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La scuola da sempre e per sua natura agisce come istituzione deputata alla cura dell’intelligenza. Ciò non esaurisce il suo compito, ma indubbiamente ne costituisce una porzione rilevantissima. Impossibile dunque sottrarsi alla domanda sull’impatto che può avere, per la scuola, lo sviluppo di forme di intelligenza artificiale che, con i ritmi sempre più accelerati impressi da qualche tempo all’innovazione dei sistemi informatici e delle connesse tecnologie, hanno fatto irruzione sulla scena arrivando in brevissimo tempo a dominarla. Esiste una soglia oltre la quale l’intelligenza umana può perdere il suo primato, ovvero la capacità di restare comunque in posizione dominante rispetto alla potenza degli algoritmi, alla mole sterminata di informazioni che un sistema è in grado di immagazzinare, alla rapidità con cui può selezionarle, recuperarle e gestirle attraverso infinite combinazioni, sviluppando di fatto una dimensione “creativa” che si pensava tipica ed esclusiva dell’essere umano?

NE PARLANO
Henri Bergson sosteneva che il nostro “corpo ingrandito” dalla tecnica e dalla meccanizzazione avesse bisogno di un “supplemento d’anima”. Dobbiamo quindi “umanizzare la modernità”, orientando la tecnologia verso l’avvento di una società migliore,
in cui la scuola abbia un ruolo chiave.
Qual è il futuro della scuola nel confronto quotidiano con l’AI? Quale il destino dei professori? E quello degli studenti? Alcune risposte derivano dalla considerazione che l’AI non sia poi così intelligente, almeno non come immaginavamo l’intelligenza dovesse essere: ad esempio consapevole ed emotiva.
Per conoscere il significato di termini come ADMS, mathwashing e deepfake, e soprattutto per imparare a interagire consapevolmente con gli strumenti dell’AI, bisogna guardare a un pronto e mirato intervento formativo rivolto agli studenti e, prima ancora, agli insegnanti.
Il nostro tempo è segnato dal protagonismo culturale dei dati, dal lavoro degli algoritmi, che ridefiniscono il senso della cittadinanza e la portata del pensiero critico. Dunque, l’Intelligenza Artificiale va studiata in classe, materia trasversale, apprendendone il lessico e verificandone l’etica.
In un sincero scambio di battute tra chi ha insegnato tutta la vita e ha studiato come insegnare, e uno studente appassionato del sapere emerge che l’IA, sul tema apprendimento, rappresenta già un discrimine e un cambio di paradigma che sfida la scuola.