editoriale
Le strade
da percorrere
Nella prossima stagione contrattuale, la formazione sarà il nucleo attorno
al quale si svilupperà la negoziazione. Anche valorizzando i crediti formativi derivanti da disposizioni di legge già
in vigore, e dando riconoscimento alle figure di supporto al Piano dell’Offerta Formativa e a quelle che operano
nelle aree di particolare complessità.
Segretaria Generale
CISL Scuola
“La formazione continua costituisce un diritto ed un dovere per il personale scolastico in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo della propria professionalità”. Così recita, al comma 4 dell’art. 36 il nostro contratto di lavoro; un contratto che ha senz’altro apportato in materia alcune importanti e significative novità, ma che sul tema della formazione resta comunque, e credo inevitabilmente, una norma programmatica, contenente cioè obiettivi e principi la cui concreta attuazione è rimessa agli atti che soggetti diversi sono chiamati a compiere nelle sedi di propria competenza.
Tra questi, sicuramente il Legislatore (in primis sul versante decisivo delle risorse da stanziare nelle norme di bilancio), ma poi naturalmente il Ministro e l’Amministrazione a ogni livello, le organizzazioni sindacali, trattandosi di materia per vari aspetti rimessa alla contrattazione, e gli organismi collegiali della scuola, chiamati a definire la programmazione di azioni formative, rivolte al personale docente e al personale ATA, “necessarie per una qualificata risposta alle esigenze derivanti dal piano dell'offerta formativa”. Ma è sul concetto della formazione come “diritto e dovere” del personale scolastico che vorrei mettere prima di tutto l’accento, per sottolineare quanto sia importante non rimanere imprigionati in interpretazioni capziose dietro alle quali si potrebbe ricorrere per giustificare approcci opposti, ed entrambi sbagliati, a una questione che presuppone, se si vuole affrontarla nel modo giusto, una professionalità di elevato profilo esercitata il più possibile in un’ottica di sistema.
Così, se è impensabile considerare le attività di formazione, in quanto “diritto”, una sorta di optional, esercitabile (se, quando, dove, come) sostanzialmente a discrezione del singolo, lo sarebbe altrettanto imporre, in forza della pretesa di veder adempiere un dovere, obblighi di attività formative “purchessia”, a prescindere dalla loro congruenza con profili o progetti precisamente individuati. L’ultimo contratto ha detto su aspetti importanti parole chiare, in particolare per i docenti, riconducendo espressamente alle attività funzionali anche quelle formative e prevedendo un compenso aggiuntivo qualora eccedano gli obblighi di servizio contrattualmente stabiliti (art. 44 del CCNL); inoltre richiamando, come ho già accennato, il collegamento da ricercare fra attività formative e piano dell’offerta formativa.
Si tratta senz’altro di un passo in avanti lungo un percorso che per anni è stato più annunciato che intrapreso effettivamente, per oggettive difficoltà, legate soprattutto alla mancanza di risorse dedicate, ma anche per la delicatezza che il tema assume quando lo si collega a forme di valorizzazione della professionalità in cui i crediti conseguiti attraverso la frequenza di attività di formazione si aggiungono all’unico criterio attualmente considerato, che è l’esperienza acquisita in forza dell’anzianità di servizio. Non occorre certo molta fatica per dimostrare quanto sia necessario, al giorno d’oggi, sostenere ogni professionalità, in qualunque campo esercitata, con supporti di aggiornamento e formazione continui, pena i rischi di obsolescenza che in ogni attività si corrono in presenza di cambiamenti che avvengono a ritmi sempre più accelerati. Sul fatto che questo valga ancor di più per lavori di particolare complessità, come lo è per esempio quello di chi insegna, mi sembra vi sia oggi una generale e diffusa consapevolezza. Chi, come noi, rivendica da tempo una forte rivalutazione del lavoro nella scuola, dal punto di vista sociale ed economico, deve mettere in conto che il tema della formazione, per la sua valenza strategica, non può essere eluso o accantonato, quale che sia la sede in cui si sviluppano la discussione e il confronto.
