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Händel, Il Messia 
The Messiah

Il Messiah di G.F. Händel è un’opera

di profondo significato spirituale,

che parla a credenti e non credenti non solo per l’indiscussa qualità

della musica, ma soprattutto

per la capacità che Händel dimostra nel toccare ed enfatizzare temi universali quali la speranza,

la fede e la redenzione.

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Percussionista e musicologo

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Georg Friedrich Händel e Johann Sebastian Bach, di cui fu commentatolo scorso anno l’Oratorio di Natale, sono i due principali compositori dell’età Barocca. La loro vita fu segnata dalla condivisione di alcune somiglianze sorprendenti, ma intesero il proprio rapporto con la musica in maniera pressoché antitetica. Entrambi coltivarono ampiamente il repertorio della musica sacra ma se Bach, con il suo atteggiamento spirituale, diede espressione al proprio rigore liturgico, Händel, con il suo stile mondano e grandioso, manifestò appieno la propria etica umanista.

Dopo il suo insediamento a Londra, Händel trovò proprio nell’oratorio uno degli ambiti privilegiati per esercitare un’estetica solenne; si può senz’altro asserire che contribuì in modo determinante a creare la tipologia dell’oratorio in lingua inglese, una forma oratoriale che aveva rapporti assai labili con l’omonimo genere nella modalità in cui era coltivato sul continente. 

Partendo dal mondo dell’opera, che aveva frequentato da sempre, Händel trasferì nell’oratorio molte delle caratteristiche strutturali proprie del teatro musicale. Fu però libero da pesanti vincoli, come i capricci dei cantanti, o l’uso di forme codificate come l’aria col da capo; ciò gli consentì, per esempio, di decidere di incrementare notevolmente il ruolo del coro, usato per ampliare e arricchire il tessuto drammatico e sonoro. Se i suoi oratori ci sembrano così grandiosi e solenni, è proprio per la maniera in cui la massa corale è impiegata. Händel, per pervenire ad un uso così sapiente e magistrale del coro, tornò a farsi studente, dedicandosi ad approfondire la conoscenza della polifonia inglese partendo dall’analisi di tutte quelle forme in cui il coro era impiegato in modo rilevante: Masques, Welcome Songs, Odi e Anthems. Nello studio, l’autore di riferimento fu per lui Purcell, che Händel arrivò per altroa  superare per quanto concerne la gestione delle vaste dimensioni e per la forza del pathos drammaturgico.

Se, in generale, gli oratori händeliani risentono di un’importante spinta drammaturgica, il Messiah sfugge a questa norma in quanto si delinea come un’opera altamente personale. Essa venne composta in un momento di crisi spirituale del compositore, durante una fase difficile della sua vita, caratterizzata da problemi di salute e difficoltà finanziarie. La creazione dell’opera fu dunque vissuta come una sorta di rinascita spirituale e di riconciliazione con il proprio destino artistico. Händel considerava il Messiah non solo un'opera sacra, ma anche un contributo al benessere umano, con un messaggio universale di speranza e consolazione, che desiderava offrire a chiunque lo ascoltasse. Si tratta di un lavoro privo di azione drammatica e dedicato interamente alla devota contemplazione, il cui messaggio di edificazione religiosa si manifesta attraverso la narrazione dell’intero arco della vita del Salvatore e racchiude l’anno liturgico nella sua interezza.

Il Messiah venne composto nel 1741, nell'Inghilterra del XVIII secolo, il cui contesto culturale profondamente religioso offrì terreno fertile per la creazione di un’opera che affrontasse temi biblici e spirituali. Il tempo di composizione fu straordinariamente breve (circa tre settimane) e la prima rappresentazione si tenne a Dublino, il 13 aprile 1742, presso la New Music Hall di Fishamble Street.

Il testo letterario del Messiah, redatto da Charles Jennens, interamente basato su testi biblici, non segue una narrazione tradizionale, ma è piuttosto una selezione di passi tratti in particolare dal libro di Isaia, dai Salmi, dai Vangeli e dall’Apocalisse. Jennens scelse questi testi per secondare la volontà händeliana di stimolare l’ascoltatore a una riflessione spirituale, piuttosto che descrivere semplicemente una narrazione cronologica della vita di Cristo.

