili El Diptico, ispirato a Piero della Francesca, El Matrimonio Arnolfini, che riprende Jan van Eyck, Mademoiselle Rivière, calco dell’opera di Jean-Auguste-Dominique Ingres, La Fornarina, citazione di Raffaello, o El retrato de los Burgueses, che riprende Rubens. Altre sezioni del percorso sono dedicate alla scultura, ai disegni, alla corrida e alla natura morta, un genere con cui Botero si confronta raccogliendo una sfida con se stesso e con la contemporaneità, che difficilmente vi si rapporta. Un intero salone è dedicato al variopinto e brillante tema del circo, approfondito dal pittore dopo una visita in Messico che aveva risvegliato in lui i ricordi degli spettacoli cui aveva assistito da bambino a Medellin. In queste grandi opere trampolieri, trapezisti, pagliacci, contorsionisti e amazzoni sono ritratti con un’espressione statica ma capace di suggerire dinamismo, serenità e poesia.
La religione. Oltre le convenzioni è il titolo della sezione ispirata di nuovo ai ricordi d’infanzia dell’artista, che si definiva “il più colombiano dei colombiani”, pur avendo scelto per anni Pietrasanta, in Toscana, come luogo d’adozione. Nella sua città natale l’arte era rappresentata sostanzialmente dalle icone religiose presenti nelle chiese e nelle cattedrali, dove il clero era estremamente potente, tanto che, per citare le sue parole, “il vescovo pareva il Papa”. Qui si possono ammirare, ad esempio, Nuestra Señora de Colombia, e Vescovo al bagno, con cui Botero, che si definiva “a volte credente, a volte agnostico”, sfida la tradizione e le convenzioni. L’equilibrio della composizione, la serenità e la gioia comunicati dai colori brillanti, piani e assoluti degli sfondi o dei vestiti, delle persone e degli animali ritratti, che spesso guardano verso un “oltre” universale che supera i visitatori, sono interrotti nella sezione Violenza, in cui l’artista denuncia le torture inferte dal 2003 dall’esercito USA e dalla CIA ai prigionieri nelle celle di Abu Ghraib, durante la guerra in Iraq.
Una chicca cui non si può rinunciare prima di terminare la visita, è il mignanello, ovvero il balconcino o bussolotto di Palazzo Bonaparte, decorato con motivi floreali, che Letizia Ramolino usava (come facevano già i proprietari del palazzo nel Medio Evo, in occasione del Carnevale di Roma) per osservare con discrezione, senza essere vista, le parate e i cortei che si tenevano tra via del Corso e Piazza Venezia.