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professionalità ATA

Formare per trasformare
la crescita professionale
del personale ATA

Negli ultimi trent’anni la formazione 

del personale ATA è passata

lentamente da attività accessoria

a leva strategica per l’autonomia. 

Oggi, sviluppare competenze tecniche, 

organizzative e relazionali è decisivo 

per affrontare digitalizzazione, 

servizi al pubblico e nuove

responsabilità gestionali. 

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Già DSGA. Formatrice e progettista esperta

a livello nazionale in numerosi contesti

pubblici e privati

Negli ultimi decenni la scuola italiana ha vissuto una trasformazione profonda. In questo percorso, la formazione del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) ha seguito e accompagnato il cambiamento della macchina amministrativa e organizzativa, consolidando identità e professionalità che fino a metà anni ’90 non trovavano ancora pieno riconoscimento. 

Con il CCNL del 1995, l’“etichetta” di “personale non docente” lascia spazio a quella di “personale ATA”: un passaggio simbolico, ma decisivo per la mission istituzionale del servizio scolastico. I successivi CCNL del 1999 e 2003 definiscono un sistema strutturato di formazione, articolato in aggiornamento, specializzazione e mobilità, con logiche di crediti formativi e percorsi legati all’evoluzione dell’autonomia introdotta dal D.P.R. n. 275/1999. 

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Nel primo decennio degli anni Duemila ha inizio una stagione innovativa: piattaforme nazionali (come PuntoEdu), approcci blended e metodologie attive orientate a problem solving, studio di casi e applicazioni operative. Un modello di formazione avanzato, che, pur tra limiti e resistenze, riconosce l’importanza di una crescita 

professionale continua del personale ATA. Tuttavia, fragilità organizzative delle scuole, disomogeneità territoriali, carenza di risorse e una cultura ancora centrata sull’adempimento amministrativo riducono spesso l’impatto delle iniziative. 

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Dopo il CCNL del 2007 la formazione si orienta soprattutto verso progressioni economiche e mobilità, lasciando in ombra l’aggiornamento specialistico. Con il CCNI del 2013 termina anche l’esperienza PuntoEdu e il sistema si decentra, affidando la formazione alle reti di scuole polo. La Legge n. 107/2015 sancisce la formazione come parte integrante del PTOF, ma i percorsi ATA restano frammentati e non sempre coerenti con i reali fabbisogni organizzativi. 

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Oggi il quadro è chiaro: per personale adulto, esperto e fortemente coinvolto nella vita della scuola, servono modelli formativi mirati, centrati su competenze reali e accompagnamento organizzativo. 

Formare gli ATA non significa trasferire elenchi di norme o di procedure, ma favorire: 

- sviluppo di competenze tecniche, giuridico-amministrative e digitali; 

- capacità di lavorare in team, relazionarsi con studenti, famiglie e personale scolastico; 

- consapevolezza organizzativa e orientamento alla qualità del servizio; 

- motivazione e partecipazione ai processi di innovazione. 

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Questo approccio richiede metodologie attive, di tipo laboratoriale, confronto tra pari, studio o analisi di caso, micro-learning e supporto anche on-the-job. Centrale è la progettazione per moduli flessibili e integrabili, calibrati sui diversi profili e sulle diversità anagrafiche e professionali presenti nella scuola. La formazione degli adulti, infatti, ha principi specifici: nessuna attività può essere calata dall’alto, il coinvolgimento e la percezione di utilità sono fondamentali e le soft skills integrano le competenze tecniche. 

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In questo scenario è prioritario superare la concezione della formazione come addestramento allo svolgimento di singole pratiche (passweb, schede MePA, ecc.), mentre gli obiettivi e i contenuti dovrebbero essere definiti integrando l’analisi dei profili professionali e dei correlati bisogni formativi con le macro-tendenze in corso, le esperienze più diffuse sul campo e un’auspicabile visione del futuro. 

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Un piano efficace deve definire obiettivi di apprendimento chiari, individuare “guadagni formativi” misurabili e costruire percorsi che colleghino conoscenze, abilità e responsabilità professionali. Non basta elencare contenuti (gestione del bilancio, appalti, acquisti su piattaforme telematiche): occorre strutturare capacità operative e interpretative, soprattutto in un contesto in costante mutamento normativo, digitale e organizzativo. 

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L’esperienza di alcune scuole nell’ambito del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) evidenzia l'importanza di orientare correttamente gli obiettivi: percorsi erroneamente centrati su strumenti superati di base (Word, fogli di calcolo) anziché su gestione amministrativa digitale avanzata, governance dei dati, accountability e sicurezza informatica fanno rilevare la loro scarsa utilità. È evidente che la formazione deve supportare l’evoluzione del ruolo, non limitarsi a soft-tech o alfabetizzazione minima … e non è irrilevante la scelta dei formatori. 

Guardando ai prossimi anni, il turnover generazionale e l’impatto delle innovazioni digitali rendono urgente una programmazione strutturale, che valorizzi ogni figura: collaboratori e operatori scolastici, assistenti amministrativi e tecnici, funzionari di Elevata Qualificazione e direttori dei servizi generali e amministrativi. La sfida è duplice: crescita professionale individuale e sviluppo organizzativo dell’istituzione scolastica. 

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Formare il personale ATA significa investire nella qualità dei servizi (funzionari EQ/DSGA), nell’efficienza ed efficacia amministrativa e tecnica (assistente amministrativo/tecnico), nella relazione educativa quotidiana (collaboratore/operatore scolastico), nella sicurezza e nella credibilità stessa della scuola. È un investimento culturale e strategico, coerente con la centralità dell’istituzione scolastica nella società della conoscenza (art. 1 comma 1 Legge n. 107/2015). 

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Non un adempimento, ma una leva di cambiamento, che deve includere anche azioni tese allo sviluppo delle soft skills: l’acquisizione delle capacità di tipo tecnico e specialistico non è sufficiente da sola a modificare efficacemente le performance del personale ATA all’interno dell’ambito lavorativo. Tali competenze vanno integrate con uno sviluppo di atteggiamenti e comportamenti a livello culturale, valoriale, motivazionale, relazionale e organizzativo. 

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La posizione d’operatività e strumentalità degli ATA diventa così progettuale e creativa: non più solo esecutivi produttori di servizi, ma direttamente coinvolti nell’organizzazione e nella gestione. Ovviamente tutto questo implica ampie ed efficaci competenze di progettazione organizzativa e gestionale da parte del DSGA, funzionario EQ tecnicamente preparato.

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