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Il ruolo "datoriale"     
del dirigente scolastico

Con le riforme Brunetta e Madia al dirigente scolastico sono stati attribuiti “la capacità

e i poteri del privato datore di lavoro”, dandogli il pieno controllo dell’attività lavorativa del dipendente. 

Ma nella scuola due variabili

rendono questa ipotesi difficile. 

Già Direttore amministrativo presso la Scuola Nazionale dell'Amministrazione di Bologna

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Uno degli aspetti più rilevanti della Riforma Brunetta è stata l’enfasi posta sul ruolo “datoriale” del dirigente, riaffermando, ma anche innovando, alcuni principi normativi che fanno parte della storia della riforma del pubblico impiego. 

Il dirigente scolastico è funzione dirigenziale pubblica, disciplinata dalle norme generali sulla dirigenza pubblica, nonché da una norma speciale, l’art. 25, contenuta nello stesso testo unico sul pubblico impiego, il D.Lgs 165/2001. Questo suo status, in verità unico in Europa, lo ha portato ad essere coinvolto forzosamente nel processo riformatore della dirigenza pubblica, così come revisionata dalla L. 15/2009 e dal Decreto attuativo n. 150/2009, nonché dalla Riforma Madia. Tuttavia, il suo profilo non è mai stato modificato, rimando originariamente collegato e coerente con il D.Lgs 297/1994 che, non dimentichiamo, è fonte di pari livello con quelle citate. 

L’evoluzione della dirigenza pubblica ha determinato i suoi effetti nei confronti della dirigenza scolastica solo marginalmente. Anche per questo motivo, sarebbe sempre più opportuno analizzare compiutamente, da parte del legislatore, questa funzione per decidere se differenziarla in modo netto dalla dirigenza pubblica di seconda fascia (art. 17 D.Lgs 165/2001) o meno, ma non attraverso una revisione del solo profilo professionale, bensì nella considerazione degli equilibri tra tutte le componenti della scuola e, ovviamente, del loro ruolo. 

A seguito della rilevanza attribuita alla funzione dirigenziale, ne è derivata l’identificazione dell’Amministrazione, quale creditore della prestazione del dipendente pubblico, con il dirigente, attraverso la previsione della distinzione tra la politica e l’amministrazione. Al dirigente, di conseguenza, sono stati attribuiti “la capacità e i poteri del privato datore di lavoro”. 

Tra le obbligazioni che sorgono in capo al lavoratore pubblico si evidenzia quella secondo cui il lavoratore deve sottostare al potere del datore di lavoro che si articola nel seguente modo:

  • potere direttivo sancito nell’art. 2094 c.c. 

  • potere di controllo 

  • potere disciplinare sancito nell’art. 2016 c.c. e nell’art. 7 della L. n. 300/1970 più comunemente conosciuta come “Statuto dei lavoratori”. 

 

Il potere direttivo consiste nella possibilità per il datore di lavoro di impartire ordini per lo svolgimento dell’attività lavorativa, e tali ordini/disposizioni non possono essere disattese arbitrariamente dal lavoratore eccetto i casi espressamente previsti dalla legge (nel regime di pubblico impiego, ad esempio, l’eseguire un ordine reiterato illegittimo). 

Ma la funzione datoriale che più dovrebbe incidere, secondo il legislatore, sulla qualità delle prestazioni lavorative e quindi sul risultato finale, è quella ricondotta all’organizzazione del lavoro, intesa come attività di coordinamento complessivo delle prestazioni lavorative oramai sottratte in parte all’intervento sindacale e, in generale, all’influenza della politica. Il presupposto è il pieno controllo dell’attività lavorativa del dipendente, ma nella scuola due variabili determinano l’impossibilità di realizzare tale azione. Non dobbiamo dimenticare il ruolo fondamentale del collegio, depositario di una competenza esclusiva tecnico-professionale che influenza gli stessi obiettivi di natura didattica e formativa fissati dal consiglio, come non possiamo dimenticare il particolare status del docente composto da una “percentuale” di discrezionalità tecnica (la libertà di insegnamento) che lo sottrae al potere gerarchico datoriale. 

In questo scenario, la funzione dirigenziale si muove con meccanismi diversi rispetto alla dirigenza prevista dall’art. 17 del D.Lgs 165/2001. Essa è ben definita dall’art. 25 del D.Lgs 165/2001 che richiama costantemente il rispetto delle competenze degli organi collegiali, individuando nel coordinamento il potere dirigenziale nei confronti degli altri soggetti equiordinati. 

Nel sistema scolastico il rinvio a norme di dettaglio per applicare la riforma Brunetta si deve anche, come abbiamo visto, probabilmente alla considerazione che la pluralità di livelli decisionali è già nelle norme organizzative che vedono diversi attori prendere parte ai processi decisionali. In particolare, la gestione del personale, prerogativa esclusiva del dirigente pubblico, nell’istituzione scolastica incontra i limiti della competenza del collegio dei docenti relativamente alle funzioni afferenti all’organizzazione didattica. Inoltre, basta pensare all’organizzazione di una struttura intermedia gestionale (staff) disegnata dal dirigente, seppure prevista normativamente ma non obbligatoria. In questo caso concreto l’intervento del collegio è determinante per individuare le figure di sostegno didattico, considerato che il dirigente non ha potere di delega in questa materia. Dunque, un disegno organico della funzione datoriale del dirigente scolastico dovrebbe partire dal disegno della funzione principale della scuola, quella docente. È il docente un lavoratore sottoposto alle regole del lavoro pubblico? È subordinato gerarchicamente al dirigente-datore di lavoro? Se la risposta è negativa perché si assume il modello di una scuola partecipativa attraverso il modello collegiale, allora bisogna riconoscere che l’assetto previsto dal D.Lgs 165/2001 non si adatta al modello organizzativo della scuola. Il modello collegiale richiede (come peraltro si è tentato di fare in passato) la responsabilizzazione dei docenti attraverso un sistema interno al gruppo sociale di appartenenza. In tal modo la funzione dirigenziale datoriale si manterrebbe nei termini attuali, ma verrebbe colmato il vuoto di responsabilità del docente. 

Un sistema duale, da una parte una funzione datoriale esercitata nei confronti del personale ATA e dei docenti nell’esercizio della funzione impiegatizia, e dall’altra una funzione docente “professionale” regolata da un sistema eterodefinito (dallo stesso gruppo sociale?), ma un sistema complessivamente finalizzato all’esercizio della funzione sociale della scuola. 

Incontro di lavoro
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