La struttura formale dell’opera si presenta come una successione di pezzi vocali che si alternano nella sequenza recitativo-aria-coro. Ad essi si aggiungono l’Ouverture iniziale e una Pastorale per orchestra (Piva), situata al centro della prima parte, i cui temi sono ispirati al canto dei pifferai abruzzesi, ascoltati da Händel a Roma, durante un Natale di molti anni prima.

Il Messiah ha una macrostruttura divisa in tre grandi parti, ciascuna con un preciso tema e significato teologico.

Parte I: La nascita di Cristo

Questa prima sezione contiene brani che raccontano la profezia della venuta del Messia e l’annunciazione ai pastori. Vi si possono individuare quattro momenti distinti: dopo l’Ouverture (numero 1), i successivi brani sono dedicati alle profezie che precedono la nascita del Redentore (arie, cori e recitativi segnalati nella partitura con i numeri da 2 a 7). 

Seguono la sezione dedicata alla nascita del Redentore (n. 8-11). Le pagine successive sono dedicate alla notte della natività (n. 12-16) ed iniziano con la celebre Piva orchestrale. La quarta sezione della prima parte è dedicata ad un auspicio di pace per l’intera umanità (n. 17 e 18). 

Parte II: La passione e resurrezione di Cristo

È la parte centrale e più drammatica dell’Oratorio, incentrata sul sacrificio di Cristo e sulla sua resurrezione. In questa sezione itemi che vengono esplorati sono quelli della sofferenza e della redenzione.

Anch’essa si può dividere in quattro sezioni. La prima è dedicata alla passione (n. 19-25), la seconda alla morte (n. 26-31), la terza alla resurrezione e all'ascensione (n. 32-35) e l’ultima al trionfo del Cristianesimo (n. 36-39). Chiude questa seconda parte il celebre coro Hallelujah, pagina di grande maestria e assai innovativa nel modo di gestire la massa corale. In essa, le voci che la compongono vengono poste in dialogo reciproco, con un effetto di crescita e diminuzione dell’intensità del volume sonoro dosata con sapiente efficacia.

Parte III: La redenzione e la vita eterna

La terza parte è incentrata sulla promessa della vita eterna e sulla resurrezione finale, improntata alla speranza. È assai più breve delle due precedenti e ne costituisce una sorta di appendice (n. 40-47).

Complessivamente il Messiah di Händel non è solo un capolavoro musicale, ma anche un’opera di profondo significato spirituale, capace di parlare trasversalmente a credenti e non credenti. Ciò non solo per l’indiscussa qualità della musica, ma soprattutto per la capacità che Händel dimostra nel toccare ed enfatizzare temi universali quali speranza, fede e redenzione.Non è dunque un caso se quest’opera esercitò una notevole influenza su altri grandi musicisti come Mozart, Haydn e Mendelssohn.

Mozart era profondamente affascinato dal Messiah e, pur rispettando l’originale, decise di scriverne un adattamento per il pubblico viennese, intervenendo soprattutto sulle scelte di orchestrazione. Haydn si ispirò alla grandezza del lavoro händeliano, per comporre il proprio oratorio La Creazione, che condivide col Messiah le stesse tematiche della celebrazione e glorificazione divina. Nella sua opera di valorizzazione della musica del passato, Mendelssohn considerava il Messiah un’opera imprescindibile, ma anche Brahms lo tenne in considerazione come modello per la composizione della propria musica sacra corale.

Di fatto, dal XVIII secolo fino a oggi, il Messiah di Händel mantiene una posizione di assoluto rilievo nel panorama musicale, consolidando nel tempo il proprio status di pietra miliare del repertorio sacro e di quello corale.

ASCOLTI:

Direttore: John Eliot Gardiner

Monteverdi Choir English Baroque Soloist

 


 

Direttore: Vàclav Luks

Collegium&Collegium Vocale 1704

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