Meno facile individuare le modalità con le quali la formazione, oltre che fattore di aggiornamento e crescita delle proprie competenze lavorative, possa diventare elemento che trova riscontro in forme specifiche di valorizzazione della professionalità, al cui “sviluppo e arricchimento” si riferisce esplicitamente, indicandoli come obiettivi prioritari delle azioni formative programmate, il nostro contratto, sempre al più volte richiamato art. 36. Sviluppo e arricchimento che necessariamente avvengono in un contesto fatto di “emergenze” cui il sistema è chiamato a far fronte, ma che non devono ignorare o prescindere anche da sensibilità e inclinazioni personali: che vi sia in questo senso ben più interesse e disponibilità di quanto forse comunemente si pensi, lo dimostrano i dati di partecipazione ad attività formative, non di rado a proprie spese, da parte del personale scolastico. Nel frattempo, in attuazione di quanto prevede la missione 4 del PNRR, dando seguito alle modifiche introdotte di recente al decreto legislativo 59/2017, il Ministro dell’istruzione ha dato avvio ai percorsi cosiddetti di formazione in servizio incentivata, che prevede, dopo tre cicli di formazione triennali, la possibilità per il docente di essere “stabilmente incentivato” (assumendo comunque un incarico di supporto all’offerta formativa), con un incremento stipendiale consistente in un assegno annuale ad personam di 5.650,00 euro, che si somma al trattamento stipendiale in godimento.
Non entro in altri dettagli, la cui descrizione esula dall’intento di questo editoriale, che è piuttosto quello di rilevare alcuni aspetti di carattere politico sui quali si svilupperà, d’ora in avanti, l’iniziativa del nostro sindacato, specialmente quando si avvierà – il più presto possibile, come stiamo chiedendo – il negoziato per il prossimo rinnovo contrattuale.
Non c’è dubbio che il Legislatore abbia inteso avviare nella scuola un sistema di formazione e aggiornamento permanente che concretizza, di fatto, una forma di carriera dei docenti. Ciò è avvenuto senz’altro per ragioni legate al perseguimento degli obiettivi fissati nella missione del PNRR riguardante le politiche dell’istruzione pubblica, ma occorre dire che la strada si è resa più facilmente praticabile per i ritardi che su questo tema, per ragioni più volte spiegate e tutte comprensibili, si registrano da parecchi anni sul versante contrattuale. Dove l’unico risultato prodotto, pur riconoscendone tuttora elementi di validità e attualità, è il testo concordato, giusto vent’anni fa, dalla commissione mista MIUR, Funzione Pubblica, ARAN e sindacati in applicazione del CCNL firmato nel 2003. L’intervento legislativo non ci consente ulteriori indugi, sia perché la procedura implica comunque un coinvolgimento, per alcuni aspetti, delle sedi negoziali, sia perché in quelle sedi non intendiamo limitarci semplicemente a gestire l’esistente, ma vogliamo modificare un impianto del quale la nostra organizzazione rileva non poche criticità. Quello delineato dalla norma e dagli atti applicativi è infatti un percorso lunghissimo e farraginoso (ben nove anni per conseguire l’incentivo stabile), consente un beneficio economico solo ad un numero estremamente limitato di docenti, è finanziato attraverso la prevedibile riduzione di organico conseguente alla denatalità, anziché reinvestire risorse eventualmente eccedenti nel potenziamento e nella qualificazione dell’offerta formativa. Definire un nuovo sistema di progressione in carriera dei docenti, lo sosteniamo da sempre, è possibile solo se si rendono disponibili risorse aggiuntive, oltre a quelle necessarie per portare a livelli più dignitosi, in via generale, le retribuzioni di tutto il personale.
Ci attende dunque un impegno non indifferente, da sviluppare su due terreni diversi: quello del confronto con Ministro, Governo e Parlamento per ottenere, in sede legislativa, una sostanziale modifica del quadro normativo, estendendo le prerogative rimesse alla contrattazione, e un consistente finanziamento del FMOF da indirizzare alla formazione; quello delle relazioni sindacali, utilizzando tutti gli spazi contrattuali disponibili, a partire dalle trattative che si apriranno all’ARAN per il nuovo CCNL, per correggere profondamente il sistema come è oggi delineato e costruire una valida e credibile alternativa. C’è infine un terzo terreno su cui agire, ed è quello del nostro dibattito interno, perché su un tema come quello della formazione, e dei suoi possibili riflessi sulla valorizzazione professionale, altrettanto importante delle risorse da investire è anche la capacità di mettere a punto progetti chiari, efficaci e condivisi cui destinarle. O si è protagonisti del cambiamento, o si finisce per subirlo, anche quando non produce miglioramento e crescita.