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Europa '51
e la scelta radicale
del bene
Mostrare, a scuola, “Europa ’51”
e “Germania anno zero” di Roberto Rossellini significa rivelare eventi
alla base della storia contemporanea
e della democrazia. Servirebbe
a confrontarsi con un disagio giovanile verso il mondo
che, invece, è soffocato negli adulti, insediati nelle loro convinzioni,
nei loro pregiudizi e nel loro egoismo.
Saggista, attivista, giornalista e critico cinematografico, letterario e teatrale italiano
Sarebbe d’obbligo che nelle scuole italiane tutti potessero vedere le scene della storia che ha travolto il Paese ed è alla base della storia odierna, di un “dopo” complesso ma democratico; scene tragiche ma dove ha posto la speranza, la fiducia del “dopo”, nel “nuovo” della pace e della democrazia.
Di Roberto Rossellini tutti ricordano i due capolavori neorealisti che raccontarono l’occupazione tedesca in Roma città aperta e l’avanzata dal Sud all’Emilia delle truppe alleate e la Resistenza in Paisà. Meno ricordati sono due altri suoi capolavori, Germania anno zero, che chiudeva con il suicidio di un bambino, e Europa ’51, che con il suicidio di un bambino cominciava.
Sono questi i due film più inquietanti di quegli anni, i più coraggiosi e più “aperti” e problematici. Il primo è il racconto di una sconfitta intima e profonda che travolge un bambino che ha creduto, indottrinato, nel nazismo, e assiste alla miseria della sconfitta, disorientato e angosciato. Da tutto un sistema. Fu Goebbels, ministro influentissimo per Hitler, a teorizzare che tutto dovesse esaltare il regime nazista, e per dirla in termini pubblicati, una “unica proposta di vendita”, il nazismo predicato da scuola e chiesa, radio e giornali e tutto quanto… Germania anno zero non permette nessuna speranza, mentre i bambini del finale di Roma città aperta sembravano invece averla, e così era.
Ma… altri problemi e disagi si affacciano, nell’Europa di "dopo la catastrofe”, dopo una guerra mondiale che ha fatto 60 milioni di morti. Perché si uccide il bambino di Europa '51 nelle prime scene del film, buttandosi nella tromba di un ascensore? Perché non si sente amato dai genitori, borghesi ricchi, bene inseriti nel nuovo ordine sociale europeo e democratico. Per la madre Irene, moglie di un diplomatico e più che borghese, nel film interpretata con partecipazione sublime da Ingrid Bergman, la scossa è tremenda, e i sensi di colpa irrimediabili.
Come reagisce? Incontra un giornalista comunista che le dà consigli convincenti a metà, così come un giornalista cattolico (furono interpretati da un vero intellettuale comunista e da un vero intellettuale cattolico), ed è l’incontro con una prostituta e una “borgatara" nei suoi disperati giri per Roma (Giulietta Masina) che le chiede di badare per un poco alla sua prole, ad aprirle la strada verso una trasformazione radicale. La sostituisce in fabbrica, e scopre un mondo di alienazione e sfruttamento, e questa parte del film fu scritta pensando a Simone Weil, che Rossellini fu uno dei primi – frequentando la cultura francese – a scoprire qui da noi (La condizione operaia era stato pubblicato poco prima dalle edizioni Comunità, fondate da Adriano Olivetti). L’influenza della Weil fu decisiva, per Rossellini, ed Europa ‘51 ne fu il frutto più bello.
Ma Rossellini aveva realizzato poco tempo prima il film su san Francesco, che nel film molti considerano un pazzo (un altro capolavoro!). E anche Irene, nella sua decisione di lasciare la vita borghese e dedicare la vita al prossimo più sofferente, è considerata una pazza, dal mondo, dalla famiglia che la fa rinchiudere in una casa di cura. Oggi, per fortuna, se qualcuno decide di dedicare la sua vita a una causa giusta - come tanti del volontariato e del cosiddetto “sociale” hanno fatto e fanno, dedicando parte del loro tempo o tutto il loro tempo a chi ha più bisogno che ci si occupi di loro – poveri, immigrati, giovani eccetera - non finisce più in manicomio, ma è pur vero che una scelta radicale è ancora rara, e lascia perplessi i bravi borghesi…
Come sarebbe bello poter mostrare questo film ad adolescenti nelle scuole pubbliche e non, e discuterne con loro. Oggi che gli educatori sembrano appartenere raramente a una sinistra esigente o a un mondo cattolico che sopporta il radicalismo solo tra preti e frati e monache e missionari. Discutere a partire da questo film potrebbe voler dire anche affrontare un disagio che pur sempre riguarda soprattutto i giovani (i nostri studenti) che devono affrontare il mondo in cui viviamo, ed è soffocato negli adulti, bene insediati nelle loro convinzioni, e spesso nei loro pregiudizi e nel loro egoismo.