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Adriana Zarri.
In felicità di vita

La biografia della teologa emiliana Adriana Zarri, militante ma non convenzionale, pubblicata da Il Mulino nel 2020, è attuale nel ricordare un’eremita “che prega senza pause, con l’entusiasmo di chi sente il respiro divino in ogni fibra vivente… e coglie l’incanto delle cose del mondo”. 

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 Già Dirigente scolastica, giornalista pubblicista 

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Semplicemente una che vive – Vita e opere di Adriana Zarri – il Mulino, 2020, è un libro da prendere in mano: riporta al piacere di leggere di una figura dimenticata dall’attualità letteraria, e non solo, che deve la sua resurrezione libraria ad una insigne studiosa di scienze religiose, Mariangela Maraviglia, evidentemente segnata da empatia e sensibilità per la persona (personaggio) che è stata Zarri. “Scrittrice, teologa ed eremita, ha saputo conciliare una profonda tensione spirituale e contemplativa con la partecipazione appassionata al rinnovamento e alle grandi battaglie sociali della seconda metà del Novecento”.

 

Il libro è una biografia che non può non cominciare dal luogo di origine: Adriana Zarri nasce il 26 aprile 1919 a San Lazzaro di Savena, borgo della campagna alle porte di Bologna, da una famiglia di piccoli proprietari di terra. Riferendosi ai suoi dieci anni, Adriana racconta dell’evento straordinario, soprannaturale, che un giorno l’avvolse distogliendola da una condizione esistenziale di bambina disperata verso una “rivelazione folgorante” della presenza di Dio, che vide e riconobbe e che cambiò la sua vita. Da allora e per sempre la terra divenne il cielo, nella luce dilagante della campagna amatissima. Ha inizio così la sua insonne ricerca delle ragioni della fede, nella pratica della teologia: riflessione e studio, affinamento delle doti naturali della scrittura e della parola, istruzione liceale e letture.

 

Partecipa ai dibattiti e alle battaglie culturali di cattolica militante che ne rivelavano lo spirito combattivo e la “missione polemista”. Si faceva così largo una sua personale vocazione religiosa che si rivelò incompatibile con la permanenza in una struttura ecclesiastica come la Compagnia di San Paolo, da cui decise di uscire; la rettitudine di cuore e la sua libertà di ricerca e di espressione teologica la portarono a scegliere irrevocabilmente un percorso di laicità da vivere fuori dall’istituzione.

 

Negli anni prima del Concilio Vaticano II e dopo, Adriana Zarri si inserì nel tessuto di una cultura religiosa e politica rigogliosa e ricca di promesse: senza dubbio, fu quello il tornante più fecondo (e irripetibile) della storia della cattolicità moderna in Italia. Di Adriana si pubblicavano libri e collaborazioni nei giornali, sua risicata fonte di reddito, si davano testimonianze nei media: le presenze e la sua partecipazione creativa ne fecero una voce autorevole e matura nel concretizzarsi di una rete di contatti con i protagonisti dell’intelligenza teologica, culturale e politica, non solo italiana.

 

Dobbiamo allo scrupolo filologico della biografa Maraviglia il racconto appassionato e minuziosamente completo della vita di Zarri fino alla sua morte, avvenuta il 18 novembre 2010. “Ora è la morte. / Ma non è la morte: / è soltanto l’attesa”, lasciava scritto.

 

La vertiginosa dimensione interiore “la portò a prediligere l’eremo come luogo in cui vivere un monachesimo di solitudine e di preghiera”. È stata nella vita un’eremita che prega senza pause, con l’entusiasmo di chi sente il respiro divino in ogni fibra vivente, umana animale e vegetale e coglie l’incanto delle cose del mondo.

 

Ogni volta, la teologa e poeta Zarri ha cercato un eremo per abitare la solitudine della campagna, dei prati e dei boschi: vocazione contemplativa che si nutriva del silenzio e della bellezza della natura e della terra sotto il cielo. Divennero luoghi speciali per gli ospiti che la visitavano gli eremi in cui abitò in solitudine riuscendo a trasformare, per un’innata ispirazione alla bellezza, la semplicità di oggetti e spazi in sobria eleganza. La scelta di povertà la determinava alla gratitudine per ogni dono ricevuto.

 

È merito della pistoiese Mariangela Maraviglia aver riacceso la luce su Adriana Zarri e le siamo grati per averci accompagnato all’incontro.

 

“…Lasciate solo la terra

Che scriva, a primavera,

Un’epigrafe d’erba …” 1

 

 

(1) Adriana Zarri, “Epigrafe” in Tu. Quasi preghiere, Torino, Ed. Gribaudi, 1973; seconda edizione Torino, Ed. Gribaudi, 1985; terza edizione a cura di Francesco Occhetto, Torino, Ed. Lindau, 2021.

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