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Il senso della
meritocrazia

Quanto il sistema scolastico italiano è in grado di riconoscere e premiare il merito di studenti e docenti? Poco, purtroppo. Sono grandi i divari che non dipendono da differenze di talento o impegno. Per gli insegnanti, poi, occorre una selezione iniziale molto severa, una formazione continua e una carriera basata sulla progressione retributiva.

Economista e Direttore

della Fondazione Agnelli 

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Testo rivisto dall'autore

La questione del merito – e del suo pendant, i fattori che impediscono al merito di essere riconosciuto e premiato – è da sempre al centro del dibattito sulla scuola. Non a caso. In tutti i sistemi economici, anche quelli più orientati al mercato, l’istruzione rappresenta infatti una delle principali determinanti della mobilità sociale, per cui chi proviene da ambienti economici e sociali svantaggiati ha diritto, parafrasando la nostra Costituzione, di accedere ai gradini più elevati dello studio e della società.   Un primo problema è, naturalmente, definire che cosa sia il merito nella scuola, depurando i risultati scolastici da fattori su cui gli studenti non possono esercitare alcuna influenza, come provenire da una famiglia avvantaggiata sul piano culturale e/o economico o il luogo di nascita. Molti di noi accettano in prima battuta che il merito sia dato dalla combinazione di abilità cognitive e tratti caratteriali e dell’impegno che l’individuo mette nello studio, sebbene rimanga aperta fra scienziati sociali, neuroscienziati e filosofi l’antica discussione relativa a se e in quale misura alcuni aspetti del carattere, come la perseveranza, siano anch’essi frutto dell’ambiente di provenienza e non rientrino, dunque, fra le qualità ‘meritevoli’ di un individuo. Una volta che la nozione di merito sia stata individuata e socialmente condivisa, la seconda questione su cui interrogarsi è come coltivarlo: l’attribuirgli un valore economico è una strada per una società che dia rilievo alle persone meritevoli. Il fallimento dei regimi socialisti ha infatti mostrato come un completo egualitarismo nelle retribuzioni, che prescinda dal contributo individuale, sia deleterio per l’economia e la società. Seguendo l’impostazione del filosofo John Rawls, la disuguaglianza dei redditi è dunque accettabile se è i) legata a differenze di merito; ii) utile alla società nel suo complesso. Il secondo punto è essenziale, ad esempio, per giustificare una differenziazione delle retribuzioni del personale della scuola. Quanto il sistema scolastico italiano è in grado di riconoscere e premiare il merito degli studenti? Poco, purtroppo. Sono infatti grandi i divari che caratterizzano la nostra scuola e che non dipendono da differenze di talento o impegno. Un esempio evidente è quello dei divari territoriali: secondo i risultati delle prove Invalsi del 2022, alla fine del ciclo scolastico di tredici anni, uno studente che proviene dal Sud ha un livello di apprendimenti in matematica che è di 29 punti inferiore rispetto a quello di un coetaneo del Nord-Est. Questo equivale a dire che uno studente meridionale presenta un handicap di 9 mesi di scuola: si tratta di una differenza inaccettabile sul piano dell’equità, poiché nessuno sceglie dove nascere.  

 

Un altro esempio di divario ingiusto è quello sociale. In generale, l’Italia è uno dei paesi con minori disuguaglianze negli apprendimenti legate allo status socio-economico della famiglia di provenienza. I divari socio-economici sono contenuti nella scuola primaria e si ampliano nella media; ma è soprattutto nella secondaria di secondo grado che emergono con evidenza, essendo amplificati dalla struttura per indirizzi delle nostre superiori, che rappresenta uno dei più rilevanti fattori di disuguaglianza scolastica. Infatti, in assenza di un efficace orientamento alle medie, gli studenti si selezionano nei vari percorsi (licei, istituti tecnici e professionali) in funzione anche del retroterra familiare, contribuendo a generare differenze molto ampie negli esiti scolastici, pari fino all’equivalente di due anni di scuola, a svantaggio dell’istruzione professionale. I divari sociali, dunque, si riproducono generazione dopo generazione. Queste variazioni dei risultati degli studenti sono antitetiche al merito, socialmente inaccettabili e vanno rimosse per rendere la nostra scuola più equa. Analogamente, poiché la qualità e l’inclusività di un sistema educativo dipendono in ultima analisi dagli insegnanti, occorre individuare il modo per attrarre nella scuola i migliori laureati, mantenerveli e premiarne le qualità. A mio giudizio, la strada preferibile è quella di una selezione iniziale molto severa sulle competenze didattiche e disciplinari, di una formazione continua obbligatoria e di una carriera fatta di crescenti responsabilità organizzative con una progressione retributiva, che premi coloro che hanno più capacità e più si impegnano per il buon esito della scuola.

Convegno "Sul merito". Roma, 2 marzo 2023.

Andrea Gavosto, Economista e Presidente della Fondazione Agnelli. 

 

"Presidente Gavosto, la Fondazione Agnelli ha lavorato molto anche in termini di ricerca sul tema del merito nella scuola. Qual è stato l’esito di questo lavoro e qual è la sua posizione oggi?"

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