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Spazi scolastici
e benessere dei ragazzi

 

L’architettura delle scuole, scatole modulari spoglie e sovraffollate, raramente rimanda a ricordi piacevoli. Le aule non sono però spazi scontati

e immutabili: vanno ripensate come adeguate all’intelligenza emotiva          e creativa, relazionale e persino manuale dei nostri studenti. 

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 Docente di Urbanistica al Politecnico di Milano 

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Lo spazio conta. È una determinante fondamentale del nostro benessere (del nostro esistere, vorrei dire), lo sappiamo da tantissimi anni, eppure facciamo come se non contasse. Lo spazio è la prima cosa che percepiamo al mattino appena ci svegliamo: l’assetto della nostra camera dice a noi stessi chi siamo, prima ancora che ci ricordiamo di essere vivi. Prima ancora di ricordarci chi siamo. Perché è lo spazio che ci restituisce memoria, consonanza e corrispondenza del nostro essere. 

Raramente i ragazzi fanno un’esperienza positiva e memorabile dello spazio scolastico, ricordano con ansia le aule affollate e strette, i corridoi per gli intervalli, le mense rumorose. 

Quanta dedizione diamo agli spazi degli uffici e quanta poca ne riserviamo agli spazi della scuola! Penso ai grandi brand, a quanto tempo e spazio progettuale spendano per ripensare che cos’è lo spazio dell’ufficio: si presta attenzione all’ergonomia, alla corporeità, alla fisicità, alla luce, ai tempi; si chiamano i più grandi esperti per ripensare modularmente la giornata lavorativa, immaginandola su un asse che va dalla casa all’ufficio, dallo spazio virtuale alla città. 

Non possiamo negare la realtà: riusciamo a dedicare tante energie all’età adulta – meritevolmente certo, in ufficio passiamo otto ore della nostra vita – ma quanto siamo ingenerosi e ingiusti con la prima infanzia, la seconda infanzia, con l’età della scolarizzazione, di fronte alla quale le scatole dell’aula non ci fanno problema. L’idea che i nostri figli possano stare otto ore della loro giornata dentro un assetto che è formato sulla scatola – seduti in banchi, distinti fra loro, eterodiretti verso la cattedra laddove viene dispiegata una comunicazione e un sapere ancora ottocentesco – non ci fa vibrare. Quelle scatole rigide, con la cattedra e la lavagna, sono le meno adatte a coltivare le “teste ben fatte” di cui ci ha parlato Edgar Morin, quelle predisposte a sviluppare connessioni, a instaurare relazioni empatiche con gli altri e a scovare il proprio talento. 

E, pur sapendo che avrebbero bisogno di altri spazi, di più tempo all’aria aperta, di un tempo dedicato alla salute del loro corpo, allo sviluppo di creatività e immaginazione, diamo per scontato e immutabile lo spazio dell’aula. D’altra parte, molti insegnanti non vogliamo privarsi di quello strumento rassicurante che è «la cattedra», perché metterla in discussione metterebbe a repentaglio la nostra autorevolezza. Peccato che non siamo mai stati così poco autorevoli, così poco ascoltati, così poco stimati come in questo tempo e dovremmo capire che cedere cittadinanza, libertà, co-progettazione, condivisione del sapere ai ragazzi nelle nostre aule, aprirebbe spazi di mutua liberazione. 

Eppure sono molti gli esperimenti, anche piccoli, che ci dicono che appena si scompagina l’assetto organizzativo dell’aula e si introducono variazioni creative, come ci insegna la psicologia sociale, quell’insolito movimento nello spazio (dalla disposizione dei banchi agli usi degli spazi comuni) si trasforma in un movimento della testa. Dobbiamo ripensare spazi adeguati all’intelligenza emotiva e creativa, relazionale e persino manuale dei nostri studenti. 

Possiamo progettare la didattica all’aperto o in spazi terzi, aperta al territorio; la ragione non potrà essere esclusivamente sanitaria ma didattica ed esperienziale. Gli spazi aperti sono una risorsa pedagogica che le migliori scuole europee hanno utilizzato dagli anni Sessanta. All’aperto si imparano tante cose legate al corpo, alla natura, alla scienza, alla cultura. Le dispute su argomenti tematici accrescono il reciproco ascolto, la capacità dialettica, lo spirito critico. Lavorare in gruppo facilita l’apprendimento e le relazioni positive tra pari. 

Se sapremo rimettere al centro un’esperienza scolastica viva, pratica, che si apre al territorio e alle sue domande, che chiama in causa l’autonomia degli studenti, forse faremo davvero una riforma a costo zero della scuola, coraggiosa e radicale. 

Lo spazio di apprendimento fisico è una sorta di “terzo insegnante” che può supportare o essere un ostacolo per la tua visione scolastica: la scuola contemporanea dovrebbe ispirare la curiosità, la risoluzione dei problemi, la collaborazione, la creazione e il pensiero critico. 

Le aule sono essenziali per il benessere dello studente. In un approccio olistico l’aula dovrebbe deve fornire un’atmosfera sicura, familiare e insieme stimolante. Per questo sempre più spesso le migliori scuole non sembrano più scuole ma giardini, laboratori, librerie multimediali, dove i ragazzi possono muoversi con disinvoltura e libertà da un’esperienza didattica all’altra. 

Tutti i bambini del mondo dovrebbero avere a disposizione uno spazio come quello dell'Eleanor Palmer Science Lab di Londra, concepito in uno spazio vicino alla scuola primaria, ma indipendente, per avviare alla scienza e alla sperimentazione bambini anche molto piccoli. 

Il Laboratorio è una delle nuove strutture di Londra costruite per promuovere l'insegnamento della scienza e della tecnologia nelle comunità della scuola primaria. Dovete immaginarlo come il classico magazzino del nonno o dello zio inventore, disponibile a riempirsi nel tempo di manufatti, strumenti e costruzioni, come un armadio di curiosità delle dimensioni di una stanza contemporanea. 

Bisognava realizzare un’aula di servizio alla scuola, indipendente e autonoma ma collegata alla scuola, il luogo dove fare tutto quello che a scuola di solito non si può fare. I progettisti hanno cercato di immaginare una struttura semplice, ma capace di suscitare meraviglia e curiosità nei ragazzi. Per questo hanno voluto ricreare quello spazio magico e incantato della baracca degli attrezzi che di solito sta dietro la casa nel giardino: un luogo dove nascondersi, dove trovare oggetti sconosciuti, che si può usare come officina per inventare, manipolare, smistare, fabbricare oggetti. 

La meraviglia nasce proprio dal modo accidentale e disordinato in cui gli oggetti, man mano che prendono confidenza con lo spazio, se ne appropriano. 

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