• Anna Armone
La responsabilità
per omessa vigilanza sugli alunni
• Sabrina Boarelli
Il benessere a scuola:
azioni, iniziative e programmi
• Elio Formosa
Due sistemi su un unico territorio.
Le questioni aperte
APPROFONDIAMO
La responsabilità
per omessa vigilanza sugli alunni
Per determinare la culpa in vigilando
dei docenti la legge 312/1980 stabilisce che, davanti al giudice civile, non compaia il docente ma 'amministrazione,
che ha l’onere della prova (art. 2048 c.c.)
e che sul docente dovrà rivalersi
in caso di colpevolezza.
Già Direttore amministrativo presso la Scuola Nazionale dell'Amministrazione di Bologna
L'articolo 2048 del codice civile prevede che i precettori e chi insegna un mestiere o un'arte possono incorrere in responsabilità per danni cagionati dagli allievi apprendisti sotto la loro vigilanza. Presupposto è che ci sia un effettivo potere di direzione e controllo sugli allievi, che devono essere affidati a questi soggetti in modo continuativo e non saltuario. L'articolo 2048, comma 2, configura una presunzione di responsabilità qualora il fatto dannoso si verifichi, si presume il negligente adempimento dell'obbligo di sorveglianza sugli allievi. Pertanto, l’onere della prova ricade sul danneggiante, consistente nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto.
La dottrina e la giurisprudenza unanimemente riconoscono la scissione netta tra il comma 1 dell'articolo 2048 e il comma 2, sottolineando che, mentre i genitori possono incorrere in culpa in educando o in culpa in vigilando, i precettori e maestri d'arte possono incorrere unicamente in culpa in vigilando. La vigilanza decorre dal momento in cui i genitori affidano il loro figlio minore all'istituto per tutto il tempo in cui il minore rimane nella scuola e fino a quando non viene riconsegnato ai genitori o un loro delegato. Dal 2017 è previsto che i genitori possano autorizzare la scuola all’uscita autonoma del minore degli anni 14. La scuola non si può esimere dall’autorizzare, ma deve verificare le condizioni di sicurezza dei luoghi per l’incolumità del minore e, eventualmente, avvertire gli organi di competenza sulla pericolosità che tale autorizzazione genitoriale può generare.
Tra la scuola e la famiglia al momento dell'iscrizione si instaura un contratto o contatto sociale e pertanto un rapporto giuridico nel quadro complessivo delle attività didattiche ed educative, ma anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza. Nell’obbligo di protezione bisogna ricomprendere la gestione della sicurezza che deve concorrere a garantire l’incolumità dell’alunno.
I soggetti istituzionali coinvolti direttamente nell’organizzazione e gestione della vigilanza sono: il dirigente, i docenti e i collaboratori scolastici. Ma un ruolo determinante, anche se collaterale, è svolto dai genitori, sia nel ruolo di componenti del consiglio di istituto, sia come stakeholders.
Il dirigente scolastico ha la responsabilità in organizzando della vigilanza, censurabile ai sensi dell’art. 2043 c.c., e ciò attraverso l’attivazione presso il consiglio del regolamento sulla vigilanza e attraverso atti datoriali accessivi rivolti al personale docente.
Non bisogna dimenticare che anche il personale Ata può avere il compito espressamente previsto di vigilare sugli alunni in via esclusiva o concorrente con i docenti. L’art. 44 del CCNL della scuola 2007 prevede che il personale amministrativo tecnico consiliari o statale degli istituti e scuole di istruzione primaria e secondaria, degli istituti d'arte, dei licei artistici, delle istituzioni educative e degli istituti e scuole speciali statali, assolve le funzioni amministrative, contabili, gestionali, strumentali, operative, di accoglienza e di sorveglianza connesse all'attività delle istituzioni scolastiche, in rapporto di collaborazione con il dirigente scolastico e con il personale docente. Si tratta, in particolare, dell’organizzazione della vigilanza al momento dell’entrata a scuola e nei momenti dell’organizzazione della vita scolastica in occasione del cambio del docente, durante i quali il docente affronta lo spostamento in altra classe, o durante la lezione nel presidio del corridoio o, ancora, in tutte quelle situazioni che creano dei vuoti di presenza del docente.
