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inclusione

La lingua comune
abbatte le mura
di qualsiasi ghetto
 

L’apprendimento della lingua italiana rappresenta la conditio sine qua non

per l’inclusione degli alunni provenienti da contesti migratori.

Le istituzioni scolastiche possono oggi creare percorsi di italiano L2 strutturali e sfruttare l’intelligenza artificiale, concentrando e ottimizzando le risorse. 

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Professore di diritto scolastico nelle università Statale

Bicocca di Milano e Suor Orsola Benincasa di Napoli 

L’Italia ha abbracciato dal 2007, rispetto alla scolarizzazione degli alunni provenienti da contesti migratori(1), il paradigma dell’intercultura, che punta alla conoscenza reciproca e alla presa d’atto del «dinamismo» nei rapporti tra le culture. Una simile prospettiva evita l’adozione di policy identitarie, non ridiscute la tavola di valori condivisa, si confronta con l’altro con rispetto, ma avendo ben chiara la rete di diritti fondamentali (naturali, civili e sociali) che rappresentano le regole dello stare insieme in una comunità. Se questo è lo sfondo, scelto tra i molti possibili(2), l’apprendimento della lingua comune rappresenta però la conditio sine qua non di qualsiasi modello di approccio istituzionale(3), perché abbatte le mura di qualsiasi ghetto, fisico o ancor peggio mentale: la abbatte tra italiani e persone provenienti da contesti migratori, ma la abbatte tra i migranti stessi, perché indotti a impiegare l’italiano come lingua principe della comunicazione interetnica. La competenza linguistica è l’elemento chiave per la comunicazione; offre al confronto i valori di una koiné sedimentata nel tempo; rappresenta la condizione necessaria per l’apprendimento e dunque una via d’uscita alle frustrazioni connesse a una condizione di estraneità e insuccesso, prima di tutto, personale, che è facile si tramuti in dialettica conflittuale tra gruppi.

 

La lingua, come testimonia il nostro stesso faticoso cammino di fuoriuscita da analfabetismo e dialettofonia, è l’apprendimento cardine per la piena partecipazione a una società. Ne è sede la scuola, il luogo istituzionale ove si costruisce integrazione, processo attraverso cui si completano gli elementi mancanti, e si costruisce inclusione, ovvero si possono sviluppare le identità personali. Soprattutto, è l’ambiente di apprendimento dove si costruisce la lingua stessa, perché spesso è l’unico luogo nel quale l’italiano è appreso, parlato, condiviso, specie se il «contesto migratorio» di provenienza è rigidamente circoscritto al proprio ethnos o alla propria nazionalità.

 

Le istituzioni scolastiche hanno sul tema vaste opportunità di azione. All’articolo 4, comma 2, il regolamento sull’autonomia, D.P.R. 275/1999, prevede la possibilità di «adottare tutte le forme di flessibilità e tra l'altro… b) la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l'unità oraria della lezione e l'utilizzazione, nell'ambito del curricolo, degli spazi orari residui; c) l'attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio generale dell'integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo…; d) l'articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso»; ai sensi del comma 4, inoltre, «le istituzioni scolastiche assicurano comunque la realizzazione di iniziative di recupero e sostegno… coordinandosi con le iniziative eventualmente assunte dagli enti locali».

 

Buon ultimo, il Decreto-Legge 71/2024, convertito dalla Legge 29 luglio 2024, n. 106, dispone che, a partire dall’anno scolastico 2025/2026, il Ministero dell’istruzione e del merito possa assegnare docenti dedicati all’insegnamento della lingua italiana a discenti di lingua straniera (classe di concorso A023), nelle classi con almeno il 20% di alunni provenienti da contesti migratori che non raggiungono un livello A2 di conoscenza dell’italiano, prevedendo nel contempo adeguati contingenti nelle procedure concorsuali. Va da sé che, attraverso le opportunità dell’autonomia, le istituzioni scolastiche sarebbero in grado di coprire anche le necessità degli altri alunni e, va da sé, devono farlo.

 

