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• Alessandro Calvani
Verso un mondo
senza false frontiere
• don Gaetano Lo Russo
Una minaccia sfidante
o un'evoluzione ottimizzante?
• Ulderico Sbarra
Ombre sul confine
Verso un mondo
senza false frontiere
La terza globalizzazione ha aumentato le sfide per coloro che vogliono rafforzare la necessaria osmosi
di conoscenze, risorse naturali
e finanziarie. Sono sorte oltre 300 organizzazioni internazionali intergovernative, alcune delle quali hanno raggiunto livelli così alti
di inclusività e di integrazione
che hanno abbassato di molto
le frontiere nazionali, facendole divenire di fatto quasi impercettibili
e facilissime da attraversare.
Presidente dell’Istituto di Diritto internazionale della pace “Giuseppe Toniolo” e docente di Sviluppo sostenibile all’Asian Institute of Technology
All’inizio della terza globalizzazione(1), nelle pratiche socioeconomiche dell’umanità le frontiere sono divenute difficili da interpretare e comprendere nella vita di tutti i giorni. Ogni mattina, appena ci svegliamo per uscire dai confini personali del cotone (prodotto in Egitto) delle lenzuola e dei nostri indumenti intimi per indossare una camicia made in Bangladesh e fare una buona colazione abbiamo già attraversato una dozzina di frontiere, che ci hanno regalato gli aromi dello shampoo, della frutta, del caffè o del succo di arancia.
Quasi tutto ciò che riempie la nostra giornata e rende buona la qualità della vita viene da lontano e ha superato tante linee invisibili, chiamate frontiere, che sono state per secoli protagoniste inconsce della storia e della geografia del mondo. Ogni mattina, dunque, potremmo accorgerci appena svegli che le frontiere del mondo sono evaporate, anche solo osservando cosa consumiamo, come ci spostiamo, e come viviamo.
Per ragioni professionali ho attraversato centinaia di volte le frontiere dei 135 paesi dove ho vissuto e lavorato. Delle frontiere non ho mai capito né accettato la prepotenza di separare solo le persone, dato che quasi mai esse hanno separato gli animali o le risorse. Per esempio, lo Stato americano del Colorado, dove ho studiato per il mio dottorato, è un rettangolo di linee rette disegnate a tavolino, dunque senza alcun riferimento alla storia o alla geografia di quei luoghi. Altre frontiere invece sono così tanto storte, bislunghe o frastagliate che nessuno sul posto sa esattamente dove si trovano.
L’idea di limitare il transito delle persone attraverso le frontiere è piuttosto recente, visto che cominciò a diffondersi solo dopo la Prima Guerra Mondiale. Infatti, nei secoli precedenti i passaporti avevano avuto la sola funzione di permesso di uscita dal proprio paese (dopo aver dimostrato di aver pagato le tasse), ma non quella di permesso di ingresso in un altro paese, permesso che non era mai richiesto(2).
In epoca moderna è divenuto evidente che le frontiere sono attraversabili se sono abitabili, se cioè smettiamo di considerarle non solo come muri che interdicono qualsiasi transito, ma nemmeno – al contrario – come spazi neutri e insignificanti che possono essere scavalcati agevolmente e in modo indolore(3). Un altro malinteso da smascherare è quello che pretende di rendere sinonimi sovrapponibili e inscindibili i due concetti di cittadinanza e nazionalità, che invece definiscono diritti e doveri ben diversi. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sancisce infatti, oltre al diritto di migrare, anche il principio che chi vive come concittadino in una comunità locale di lavoro, di interessi, di risorse e di servizi condivisi ne è certo cittadino a pieno diritto, anche se non ha la nazionalità della maggioranza degli abitanti in quel luogo.
IMPATTI DELL’EPISTEMOLOGIA DELLE FRONTIERE SULLA PACE,
SULLA DISUGUAGLIANZA, SULLA COOPERAZIONE E SULLE MIGRAZIONI
La poca coerenza delle frontiere con le attese dei popoli e con le sfide che il mondo moderno pone loro si può riconoscere, per esempio, nei gravissimi conflitti all’interno e intorno al Myanmar, che hanno una forte matrice culturale: decine di milioni di persone facenti parte di dozzine di minoranze etniche non si sentono parte di uno Stato centrale che non vuole capirli, non rispetta i loro diritti umani e li vuole sottomettere con la forza. Allo stesso modo, a livello globale il diritto all’autodeterminazione di oltre 50 popoli non riconosciuti e non rappresentati alle Nazioni Unite si scontra con un disegno delle frontiere sulle mappe del pianeta che non ha spazio per loro.
