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autonomia 

La IeFP rappresenta già un esempio concreto di Autonomia differenziata, ma le “competenze esclusive” assegnate alle Regioni in questo ambito non possono garantire da sole l’uniformità e la parità di diritti sociali e civili: hanno bisogno di un intervento e di un governo unitario. 

Istruzione e Formazione Professionale: come non si fa l’Autonomia 

Già Segretario Nazionale CISL Scuola, è stato direttore di Centro di Formazione Professionale 

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Per chi si occupa di scuola, l’aggettivo “differenziata” richiama alla mente un periodo nel quale gli studenti meno capaci erano destinati alle classi cosiddette “differenziate”. Tale separazione, ritenuta allora necessaria, aveva lo scopo di garantire ed isolare allo stesso tempo i più fortunati dai meno fortunati, ovvero da quelli che avevano, per più ragioni, stili cognitivi e capacità di apprendimento e spesso uno status sociale non adeguati ai programmi ministeriali e ai ritmi dei più meritevoli. 

La “differenziazione” è tornata prepotentemente al centro del dibattito politico nell’ambito di un ragionamento, non da tutti condiviso, sul ruolo e sulle competenze che le Regioni devono assumere all’interno di una “autonomia” rafforzata. È presente nella legge di bilancio per il 2023, è nel disegno di legge che il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità lo scorso 15 marzo. 

Il Governo ha tracciato il percorso verso un nuovo assetto ordinamentale dello Stato che, è opportuno ricordarlo, non è del tutto inedito. La scuola e la IeFP (Istruzione e Formazione Professionale) l’hanno conosciuto; la prima l’ha rigettato, la seconda lo sta subendo. Il DDL traccia, ma non molto chiaramente, il percorso da seguire e affida ai “Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP)” e ai “costi standard”, la cui competenza esclusiva rimane in capo allo Stato, il difficile compito di garantire l’uniformità e l’accesso ai diritti civili e sociali dei cittadini. 

Nonostante ciò, i LEP non hanno ancora visto la luce anzi, in almeno un caso, sono stati oltrepassati per tornare ad essere materia di competenza esclusiva, seppure indiretta, delle Regioni, attraverso il ricorso allo strumento dell’accreditamento regionale. 

Sebbene gli obiettivi del Governo sostengano un modello di autonomia amministrativa più ampia e solidale, basata sui LEP e sui costi standard, l’aggettivo “differenziata”, tuttavia, ci porta inevitabilmente al participio passato del verbo differenziare, che denota e rafforza un’azione divisiva e non certo aggregante, solidaristica né tantomeno unitaria. 

Per capire cosa è e cosa sarà l’autonomia differenziata dobbiamo far ricorso ad un settore essenziale delle politiche attive del lavoro e dell’occupazione giovanile. Dobbiamo rivolgere la nostra attenzione all’IeFP. Come è noto la programmazione e la realizzazione dei percorsi di “Istruzione e Formazione Professionale (IeFP)”, terza o seconda gamba del Sistema nazionale di istruzione, rivolto ai giovani dai 14 ai 18 anni, da oltre 20 anni, sono di “competenza esclusiva” delle Regioni. La competenza esclusiva altro non è se non una lunga e faticosa sperimentazione settoriale dell’Autonomia differenziata. I risultati di questa sperimentazione ante litteram sono devastanti: accentuazione del dualismo territoriale Nord-Sud, aumento della dispersione, dell’abbandono e dell’insuccesso scolastico e una corrispettiva crescita della disoccupazione giovanile, dei Neet, della devianza in senso lato e altro ancora. 

Per essere ancora più chiari: la IeFP da sistema nazionale di Istruzione si è disarticolata in 21 sottosistemi, all’interno di un vero e proprio percorso di secessione amministrativa, organizzativa, finanziaria. Di queste drammatiche conseguenze le Regioni sono consapevoli, e da lungo tempo, tanto da chiedere, dopo poco più di dieci anni dalla riforma 

del titolo V della Costituzione, che aveva portato la IeFP tra le competenze esclusive, un diverso assetto della governance. 

“Il fatto che il sistema di IeFP rientri nell’ambito della competenza esclusiva regionale, – afferma la Conferenza delle Regioni – non esclude un livello di governance condiviso con la Stato. Al contrario, esso è tanto più necessario, considerando che si tratta di livelli essenziali delle prestazioni, a garanzia dei diritti civili e sociali, di tutti i cittadini. (Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Per un Sistema Educativo Professionalizzante in Italia, Appendice, Documento di Analisi, 27 novembre 2014)”. 

Insomma, per la Conferenza delle Regioni le “competenze esclusive”, ovvero l’autonomia differenziata, non può garantire da sola l’uniformità e la parità di diritti sociali e civili, ma ha necessità di un intervento e di un governo unitario. A ledere i diritti civili e sociali dei ragazzi dai 14 ai 18 anni in ambito di IeFP, costituzionalmente garantiti, non è solo la mancanza di una governance condivisa con lo Stato. Sono anche le scarse risorse nazionali (Ministero del Lavoro) che vengono investite e che, ancora oggi, ammontano a poco più di 1.000 euro per studente, molto di meno di quanto sarebbe necessario per dare vera dignità a questo sistema. 

È “Una situazione insostenibile, – afferma la Conferenza delle Regioni – considerando che i percorsi di IeFP rappresentano un livello essenziale delle prestazioni che deve essere garantito dallo Stato, in riferimento a studenti che sono in obbligo di istruzione o di diritto dovere di istruzione e formazione. (Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, 16 ottobre 2014)”. È certo un atto d’accusa nei confronti di uno Stato disattento e spesso assente, ed è anche la presa d’atto che l’autonomia ha costi tali che una Regione da sola non può sostenere. 

Sebbene i risultati che la IeFP gestita dagli Enti del Privato sociale siano estremamente lusinghieri per ciò che riguarda l’occupazione giovanile (secondo i più recenti Rapporti ISFOL e INAPP), tuttavia la IeFP langue in molte Regioni, se non ha addirittura cessato di esistere come componente autonoma del sistema nazionale di istruzione: “L’offerta formativa regionale ha promosso – afferma la Conferenza delle Regioni – la IeFP presso gli Istituti professionali, anche a partire dalla considerazione del fatto che tali percorsi sono sostanzialmente a carico del bilancio statale, mentre i percorsi di IeFP presso le istituzioni formative gravano su quello regionale. (Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, per un Sistema Educativo Professionalizzante in Italia, Appendice, Documento di Analisi, 27 novembre 2014)”. 

La decisa posizione, espressa circa dieci anni addietro, sembra ancora più attuale se la si legge alla luce del capitolo che riguarda il finanziamento delle nuove moltiplicate funzioni che le Regioni richiedono. L’intesa tra lo Stato e le Regioni, prevista dal DDL del 15 marzo, dovrà definire le modalità del finanziamento delle accresciute funzioni anche attraverso la compartecipazione al gettito di parte dei tributi erariali maturati nel territorio regionale. Più saranno le funzioni attribuite, più saranno le risorse che lo Stato dovrà lasciare sul territorio regionale. Se il percorso sarà questo, allora l’aggettivo “differenziata” è davvero appropriato e l’esperienza negativa in cui è stata scaraventata l’IeFP sarà il cammino comune che ogni Regione dovrà affrontare. 

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