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autonomia 

Autonomia, perché
la scuola
viva 

I numeri della scuola italiana confrontati con quelle di altre nazioni sono impietosi. Perché migliori la qualità dell’istruzione, occorre adottare il metodo dell’autonomia scolastica, in cui scuole possono far fronte alla complessità della domanda con la determinazione dei programmi e l’allocazione delle risorse e degli stipendi, come mostra la letteratura internazionale. 

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Professore ordinario all’università di Milano Bicocca e presidente della Fondazione per la Sussidiarietà 

1. LA NECESSITÀ DI UNA AUTONOMIA SCOLASTICA 

I numeri della scuola italiana confrontati con quelle di altre nazioni sono impietosi a riguardo di tassi di iscritti e diplomati, dispersione scolastica, risultati INVALSI e OCSE-Pisa di alcune regioni e tipi di istituti, assenza di motivazione dei giovani. 

Una quantità crescente di investimenti nei sistemi di istruzione e formazione non è di per sé sufficiente a migliorare i risultati scolastici: uno studio di Erik Hanushek1, condotto sui dati OCSE-Pisa del 2011, ha dimostrato che la correlazione tra la spesa per l’istruzione e l’incremento di capitale umano è molto bassa. 

Perché migliori la qualità dell’istruzione in Italia, occorre adottare un altro metodo: quello dell’autonomia scolastica. Infatti, un modello organizzativo standardizzato, perfino se decentrato, poteva funzionare in una società non fortemente differenziata come quella attuale. Oggi l’unico modello plausibile è quello in cui scuole realmente autonome possono far fronte alla complessità della domanda. Del resto, secondo la più autorevole letteratura internazionale, una autonomia reale nella determinazione dei programmi, nell’allocazione delle risorse e degli stipendi ha una relazione positiva con la qualità dell’istruzione2

Gli strumenti ci sono già da 20 anni ma sono pochissimo attuati: sono la legge 59/1997 e il D.P.R. n. 275 dell’8 marzo 1999 promulgati dal ministro Berlinguer. Secondo tali provvedimenti le scuole possono procedere autonomamente alla personalizzazione dei percorsi, all’individuazione degli apprendimenti, alle didattiche più adeguate, alla certificazione delle competenze acquisite. 

L’articolo 3 del citato D.P.R. sancisce la facoltà di ogni istituzione scolastica di predisporre il Piano dell’offerta formativa e di progettare tutte le attività curricolari, extra-curricolari, educative e organizzative, nel riconoscimento di diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari. Gli articoli 4 e 5 consentono molteplici forme di flessibilità organizzativa della didattica e dell’impiego del personale docente, volte all’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari, alla definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l’unità oraria, alla programmazione plurisettimanale, al superamento dell’identificazione ottocentesca di unità amministrativa e unità didattica della classe. Gli articoli 6 e 7 prevedono ampia autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo delle scuole singole o in rete e, in 2 effetti, in alcune aree del Paese le autonomie si stanno auto-organizzando in associazioni e reti. 

2. I PASSI PER L’ATTUAZIONE DELL’AUTONOMIA SCOLASTICA 

Perché non si parli solo di adempimenti giuridici e si possa godere di tutti i vantaggi che può comportare l’autonomi scolastica occorre compiere alcuni passi. 

1) La straordinaria velocità dei cambiamenti in corso ha modificato in pochi anni la tavola delle competenze necessarie: i vecchi programmi centralizzati appaiono superati. La costruzione del curriculum richiede oggi un permanente lavoro che tenga conto nello stesso tempo degli scenari globali e dell’esperienza quotidiana. Pertanto, date alcune linee guida generali, deve essere elaborato e periodicamente aggiornato a livello di scuola o gruppi di scuole con la collaborazione di tutti gli stakeholder necessari. 

2) È sotto gli occhi di tutti come l’esperienza scolastica dipenda soprattutto da quanto gli insegnanti siano in grado di sviluppare pienamente un percorso educativo e didattico. Da questo punto di vista, il centralismo burocratico impone dei percorsi che mortificano la libertà di iniziativa È necessario coinvolgere nelle scelte strategiche della scuola insegnanti e dirigenti scolastici locali. Inoltre, si devono adottare criteri di reclutamento che escludano l’ope legis, permettere una formazione continua e adottare adeguati incrementi salariali che valorizzino impegno e competenze. 