A questo personale, però, non si può applicare l'articolo 2048, riservato esclusivamente agli insegnanti e ai soggetti assimilabili. Tuttavia, la loro condotta può rilevare ai fini della responsabilità organizzativa della scuola. Infatti, compete agli organi direttivi della scuola emanare atti interni di organizzazione del lavoro del personale scolastico docente e ATA.
Questo potere deriva dall'attribuzione dell'autonomia scolastica e conseguente conferimento della dirigenza ai capi d'istituto. In particolare, gli atti interni di organizzazione del personale ATA vengono emanati dal direttore SGA sulla base delle direttive generali emanate dal dirigente scolastico.
Soffermiamoci sulla figura del docente, certamente centrale nella gestione della vigilanza. L'obbligo per questa categoria è ricavabile anche dal contratto collettivo nazionale di lavoro del 2007 che, all'articolo 29, comma 5, recita “Per assicurare l'accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell'inizio delle lezioni e ad assistere all'uscita degli alunni”, e dal D.Lgs n. 297/1994 (art. 10, n. 3, lettera a: adozione del regolamento interno del circolo dell'istituto che deve fra l'altro stabilire le modalità (…) per la vigilanza degli alunni durante l'ingresso e la permanenza nella scuola, nonché durante l'uscita dalla medesima).
Nella valutazione della responsabilità, la giurisprudenza è oramai concorde nel considerare il fattore età dello studente come fattore ordinario, il che significa che in ogni analisi sul livello di responsabilità afferente alla carente o omessa vigilanza tale elemento va preso necessariamente in considerazione. Secondo una parte della giurisprudenza della Cassazione l’art. 2048 c.c., comma 2 “si riferisce unicamente ai danni provocati dal minore sottoposto alla vigilanza dell'insegnante e non a quelli procurati dall'allievo maggiorenne”, non apparendo “dubitabile che la responsabilità dei precettori e degli insegnanti, al pari di quella dei genitori, cessi con il raggiungimento della maggiore età degli allievi, in quanto da tale momento non vi è più ragione che l'insegnante eserciti la vigilanza su persone ormai dotate di piena maturità e capacità di discernimento”: pertanto “la responsabilità dell'insegnante e quindi dell'istituzione scolastica” deriverà, se ne ricorrono i presupposti, dall'art. 2043, o dall'art. 2051 c.c.
Nella fase giurisdizionale, il coinvolgimento del docente nel giudizio (o meglio nei giudizi) per omessa vigilanza è regolato da una serie di norme primarie che si sono evolute nel tempo e hanno risentito delle considerazioni che il legislatore ha fatto sulla particolarità e complessità dell’insegnamento. Il docente è un dipendente pubblico al pari di tutti gli altri, se non per due fattori: l’allievo entra attivamente nel processo produttivo del servizio di insegnamento.
La funzione del docente è socialmente riconosciuta e gravata di una complessa responsabilità educativa e di vigilanza sull’incolumità dell’allievo. Di tutto ciò il legislatore ha tenuto conto nella disciplina della sua responsabilità. Ma per comprendere questa particolare posizione del docente bisogna partire dalla disciplina generale della responsabilità in ambito pubblico.
È la stessa Costituzione che, all’art. 28, prevede la responsabilità personale del dipendente pubblico che si estende alla pubblica amministrazione di appartenenza nel caso di danno provocato al terzo. Ci si riferisce, pertanto, alla responsabilità civile del dipendente pubblico. Ma da questa norma costituzionale si è passati ad una regolazione più puntuale per quanto riguarda i docenti attraverso la previsione normativa della legge 312 del 1980, che ha escluso la legittimazione passiva del docente nel caso di danno da risarcire a causa di omessa vigilanza. Significa che, davanti al giudice civile, non viene citato il docente presunto responsabile, ma esclusivamente l'amministrazione che, dunque, si surroga al docente, salvo esercitare azione di rivalsa davanti alla Corte dei conti che valuterà il comportamento del docente e, in particolare, il grado della sua colpevolezza che deve attestarsi sempre sul dolo o sulla colpa grave.
Nella causa civile davanti al tribunale, nella quale come abbiamo detto compare esclusivamente l'amministrazione, l'onere della prova a carico di quest'ultima è quello previsto dall'articolo 2048 del codice civile; bisogna, cioè, dimostrare di aver affrontato tutte le condizioni organizzative per evitare il danno. È ovvio che tale onere della prova gravante sull'amministrazione va costruito dietro le quinte e in particolare presso la scuola nella quale il docente insegna e dove si è verificata la lesione. Tutta la documentazione prodotta dall'istituzione scolastica costituirà mezzo di prova.
