editoriale
Coerenza
di un percorso
Per una scuola che fa della promozione della persona e dei suoi diritti il proprio fine, l’inclusione, intesa come accoglienza, valorizzazione delle diversità,
sostegno alle situazioni di fragilità,
è uno dei connotati essenziali
e irrinunciabili.
Vi è su questo una linea di coerenza
che viene da lontano
e su cui prosegue il nostro impegno.
Segretaria Generale
CISL Scuola
Nel 2023 abbiamo celebrato i cent’anni dalla nascita di don Lorenzo Milani, e lo abbiamo fatto sottolineando l’attualità di un messaggio e di una testimonianza ancora oggi fondamentali per chi crede che le politiche dell’istruzione e della formazione svolgano un ruolo determinante nell’affermare i diritti di uguaglianza sanciti dalla nostra Costituzione. Quello di Barbiana resta ancora oggi l’esempio più alto di una scuola che ha nella promozione della persona e dei suoi diritti il proprio fine: non la selezione, ma la valorizzazione dei talenti di ciascuno, con una priorità di attenzione a chi ha più bisogno, ai dimenticati, agli emarginati, agli ultimi. A quei “malati”, per usare la metafora usata dai ragazzi di Barbiana nella loro lettera a una professoressa, trascurati da ospedali paradossalmente intenti (ma perché così pensati e voluti) alla cura dei “sani”.
Nel 2025, dunque tra pochissimo, ricorrerà un altro anniversario che credo valga la pena celebrare perché legato a scelte cruciali per il nostro sistema scolastico; scelte rispetto alle quali, peraltro, le tracce della testimonianza e del pensiero di don Milani, anche per un’evidente prossimità dei tempi, mi sembrano piuttosto evidenti. Parlo del documento che nel 1975, nel corso della VI Legislatura (Governo Moro IV), fu elaborato dalla commissione parlamentare, presieduta dalla senatrice Franca Falcucci, incaricata di un approfondimento riguardo ai “problemi scolastici degli alunni handicappati”. Fu proprio quel documento a porre le basi di successive scelte legislative tra le quali, tenendo conto della parola chiave individuata per questo numero della rivista, mi limito a richiamarne una che non esiterei a definire, se non rivoluzionaria, quanto meno radicalmente riformatrice: l’abolizione delle classi differenziali, sancita due anni dopo dalla Legge 517.
Per quanto il tema dell’inclusione si estenda oltre l’ambito delle problematiche legate alla disabilità, non vi è dubbio che queste rappresentassero, allora, il banco di prova più esteso e impegnativo sotto punti di vista diversi (pedagogico, sociale, culturale, organizzativo), di cui la commissione Falcucci mostrava di avere grande consapevolezza, tracciando una direzione di percorso ancora oggi di piena attualità e ponendo le basi su cui fondare uno dei tratti distintivi più qualificanti per il nostro sistema scolastico.
La rilettura di quel documento, considerato il contesto politico in cui si colloca, basta a fare giustizia delle polemiche con cui si vorrebbe addebitare a quegli anni l’avvio di una parabola discendente, in termini di qualità e di efficacia, del nostro sistema scolastico: posto che sarebbe arduo etichettare come sovversivi sessantottini Franca Falcucci, o Franco Maria Malfatti, Aldo Moro, Giulio Andreotti (per citare chi ricopriva allora i più rilevanti incarichi di governo), andrebbe invece preso atto della serietà, dell’intelligenza e della lungimiranza con cui si affrontava un tema così impegnativo inquadrandolo in un’altrettanto impegnativa visione di scuola e di società.
Cito un paio di brani, che credo non abbiano bisogno di commento: “È tutta la struttura scolastica, particolarmente quella della fascia dell’obbligo, che può e deve contribuire in modo decisivo al superamento di ogni situazione di emarginazione umana culturale e sociale che abbia la sua radice nel mancato sviluppo delle potenzialità del soggetto”.
