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editoriale

Generazione Alpha:
perché il sindacato
deve parlarne

 

Quanti anni dura una generazione?

E come può questa domanda interessare la rivista di un sindacato? Una scuola che non fosse in grado

di stare al passo con i tempi

vedrebbe compromesso il ruolo

che la Costituzione le assegna

nella formazione del cittadino,

la sua ragion d’essere.

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Segretaria Generale

CISL Scuola 

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Quanti anni dura una generazione? È possibile definire un confine temporale che la separi da quella precedente e da quella successiva? Difficile dare una risposta, anche se per molto tempo l’unità di misura adottata (grosso modo l’età in cui l’essere umano tende a riprodursi, a generare, appunto) portava a concludere che una generazione coprisse approssimativamente un periodo di venti - venticinque anni. 

Anche assumendo un altro punto di vista, ossia considerando il termine generazione come indicativo delle persone che condividono determinate condizioni di contesto (storico, sociale, culturale, economico), si fa fatica a stabilire demarcazioni nette, proprio per la molteplicità delle variabili che entrano in gioco. Ma proprio a partire da quest’ultima considerazione si può trarre una conclusione certa: la progressiva accelerazione dei processi di cambiamento che investono la società impone ormai di ridurre drasticamente il numero di anni con i quali si può tendere a definire la durata di una generazione. Al punto che non appare inverosimile, oggi, considerare come appartenenti a generazioni diverse anche i figli di uno stesso genitore, e non solo nei casi (abbastanza rari) in cui si generino figli a distanza considerevole di tempo gli uni dagli altri. Il dizionario Treccani, peraltro, ci ricorda che “nella storiografia letteraria tedesca, francese, ecc., [per generazione si intende un] periodo medio di 10 anni”. 

Tra le conseguenze di questo accorciamento dei tempi che separano una generazione dall’altra, una riguarda senz’altro la capacità di comunicare efficacemente attraverso l’uso di un linguaggio condiviso. Dove per linguaggio non si intende soltanto il sistema di segni (o suoni) la cui combinazione permette di dialogare, intendendosi, con chi ci vive accanto, ma anche e soprattutto la dimestichezza con gli strumenti attraverso cui il linguaggio è trasmesso e veicolato. 

Credo non sia necessario spiegare perché la capacità di comunicare sia fondamentale per svolgere in modo efficace il compito assegnato alla scuola: formare, istruire, educare. Alla scuola, ma prima ancora alla famiglia, o se si preferisce alla “parte adulta” di una comunità sociale, cui spetterebbe guidarla e orientarla. 

Se abbiamo deciso di dedicare questo numero di Scuola e Formazione web alla Generazione Alpha, quella formata dalle ragazze e dai ragazzi nati negli ultimi dieci-dodici anni, è perché nei loro confronti la difficoltà a intendersi comunicando (per non dire il rischio dell’incomunicabilità) si avverte particolarmente, trattandosi della prima generazione che potremmo considerare interamente digitale, avvezza fin dalla nascita a rapportarsi col mondo attraverso la mediazione di uno schermo (da qui il termine screenagers con cui li si definisce). Una mediazione invasiva e spesso compulsiva, tanto da far pensare che, pur vivendo nello stesso tempo, il mondo percepito, da noi e da loro, non sia lo stesso. Un mondo reale e un mondo virtuale, fra i quali non è da dare per scontata la coincidenza. 

Qualcuno potrebbe chiedersi, e chiedermi, che cos’abbia da vedere tutto questo con la rivista di un sindacato; se siano questi i problemi di cui occuparci, se non ci siano altre urgenze, altre priorità cui dedicare attenzione e impegno. 

Rispondo con l’invito a riflettere su quanto ci segnala, nell’intervista che ci ha rilasciato per questo numero della rivista, il prof. Alberto Villani, responsabile della UOC di Pediatria Generale dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma, quando ricorda come una delle cause più rilevanti del profondo disagio che vive la Generazione Alpha sia la solitudine, frutto di dinamiche demografiche cui si accompagna una drastica riduzione, fin quasi al venir meno in alcuni contesti familiari, delle opportunità di intrattenere relazioni di dialogo, di confronto e di scambio, fondamentali per un sano sviluppo della persona. Da qui l’importanza, che Villani richiama espressamente, della scuola come luogo privilegiato per vivere una dimensione di comunità nella quale, oltre alla presenza di altri con cui relazionarsi, si può far conto sul ruolo di guida svolto da adulti dotati di preparazione specifica e solide competenze. 

Ma aggiungo anche, riprendendo ciò che in parte abbiamo già fatto dedicando il numero precedente al tema dell’intelligenza artificiale: una scuola che non fosse in grado di stare al passo con i tempi, sul versante decisivo dei linguaggi e degli strumenti di informazione, conoscenza e comunicazione sempre più diffusamente utilizzati dalle nuove e nuovissime generazioni, vedrebbe gravemente compromessa la possibilità di assolvere al ruolo centrale che la Costituzione le assegna nella formazione del cittadino. Vedrebbe messa a rischio la sua ragion d’essere. Un’eventualità intollerabile per chi, come noi, crede nell’importanza e nel valore della scuola, e del lavoro che ogni giorno vi si svolge. 

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