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J.S. Bach:
Oratorio di Natale

Ottonello rilegge l’Oratorio di Natale

di J.S. Bach, del 1723, dando un ottimo esempio di come il compositore tedesco utilizzi la musica per celebrare

il momento cardine della liturgia cristiana. Emergono il controllo

assoluto nella tecnica compositiva

e l’esaltazione di una intensa spiritualità. 

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 Percussionista e musicologo

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La ricorrenza imminente del Natale ci dà lo spunto per focalizzare l’attenzione su una delle più suggestive creazioni del genio musicale di Johann Sebastian Bach. In premessa, occorre ricordare che nel 1723 Bach assunse a Lipsia il ruolo di Kantor presso la Chiesa di San Tommaso (Thomaskirche). Si trattava di una terza scelta, dopo che Georg PhilippTelemann e Christoph Graupner avevano declinato l’invito a ricoprire un così importante ufficio. Sappiamo che Bach non amò particolarmente il fatto di essere alle dipendenze del Comune ma, per converso, gradiva molto i compiti che gli erano richiesti in quanto Kantor, che prevedevano la sovrintendenza su tutta la musica liturgica espletata nelle due più importanti chiese della città, la chiesa di S. Nicola e quella di S. Tommaso. Fra tali mansioni, quella di maggior impegno era l’obbligo di scrivere una Cantata per ogni domenica o giorno festivo dell’anno liturgico.  


Da qui un’enorme produzione, della quale sopravvivono circa 200 titoli di Cantate, a dimostrazione di quanto Bach avesse raggiunto una piena e approfondita maturità nella scrittura di questa forma compositiva. Forse anche per questa ragione, Bach ritenne opportuno superare la frequentazione di questo genere e, fra il 1734 e il 1736, concepì un nuovo progetto dedicato alla creazione di tre opere, l’Oratorio di Natale, l’Oratorio dell’Ascensione e l’Oratorio di Pasqua. Tre composizioni di carattere religioso che prendono spunto da importanti momenti biblici, capisaldi della fede cristiana. 


Fra le tre composizioni, l’Oratorio di Natale (Weihnachts-Oratorium BWV 248) è sicuramente la più articolata e complessa, in cui la glorificazione musicale della venuta del Cristo, con i propri risvolti solenni e fastosi, diventa occasione celebrativa della fede in senso lato. 


L’Oratorio fu concepito in concomitanza delle feste natalizie del 1734, come un ciclo di sei Cantate volte a celebrare la solennità della nascita di Gesù, da eseguirsi non in una singola performance ma, secondo una prassi non anomala per quell’epoca, in momenti diversi nell’arco di 15 giorni, nelle due chiese di S. Nicola e di S. Tommaso, durante il servizio liturgico solenne del mattino e del pomeriggio.  


Nella sua totalità l’Oratorio celebra quindi sei feste liturgiche: il giorno di Natale (25 dicembre), quello di S. Stefano (26 dicembre), quello di S. Giovanni Apostolo (27 dicembre), il Capodanno (1° gennaio), la prima domenica dopo il Capodanno (2 gennaio, nel 1735) e l’Epifania (6 gennaio). Ognuno di questi eventi è festeggiato da una singola Cantata: le prime tre (25, 26 e 27 dicembre) sono tutte riferibili al Natale vero e proprio ed evocano la venuta del Cristo; la Cantata del 1° gennaio si lega alla festa della circoncisione di Gesù; quella del 2 gennaio ricorda la Strage degli Innocenti e quella del 6 gennaio l’arrivo dei Re Magi alla Grotta Santa di Betlemme. 


Gli stessi elementi costituiscono l’ossatura musicale di ogni singola Cantata, e dunque di tutto l’Oratorio: introduzioni strumentali, recitativi accompagnati, arie solistiche, pezzi d’assieme e cori, tutti collegati dal recitativo dell’Evangelista (o Historicus), ossia colui che assume la funzione di narratore.  


Il recitativo è il fil rouge che unisce gli altri elementi musicali ed è la parte dinamica dell’azione: attorno alla sua narrazione si incastonano le arie e i cori. Le arie diventano il luogo della riflessione del credente sulla Natività, mentre i cori sono l’espressione della religiosità del popolo dei fedeli. Il coro si esprime soprattutto attraverso la forma del Corale, che nella tradizione luterana rappresenta uno degli elementi più caratteristici, il mezzo tramite il quale si manifesta la pietas collettiva. Queste componenti strutturali Bach le aveva già impiegate nelle grandi opere religiose corali composte fra il 1724 e il 1733: la Passione secondo Giovanni, la Passione secondo Luca (attribuita a Bach ma forse del compositore Johann Melchior Molter), la Passione secondo Marco (la cui musica è perduta), la Passione secondo Matteo, il Magnificat e la Messa in Si min.  


Dalle Passioni Bach deduce vari elementi che vengono impiegati nell’oratorio natalizio: il metodo di affidare all’Evangelista la recitazione cantata dei versi ascrivibili al Nuovo Testamento e il ruolo dei personaggi  (i Magi, Erode e l’Angelo) che, attraverso le arie, esprimono le proprie reazioni emotive allo svolgimento dell’Oratorio. Anche il Coro partecipa di questa componente emotiva, punteggiando gli accadimenti con i propri commenti vocali. Un ulteriore elemento di vicinanza alle Passioni è dato dal fatto che i succitati personaggi vengono introdotti in prima persona; pure il Coro ha la dignità di un personaggio e rappresenta la moltitudine dei pastori che sono parte attiva negli eventi narrati.  


