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generazione alpha

Generazione Alpha:
una relazione tra
scuola e media digitali?

 

Se nella Generazione Alpha ci sono

i presupposti per la costruzione

di una società più cooperativa, generosa e capace di prendersi cura della collettività, è necessario chiedersi come la scuola intenda rispondere al mandato sociale della formazione di questa generazione. 

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Psicologa, dottoranda in Apprendimento e innovazione

nei contesti sociali e di lavoro

presso l'Università di Siena – ADAPT 

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La presenza pervasiva delle tecnologie digitali all’interno di tutti i contesti di vita è l’elemento che differenzia nettamente le nuove generazioni da quelle precedenti1.  


Nonostante Generazione Z e Alpha siano cresciute in un’era dominata dal digitale, le due generazioni stanno vivendo il rapporto con le tecnologie in modo differente: per i ragazzi della Generazione Z l’accesso costante a Internet e ai social media è accompagnato da un aumento dei casi di ansia, depressione e isolamento sociale. Inoltre, il confronto con una immagine online dominata dalla ricerca della perfezione, ha segnato un aumento dei problemi di autostima e disturbi alimentari2. Sulla generazione Alpha, che accomuna i nati dopo il 2010, le riflessioni sviluppate finora propongono maggiore ottimismo: l’uso innovativo delle nuove tecnologie li renderà più istruiti, dinamici e intelligenti. Saranno molto sensibili a problemi planetari come ambiente, sostenibilità, povertà e disuguaglianze. Inoltre, la loro situazione economica sarà migliore rispetto a quella delle generazioni precedenti.  


Affidandosi a questi pronostici, se nella Generazione Alpha ci sono i presupposti per la costruzione di una società più cooperativa, generosa e capace di prendersi cura della collettività, è necessario chiedersi come la scuola intenda rispondere al mandato sociale della formazione di questa generazione per sostenerla a realizzare tale ambiziosa trasformazione culturale.  


Prima di rispondere all’interrogativo, bisogna raccontare meglio la generazione su cui si stanno investendo aspettative tanto promettenti, soprattutto rispetto alla caratteristica che li contraddistingue, ossia il rapporto con la tecnologia: non conoscono un mondo senza Internet e social media; infatti, il 62% dei bambini inizia ad usare dispositivi tecnologici prima dei cinque anni, indice di come l’età di accesso alla tecnologia si stia abbassando sempre di più. Usano principalmente smartphone (62%) e tablet (55%) per giocare, guardare video e utilizzare i social. Tra questi, i preferiti e più usati sono YouTube (63%) e TikTok (53%): le bambine sono più propense a creare contenuti per poi condividerli (59%) mentre i bambini (32%) preferiscono rimanere spettatori3


Uno dei problemi più delicati che i bambini affrontano già nella prima età scolare è il cyberbullismo: il 46% tra 5 e 10 anni conosce questo termine e la percentuale sale al 73% tra i bambini dagli 8 anni in su, mentre cala tra i più piccoli (30%). La conoscenza del fenomeno è un aspetto importante considerando che il 9% dei bambini si è imbattuto in episodi di questo genere. Anche senza ricorrere a categorie cliniche, come accade con le conseguenze del cyberbullismo, è necessario interrogarsi sul vasto tema degli effetti delle nuove tecnologie sulla mente e sulla vita di bambini e ragazzi. La prima trasformazione dei media digitali è legata all'esperienza del corpo e dello spazio che si modifica quando il nativo digitale impara a usare intuitivamente gli strumenti tecnologici, i quali diventano parte stabile dei suoi schemi motori senza differenziarsi dalle altre parti del suo corpo. Sul piano delle emozioni, attraverso i media digitali si vivono esperienze selezionate e di breve durata; sentimenti molto distanti dall’immediatezza e spesso incontrollabilità delle emozioni vissute in prima persona4.  


All’interno della cornice brevemente ricostruita, occuparsi di scuola e tecnologia vuol dire domandarsi se le piattaforme digitali possono essere uno strumento utile alla formazione, trasformando quello che sembra essere un fenomeno preoccupante5 in uno strumento per lavorare sulla domanda formativa degli studenti, ossia ciò che i ragazzi chiedono alla scuola in termini di bisogni educativi, aspettative future e desideri. Sul punto la tecnologia è un valido alleato, poiché è il mezzo più intuitivo attraverso cui gli studenti scelgono di esprimersi e persino di informarsi su ciò che accade intorno a loro.  