Ci sono però anche numerosi casi di forme di autonomia e autogoverno pacifico di minoranze, come per esempio il Belgio, il Tirolo, la Groenlandia, il Paese Basco, alcune aree del Triangolo d’Oro; sono tutti casi che dimostrano che la conflittualità causata da frontiere non rispettose di chi vi abita può scomparire se la priorità diventa invece il benessere delle persone. Il fatto ineludibile che le frontiere sono divenute l’impalcatura per costruire e mantenere la disuguaglianza globale di risorse, di diritti, di ricchezza le ha trasformate in una rete piena di corti circuiti atti a generare i conflitti e le migrazioni disordinate. Di conseguenza, le frontiere sono divenute il pane quotidiano dei trattati internazionali e della diplomazia, proprio per risolvere i numerosissimi contenziosi causati dalle frontiere.
Dal 1918 al 2024 sono stati negoziati e firmati ben 2200 trattati internazionali, cioè dei modi per governare la litigiosità insita nelle frontiere e stabilire quali forme di porosità delle frontiere fossero di beneficio per tutti i paesi firmatari. La terza globalizzazione ha aumentato le sfide per coloro che vogliono rafforzare la necessaria osmosi di conoscenze, risorse naturali e finanziarie. Sono sorte oltre 300 organizzazioni internazionali intergovernative, circa 50 delle quali appartengono al sistema delle Nazioni Unite. Alcune di esse – come per esempio l’Unione Europea, con 27 paesi membri o il CARICOM (paesi dei Caraibi) con 15 paesi membri – hanno raggiunto livelli così alti di inclusività e di integrazione che hanno abbassato di molto le frontiere nazionali, facendole divenire di fatto quasi impercettibili e facilissime da attraversare. Queste entità sfidano le nozioni tradizionali di confini, promuovendo l'integrazione economica e la libera circolazione di persone, merci e idee. A causa della natura fisica del pianeta dove viviamo, diversi beni comuni sono sempre stati senza frontiere, come per esempio gli oceani e le loro immense risorse naturali, l’aria e il ciclo dell’acqua e dell’aria nell’atmosfera e l’atmosfera stessa. Altri global commons evidenti, come per esempio gli strati interni della crosta terrestre, non sono ancora riconosciuti ufficialmente come un mondo senza frontiere.
Un numero crescente di global commons come, per esempio, la navigazione aerea sono governati senza frontiere da un direttorio di 36 paesi a nome dei 193 paesi membri dell’ICAO (International Civil Aviation Organization); dal 1959, un continente importante per l’ambiente planetario, l’Antartide, è governata da un governo internazionale multilaterale composto da 56 nazioni. 206 popoli e territori sono membri del Comitato Olimpico Internazionale, un’organizzazione non governativa che regola gli sport a livello mondiale, diretta da 15 membri. Il cyberspazio globale è governato da ICANN, una corporation con 300 impiegati in rappresentanza di oltre 250 nazioni e istituzioni internazionali che ne fanno parte.
L’intera produzione industriale dell’umanità è resa possibile da 24.904 standards tecnici e tecnologici globali stabiliti da 820 comitati indipendenti di esperti nell’International Organization for Standardisation (ISO), standards che ovviamente nessuno si è mai sognato di sottoporre all’approvazione dei parlamenti e dei governi nazionali. Numerosi nuovi standards ISO cominciano a regolare temi che la politica non riesce a standardizzare a livello globale, per esempio nel campo delle plastiche tossiche, della corruzione, della cybersicurezza. La vita di milioni di sistemi viventi sul pianeta Terra è resa possibile da trilioni di membrane che comunicano positivamente per il bene comune. Quando le membrane pretendono di chiudersi e crescere senza comunicare positivamente con tutto il resto, nasce il cancro e presto o tardi interviene la morte(4).
(1) Gli studiosi delle globalizzazioni nella storia definiscono tre fasi principali: Globalizzazione 1, 1492-1800, dei paesi e degli stati; Globalizzazione 2, 1800-2000, delle imprese, dei mercati e della finanza; Globalizzazione 3, dal 2000 in poi, degli individui e delle società civili.
(2) Per un approfondimento del significato delle frontiere e dei passaporti attraverso i secoli si veda: S. Calvani, Senza false frontiere, ed. Ave, 2020.
(3) L. Alici e G. Gabrielli, Incontrarsi sulle Frontiere, Dialoghi, n. 2, 2024, https://rivistadialoghi.it/
(4) Alcuni brani di questo articolo sono tratti e modificati da: Muhammad Yunus, Sandro Calvani e Giuliano Rizzi, Protopia, Il nuovo impegno quotidiano per i beni comuni globali, Città Nuova, di prossima pubblicazione.