3) Quanto più si assicura autonomia, tanto più si devono controllare con rigore gli esiti verificando apprendimenti e competenze fondamentali degli alunni mediante l’INVALSI, nell’interesse stesso dei docenti. 

4) Tuttavia, siamo di fronte a grandi cambiamenti di scenario. Le nuove professioni che si stanno affermando stanno facendo emergere il crescente valore, rispetto al passato, di abilità trasversali legate alla personalità, quali la capacità di collaborare e di comunicare. In questo contesto è emerso un nuovo approccio al concetto di capitale umano, che lo lega anche a quelle abilità e qualità che prendono il nome di soft skills, non cognitive skills o character skills (ChS): tratti della personalità o innati o formati dall’interazione con l’ambiente, che condizionano l’apprendimento e le abilità lavorative, possono cambiare in maniera significativa nel corso dell’esistenza di un individuo e essere migliorate nella scuola attraverso la didattica e esperienze extra curriculari3.

Sulla scia degli studi internazionali, è stata condotta una ricerca sugli studenti trentini delle scuole medie inferiori della Provincia Autonoma di Trento (PAT) in cui è stato dimostrato che le ChS sono collegate alle CS scolastiche e che è possibile attuare programmi e attività volti al loro miglioramento durante il percorso scolastico4

Chiosso e Grassi (2021)5 mostrano le conseguenze possibili per la scuola italiana: «Mentre la costruzione della competenza poggiava su una concezione dell’uomo come parte di un sistema da organizzare nel segno della massima efficienza ed efficacia, le non cognitive skills considerano l’esperienza umana a più vasto raggio. In essa non solo hanno diritto di cittadinanza anche altre esperienze vitali, oltre a quelle finalizzate alla conoscenza, ma proprio queste sono in grado di dare maggiore spessore alla competenza stessa. [...] Pensiamo alla capacità di prendere iniziativa, di pensare per problemi (cioè di far domande), di imparare a lavorare insieme per raggiungere uno scopo comune». 

5) L’autonomia dovrebbe essere attuata dando impulso all’altra grande intuizione di Luigi Berlinguer: la parità scolastica della legge 62 del 2000. La legge è da completare mediante interventi economici a supporto delle famiglie e della loro effettiva libertà di scelta secondo i criteri di valorizzare le eccellenze e per garantire una parità di accesso anche ai non abbienti. Anche in questo caso, la letteratura internazionale dimostra che la qualità della scuola cresce in sistemi autonomi e paritari6

6) L’autonomia scolastica deve essere attuata attraverso opportune sperimentazioni in cui i cambiamenti didattici e organizzativi possono essere monitorati, come argomenta Damiano Previtali (2021)7: «molte scuole innovative si sono già incamminate con una pluralità di progetti lungo il percorso dell’integrazione fra scuola e famiglia, fra formale e non formale, fra istruzione ed educazione, fra cognitive skills e non cognitive skills». 

1 E.A. Hanushek, «The failure on input-based schooling», The Economic Journal, 113, 2003. 

2 Eric A. Hanushek and L. Woessmann, The Economics of International Differences in Educational Achievement. In E.A. Hanushek, S. Machin, and L. Woessmann, editor: Handbooks in Economics, Vol. 3, The Netherlands: North-Holland, 2011, pp. 89-200. 

3 J.J. Heckman, J.E. Humphries, T. Kautz (Eds.) (2014), The myth of achievement tests: The GED and the role of character in American life, Chicago, The University of Chicago Press. 

4 G. Vittadini, G. Folloni, C. Sturaro (2021) Lo sviluppo delle competenze cognitive e non cognitive negli studenti trentini in G. Chiosso, A.M. Poggi, G. Vittadini (2021), Viaggio nelle character skills. Persone, relazioni, valori, Bologna, il Mulino. 

5 G. Chiosso, O. Grassi (2021), Oltre l’egemonia del cognitivo in G. Chiosso et al. op cit. 

6 E.A. Hanushek and L. Woessmann, op.cit. 

7 D. Previtali (2021), Le non cognitive skills nella scuola, in Chiosso et al. (2021), op.cit.

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