Riguardo al testo poetico, la parte ascrivibile ai primi quattro episodi è desunta dal Vangelo secondo Luca, mentre i due episodi restanti rimandano al Vangelo secondo Matteo. I testi delle arie, dei cori, dei recitativi accompagnati e dei recitativi secchi dell’Evangelista sono invece di libera invenzione. Si presume che l’autore di queste parti inventate sia il poeta Christian Friedrich Henrici, noto con lo pseudonimo di “Picander”, che già aveva collaborato con Bach per la stesura di testi utilizzati nelle Cantate. Appare evidente che i testi delle sei Cantate sono frutto di una sistemazione ben congegnata, volta a consolidare l’unitarietà tematica dell’Oratorio. Con buona probabilità in tale processo fu essenziale l’apporto dello stesso Bach, in particolare per quanto concerne la scelta e la disposizione dei brani. 


Abbiamo visto come l’Oratorio di Natale si componga di sei parti. Sei vere e proprie Cantate autonomamente compiute in sé, che possono essere eseguite singolarmente, in giorni diversi come decise Bach in occasione della loro prima esecuzione. Una scelta voluta affinché ogni singola Cantata fungesse da “musica principale” nelle funzioni religiose cui erano destinate. L’indipendenza di queste sei Cantate si iscrive tuttavia in un ben più ampio e organico disegno concettuale: quello che configura l’omogenea unità dell’Oratorio di Natale.

 

Che Bach pensasse a un lavoro unitario, solo apparentemente frammentato, è confermato da molti aspetti esterni e interni. Solo considerando il titolo, fu Bach stesso a intitolare Oratorio di Natale il ciclo di Cantate, come appare scritto sulla partitura originale. Ciò suggerisce che avesse chiaramente la volontà di conferire un carattere organico a quest’opera. Altri elementi che confermano la visione unitaria sono la regolare successione della narrazione evangelica e le strutturazioni formali; riguardo a quest’ultimo aspetto, vale la pena sottolineare come ognuna delle sei Cantate abbia un’analoga articolazione interna: tutte comprendono due pezzi solistici (arie, duetti o terzetti), tutte finiscono con un corale e tutte (tranne la seconda) iniziano con un corale. A tali elementi si aggiungono quelli di carattere squisitamente musicale, quali l’uso di procedimenti ciclici, le relazioni tonali fra i brani e le scelte nella strumentazione. Per fare un esempio di applicazione di procedimenti ciclici, possiamo considerare come Bach decida di utilizzare la stessa melodia di corale nei numeri 5 e 64, 7 e 18, 9-17 e 23.  


Per quanto concerne le relazioni tonali, si nota che l’impianto tonale di ogni cantata è il seguente:  

I cantata – Re 
II cantata – Sol 
III cantata – Re 
IV cantata – Fa 
V cantata – La 
VI cantata – Re 


L’inizio e la fine dell’oratorio (I cantata e VI cantata) sono scritti nella stessa tonalità; ad esse si aggiunge la III, che rappresenta la chiusura della vicenda della Natività vera e propria e sfrutta dunque lo stesso “ambiente” tonale (Re). La II e la V hanno un analogo rapporto di “parentela” con la tonalità di Re, considerando che il tono di Sol e quello di La sono tecnicamente definiti in “rapporto di quinta” con la tonalità principale di Re. La cantata IV è dedicata alla narrazione della festa della Circoncisione di Gesù, in realtà non così immediatamente connessa alla vicenda della nascita: ciò giustifica l’uso di una tonalità (quella di Fa), lontana nel “grado di parentela” con la tonalità di Re, dunque in qualche modo in contrasto rispetto a tutte le altre cantate dell’oratorio. Questo legame tonale fra le parti è ribadito e confermato dalle scelte di orchestrazione che rispecchiamo un analogo rigore nelle scelte adottate. Tutte le cantate in Re utilizzano le trombe, la II e la V (rispettivamente in Sol e La) non prevedono l’uso di ottoni, mentre la IV (quella in Fa), conferma la propria particolarità impiegando i corni. 


Un’ultima considerazione resta da fare riguardo a un particolare procedimento compositivo che complessivamente caratterizza l’Oratorio di Natale: l’applicazione della tecnica della parodia. Essa consiste nel riutilizzare brani desunti da precedenti composizioni per collocarli in un nuovo contesto musicale dopo aver apportato opportune modifiche e adattamenti. In questo caso sono 17 i brani che sicuramente utilizzano materiale musicale tratto da precedenti cantate, di argomento sia sacro che profano, adattato da Bach a questo oratorio. La tecnica della parodia non consiste tuttavia in un puro e semplice travaso di musica da un titolo all’altro: essa prevede comunque una rielaborazione musicale per adeguarla al nuovo contesto attraverso modifiche tonali, di strumentazione, di registro vocale. Dunque, non un meccanico e acritico trasferimento. Se oggi il principio parodico può forse destare qualche perplessità, per l’epoca era assolutamente normale: siamo infatti ancora lontani da quell’estetica consolidatasi nell’Ottocento per cui la qualità di un pezzo è determinata soprattutto dalla sua originalità.

 

Per Bach la priorità era quella di utilizzare il discorso musicale al fine di celebrare un momento importante della liturgia cristiana e ci riesce da par suo, forte di un controllo assoluto della tecnica compositiva e di quell’intensa spiritualità che, in ogni circostanza, pervade la sua ispirazione.

Suggerimenti di ascolto

per l’Oratorio di Natale:

Monteverdi Choir, English Baroque Soloists, dir. Sir John Eliot Gardiner 


Concentus Musicus Wien, dir. Nikolaus Harnoncourt 
        Cantate 1-2-3
        Cantate 4-5-6

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