La documentazione a discarico dell'amministrazione consta, innanzitutto, della documentazione organizzativa, cioè di tutti quegli atti regolamentari interni e datoriali che regolano il comportamento del personale scolastico correlato alla gestione della vigilanza e alla prevenzione del rischio. Infatti, gli incidenti a scuola hanno un'origine che può derivare dal comportamento negligente del docente, dal comportamento dello studente o da concause, cioè dal comportamento dello studente e da mancate misure organizzative o di sicurezza attuate dal docente.
La documentazione contestuale all'accadimento lesivo consiste invece nei verbali di dichiarazione rese dalla parte lesa e anche dai testimoni presenti all'evento lesivo, nonché nelle procedure adottate a seguito della lesione, quindi in tutti quei comportamenti ai quali sono tenuti i dipendenti e attinenti proprio all'esecuzione delle direttive in materia di sicurezza sul luogo di lavoro impartite dal datore di lavoro.
Il danneggiato (allievo) dovrà dimostrare di avere subito un evento lesivo in occasione della prestazione scolastica e il relativo danno, mentre l’istituto dovrà fornire la prova liberatoria della riconducibilità dell'evento lesivo a una sequenza causale non evitabile e comunque non prevedibile, neppure mediante l’adozione di ogni misura idonea, in relazione alle circostanze, a scongiurare il pericolo di lesioni, salva la valutazione dell’apporto causale della condotta negligente o imprudente della vittima, ai sensi dell’art. 1227 c.c. Tale prova, tuttavia, ha contenuti diversi a seconda delle specificità del caso, e in particolare, come già accennato, dell’età della vittima, dell’età dell’allievo responsabile, del contesto in cui avvenne il fatto, con la conseguenza che essa sarà tanto meno rigorosa, quanto maggiore è l’età dell’allievo, fermo restando che difficilmente il precettore o maestro potrà sottrarsi a responsabilità quando sia stato assente al momento del fatto. Il raggiungimento della maggiore età, seppure di per sé inidoneo a rendere inapplicabile la responsabilità ex art. 2048 c.c., comma 2, incide sul contenuto della prova liberatoria a carico dell'insegnante, nel senso che l'età maggiorenne deve ritenersi ordinariamente sufficiente ad integrare il caso fortuito, per essere stato l'evento posto in essere da persona che non necessita – quantomeno per attività materiali non specificamente correlate ad un insegnamento tecnico – di vigilanza alcuna, poiché munita di completa capacità di discernimento, tale da far presumere la non prevedibilità della condotta dannosa posta in essere, salva prova contraria da fornirsi da parte del soggetto danneggiato.
In questa fase il docente, anche se non è convenuto nella causa civile, può essere sentito come testimone e può chiedere anche direttamente di ricoprire tale ruolo, esercitando così indirettamente anche il proprio diritto di difesa. Il giudice civile non pesa la colpa del docente durante la causa civile, ma va ad analizzare la presenza, quindi la conferma, del nesso di causalità tra il comportamento del docente e l'evento lesivo.
A seguito dell'eventuale condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno scatta l'obbligo per il dirigente scolastico o per l'ufficio scolastico regionale di denuncia alla Corte dei conti, affinché si proceda con una preistruttoria al fine di verificare la possibilità di attivare l'azione di rivalsa nei confronti del docente.
Il procuratore regionale della Corte dei conti analizza, dunque, in questa fase preistruttoria la posizione del docente, che abbiamo visto non compare come convenuto nella causa civile. Se dalla fase preistruttoria il procuratore evince tutti gli elementi che possono evidenziare la colpevolezza grave del docente, allora si formalizza la rivalsa e il docente andrà davanti al collegio giudicante. Da precisare come, in sede di accertamento della responsabilità per danno erariale indiretto di un insegnante per incidente occorso a un alunno, non può operarsi un mero recepimento delle statuizioni intervenute in sede di giudizio civile. In sede giuscontabile non trova applicazione la presunzione di colpevolezza dettata dell'art. 2048, comma 2, c.c., a carico di maestri e precettori, ma deve essere data un'accurata prova della colpa grave di questi ultimi. La colpa grave va, come in ogni altro giudizio, da parte attrice comprovata, unitamente al nesso eziologico tra la condotta e l'evento lesivo produttivo del danno.