Gli insegnanti sanno bene che gli studenti manifestano quotidianamente la necessità di legare le attività didattiche alle esigenze della classe e, nonostante le interessanti innovazioni metodologiche per la didattica, gli strumenti sviluppati sono spesso inefficaci di fronte alla difficoltà di instaurare una relazione educativa in cui studente e docente riescano a lavorare insieme. È qui che trova terreno fertile la diffidenza verso i social media, che sembrano essere uno dei pochi interlocutori considerati realmente interessanti dagli studenti: la motivazione, l’attenzione e l’ascolto, che sono richiesti a scuola per poter svolgere una lezione, sembrano essere stati catalizzati pressocché interamente dalle piattaforme digitali e dai loro immateriali creator. I social media, e il successo che hanno tra i ragazzi, segnalano alla scuola che la sua funzione di agenzia di socializzazione all’interno della società va sostenuta e sviluppata per fornire una valida alternativa o, meglio, integrazione a quanto viene proposto entro realtà che non possono più essere definite solo virtuali.  


Dunque, si potrebbe ritenere che la inevitabile conclusione sia invitare la scuola a adattarsi alle logiche di queste piattaforme digitali al fine di recuperare l’attenzione dei suoi studenti. In realtà, le nuove tecnologie possono sostenere l’apprendimento degli studenti perché permettono di riflettere sui loro interessi e sulle modalità di comunicazione con cui li esprimono. La proposta è di avvicinare gli strumenti della formazione ai canali che sembrano, ad oggi, i mezzi più efficaci per accendere la curiosità e la motivazione degli studenti e per interrogarsi sulla loro domanda formativa. A questo scopo la scuola potrebbe attivare e sostenere nel tempo un dialogo con le piattaforme digitali, permettendo agli insegnanti di accedere a una nuova risorsa per facilitare l’apprendimento. In questo modo, inoltre, rivestirebbe un ruolo decisivo nel dibattito pubblico e scientifico sul rapporto tra giovani, formazione e sviluppo tecnologico. 

(1) Riva G., Nativi digitali. Crescere e apprendere nel mondo dei nuovi media, Il Mulino, Bologna, 2019, capitoli 1 e 2.

(2) Sul punto v. un recente studio condotto da Inc Non Profit Lab (il laboratorio di Inc-Pr Agency Content First dedicato al terzo settore) «L'era del Disagio», realizzata in collaborazione con AstraRicerche con il patrocinio di Rai per la Sostenibilità-Esg.

(3) I dati presentati fanno riferimento alla ricerca «Tecnologica, inclusiva e green: benvenuta Generazione Alpha!» commissionata da BNP Paribas Cardif, tra le prime dieci compagnie assicurative in Italia e condotta da Friendz, Tech & Social company.

(4) Tra i numerosi contributi sul tema v. Grillo M., La tecnomagia nel Metaverso. Riti, corpi e giochi nella socialità digitale, Imagojournal, Year XII / July 2023, pp. 147-162; Pinotti A., Staying Here, Being There. Bilocation, Empathy and Self-Empathy in Virtual Reality. Bollettino Filosofico, 2022, 37, pp. 142-162.
(5) Secondo il 18° Rapporto Censis nel 2022 tra i giovani (14-29 anni) il 93,4% utilizza WhatsApp, l’83,3% YouTube, l’80,9% Instagram. Si osserva, in particolare, un forte incremento dei giovani utenti di TikTok (il 54,5%), Amazon (il 54,3%), Spotify (il 51,8%) e Telegram (il 37,2%). In flessione, invece, Facebook (il 51,4%) e Twitter (il 20,1%). Tra i numerosi contributi sul rapporto tra uso dei social media e salute mentale dei giovani si rimanda a un recente studio: Boer M., Stevens G.W.J.M., Finkenauer C., De Looze M.E., & Van den Enjnden R.J.J.M. (2021). Social media use intensity, social media use problems, and mental health among adolescents: Investigating directionality and mediating processes. Computers in Human Behavior, 116, 106632. 

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