La politica ha posto rimedio a una situazione paradossale. L’A023 è prevista sin dal D.P.R. 19/2016, ma per imperscrutabili motivi fu assegnata ai Centri provinciali per l’istruzione degli adulti. Il che spiega l’esiguità delle cattedre disponibili (190 cattedre e 137 posti di potenziamento, per un totale di 327 posti), una richiesta di fabbisogno per i percorsi di abilitazione pari a solo sette posti collocati in Sicilia e un impiego orientato all’erogazione di percorsi di alfabetizzazione per adulti. Si tratta di una scelta amministrativa che ha privato le istituzioni scolastiche delle risorse professionali necessarie a interventi che, per essere efficaci, devono essere strutturali. L’aver poi escluso la laurea magistrale in scienze della formazione primaria tra i titoli di accesso ha inoltre creato un vuoto proprio nei gradi scolastici dove gli interventi sono più utili (come confermano le neuroscienze), dove l’investimento è destinato a dare maggiori frutti e dove è presente una platea di insegnanti in possesso di una formazione di base maturata nell’ambito del percorso di abilitazione attraverso insegnamenti, laboratori, tirocini, progettazioni specifiche. L’attuazione della norma è l’occasione per rimediare (basta un semplice decreto di integrazione alle classi di concorso), e magari per ridefinire i titoli richiesti(4), mantenendo beninteso il rigore dei percorsi CEDILS, DILS e DITALS. Si potrebbe arrivare, come per il sostegno, a un percorso di specializzazione/abilitazione specifico, viste anche alcune evidenti analogie tra l’insegnante di sostegno e l’insegnante di L2: l’assenza di un «insegnamento curricolare» definibile a priori, la funzione specifica chiamata a integrare, e non a sostituire, le azioni degli insegnanti curricolari; la necessità di una accurata progettazione, attraverso i piani didattici personalizzati (PDP) che, se da un lato coinvolge l’intero team o consiglio di classe, dall’altro non può che avvalersi di una figura strutturata.

 

Per l’insegnante L2 si tratta di operare a classi aperte, in potenziamento dell’offerta formativa, su livelli, coinvolgendo anche le famiglie, e di offrire ai colleghi il supporto anche formativo sulle didattiche appropriate. E proprio sotto questo aspetto è impossibile trascurare una linea di ricerca e azione che sviluppi i possibili impieghi dell’Artificial Intelligence in Education (AIED)(5) quale strumento di supporto e personalizzazione della didattica: dai celeberrimi Babbel e Duolinguo, sino a strumenti più sofisticati di personalizzazione (Carnegie Learning, DreamBox Learning, Third Space Learning) che possono sia accompagnare l’apprendimento dell’italiano L2, sia assistere nell’apprendimento delle altre discipline curricolari che nulla vieta, in fase di allineamento delle competenze linguistiche, di “traslare” in lingua madre. Non sarebbe una cattiva idea, a corollario, se, nel novero delle 15 istituzioni scolastiche scelte per la sperimentazione nazionale dell’Intelligenza Artificiale, o attivandone una specifica, potessero essere monitorati gli effetti di un simile «tutoraggio intelligente». Intendiamoci: grazie ai fondi del PNRR linee di azione specifiche possono già essere attivate, a partire dalla necessaria formazione alla literacy e agli applicativi dei docenti, ma non di rado a mancare è un rigoroso monitoraggio (per intenderci, non il consueto «se ne parla nel collegio di giugno») che consenta di valutare gli strumenti, la loro applicazione e i risultati ottenuti, trasformando in tal modo la spesa in investimento e diffondendo le pratiche efficaci.

 

 

L’albero dell’inclusione: scarti cartacei diventano arte e messaggio di inclusività - Libertà Piacenza, 

realizzato dagli studenti della scuola primaria e secondaria di primo grado di Castelvetro (MO) 

(1) La più recente letteratura parla di «alunni con background migratorio» o «alunni di origine migratoria», insieme che consente di ricomprendere i vari sottoinsiemi e le loro intersezioni (NAI, seconda generazione, Rom, ecc.), focalizzandone la caratteristica culturale comune. Migranti è la definizione utilizzata da Eurostat. Il MIM ha fissato il nomen iuris «alunni provenienti da contesti migratori».

(2) Cfr. Maurizio Ambrosini e Francesca Campomori, Le politiche migratorie, il Mulino, Bologna 2024.

(3) Gli Orientamenti interculturali. Idee e proposte per l’integrazione di alunni e alunne provenienti da contesti migratori, frutto del lavoro dell’«Osservatorio nazionale», sono gli indirizzi vigenti dal 2022 per le istituzioni scolastiche.

(4) Fissati transitoriamente dal D.M. 23 febbraio 2016, n. 92 e integrati dal D.M. 6 luglio 2023, n. 130. Assieme alle certificazioni DILS, DITALS e CEDILS rilasciate dalle Università per Stranieri di Perugia e Siena e dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, sono riconosciuti un diploma di specializzazione biennale; 17 master di I livello e 7 master di II livello. La disciplina transitoria però è rimasta tale, visto che dal 2016 a oggi non sono stati realizzati gli «ordinamenti didattici e criteri di attivazione di uno specifico corso di specializzazione», da adottare con Decreto ministeriale.

(5) Cfr. Maria Ranieri, Stefano Cuomo e Gabriele Biagini, Scuola e Intelligenza Artificiale. Percorsi di alfabetizzazione critica, Roma, Carocci 2023.

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