“Il superamento di qualsiasi forma di emarginazione degli handicappati passa attraverso un nuovo modo di concepire e di attuare la scuola, così da poter veramente accogliere ogni bambino ed ogni adolescente per favorirne lo sviluppo personale”. La “valutazione dell’esito scolastico, deve … fare riferimento al grado di maturazione raggiunto dall’alunno sia globalmente sia a livello degli apprendimenti realizzati, superando il concetto rigido del voto e della pagella”. “Risultano … favorevoli agli alunni in difficoltà altre due caratteristiche della scuola a «tempo pieno»; i modi più vari e meno rigidi di organizzare i gruppi di lavoro, superando la struttura rigida delle classi, e la possibilità soprattutto nella scuola elementare di avere rapporti con più insegnanti”. E per capire come fossero attentamente considerati aspetti di natura organizzativa su cui si individuavano anche attribuzioni e responsabilità a carico di soggetti chiamati a cooperare con l’istituzione scolastica (enti locali, servizio sanitario, ecc.), basterebbe citare il passaggio del documento che richiama la necessità di “prevedere che la scuola abbia a sua disposizione un numero di assistenti proporzionato ai bambini che hanno bisogno di particolare assistenza per carenza di autonomia fisica”.
La rilettura di quel documento fa riflettere sul tanto che è stato fatto, da allora, per dare alla scuola italiana un profilo “inclusivo” che è fondato su scelte pedagogiche e didattiche per le quali vanno però garantite opportune condizioni organizzative e strutturali. Basterebbe pensare, ad esempio, al numero dei docenti di sostegno, il cui organico nel 2010/11 era di 63.348 posti (che diventavano poco più di 90.000 in organico di fatto), mentre nell’anno in corso i posti in organico di diritto sono 126.170 e superano i 205.000 in organico di fatto. Più difficile una stima che ci indichi se e quanto siano cresciute, nel tempo, le azioni di supporto alla scuola da parte di istituzioni e servizi territoriali per quegli aspetti di carattere sanitario-assistenziale di cui molto spesso il personale scolastico è chiamato a farsi carico, non avendone specifica competenza. Ma anche sul versante del sostegno, non è tutto oro quel che luce.
Alle cifre eclatanti che ho appena citato, si accompagna il permanere di tante criticità irrisolte, la prima delle quali è la percentuale altissima di posti non coperta, come sarebbe necessario, da insegnanti specializzati, di cui vi è forte carenza in molte aree territoriali. Frutto di una delega in esclusiva alle Università dei percorsi di specializzazione che ha prodotto squilibri enormi nella distribuzione dei titoli fra le diverse aree geografiche. È da vedere quanto riusciranno a porvi rimedio le procedure attivate di recente, così come andrebbe sviluppata una diversa politica del reclutamento, che faccia tesoro della rilevante esperienza acquisita da chi lavora per anni precariamente. Ho accennato in precedenza a come l’inclusione sia un tema che non si esaurisce esclusivamente nell’ambito delle problematiche legate alla disabilità.
La crescita dei flussi migratori, senza nulla concedere a una “retorica dell’invasione”, priva di fondamento se ci si attiene ai dati reali, ha fatto comunque di quella italiana una società multiculturale, in cui alla scuola si pone sempre più frequentemente il problema di accogliere alunni la cui lingua di nascita non è quella italiana. Un problema la cui soluzione non può venire da un approccio di stampo segregazionista, laddove è necessario assumerne uno esattamente opposto, facendo della convivenza tra persone di lingua diversa un fattore di reciproco arricchimento e, per quanto riguarda gli alunni stranieri, di ancor più rapida assimilazione della lingua del paese ospitante. Dev’essere un contesto esplicitamente inclusivo quello in cui attuare eventuali interventi di supporto specifico, in un’ottica di accoglienza e integrazione da riconfermare sempre e con forza.
Sono questi i connotati di un sistema scolastico per il quale la CISL Scuola spende ogni giorno il suo impegno, quelli che abbiamo fissato puntualmente, qualche tempo fa, nel nostro manifesto “per una scuola che unisce”. Dedicare questo numero della rivista al tema dell’inclusione, dando spazio a una pluralità di contributi articolati ed espressi in piena libertà, che arricchiscono comunque la nostra riflessione, ferme restando l’autonomia e la responsabilità delle nostre scelte, significa proseguire con coerenza in quella direzione.