professionalità ATA
Il personale ATA
motore silenzioso della scuola
Il personale ATA rappresenta
il cuore silenzioso e la “professionalità”
concreta della scuola italiana:
collaboratori, assistenti amministrativi
e tecnici che, con dedizione,
competenza e umanità, garantiscono
ogni giorno il funzionamento della
comunità scolastica, rendendola
efficiente, accogliente e umana.
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DSGA presso Liceo Scientifico Statale
“Albert Einstein” di Palermo
Negli ultimi tempi mi capita spesso di guardarmi indietro e riflettere su quella che è stata la mia lunga carriera all’interno della scuola italiana. Forse è vero, come dicono alcuni amici e colleghi, che con l’avanzare dell’età si diventa un po’ più romantici, ma credo che sia anche il momento in cui si comprende davvero il valore delle persone con cui si è condiviso un percorso.
Quando ripenso a questi ventotto anni di lavoro, mi tornano alla mente volti, voci, momenti che raccontano una storia fatta di impegno, dedizione e competenza. Una storia che ha come protagonisti gli assistenti amministrativi, gli assistenti tecnici e i collaboratori scolastici: il personale ATA, il motore, o meglio, il cuore silenzioso della scuola italiana.
Era il 1997 quando ho iniziato a lavorare come Responsabile Amministrativo. Mi piace definirmi un DSGA che ha attraversato le epoche: sono partito dalla carta carbone e sono arrivato all’intelligenza artificiale. E chissà con quale altra “diavoleria” concluderò la mia carriera. Ma una cosa è certa: la concluderò circondato dall’affetto, dalla dedizione e dalla professionalità del personale ATA, che ogni giorno garantisce il funzionamento della scuola con serietà e passione.
Diciamoci la verità: quando i mezzi di informazione parlano di scuola, magari in occasione di un rinnovo contrattuale, si concentrano quasi esclusivamente sul personale docente, dimenticando colpevolmente l’altra faccia della luna – il personale ATA.
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I COLLABORATORI SCOLASTICI: IL MOTORE QUOTIDIANO DELLA SCUOLA
Il motore della scuola sono senza ombra di dubbio i collaboratori scolastici, persone mosse solo dall’amore verso la scuola e da una straordinaria buona volontà, che anche nel silenzio dei media continuano, con estrema professionalità, a far andare avanti la macchina scolastica. Eppure, questo personale, spesso precario, percepisce gli stipendi più bassi di tutta la pubblica amministrazione italiana, pur svolgendo un ruolo fondamentale, non solo dal punto di vista organizzativo ma anche – e forse soprattutto – da quello umano.
Spesso si parla di “educazione all’affettività” o “educazione alle emozioni”, ma si dimentica che a scuola, ogni giorno, sono proprio i collaboratori scolastici a svolgere questa funzione. Sono loro che raccolgono le confessioni, le paure e le emozioni dei ragazzi che incontrano nei corridoi.
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Mi piace ancora chiamarli “bidelli”, perché in quella parola c’è una familiarità affettuosa che nessun termine tecnico potrà mai sostituire. I bidelli sono i confessori silenziosi dei ragazzi: quelli a cui si racconta la prima cotta, i problemi in famiglia, le incomprensioni con i professori, le paure per il futuro e le grandi ambizioni. A volte basta loro uno sguardo per capire che un ragazzo ha qualcosa che non va. Sono loro a raccogliere le lacrime, ma anche a condividere le gioie più semplici e sincere.
Ricordo un episodio che porto nel cuore. Un giorno ero in giro con mia nipote, allora sedicenne. A un certo punto mi chiese se potesse allontanarsi un attimo per salutare una persona. Le domandai chi fosse e lei mi rispose: “È il signor Franco, il bidello di quando andavo alla scuola elementare”.
Per curiosità le chiesi se si ricordasse anche il nome del preside. Lei mi guardò e disse: “No, quello no.” Ecco, sono questi i collaboratori scolastici: figure che restano impresse nella memoria dei ragazzi, perché hanno saputo accogliere, ascoltare, comprendere.
Nell’immaginario collettivo, i collaboratori scolastici sono semplicemente coloro che aprono e chiudono le scuole o che si occupano della pulizia dei locali. Ma la realtà è molto più profonda, molto più umana, molto più nobile. I collaboratori scolastici si prendono cura dei nostri figli e nipoti con una dedizione che va ben oltre il loro mansionario.
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Sono loro ad aiutare i bambini più piccoli delle scuole dell’infanzia ad andare in bagno, a vestirsi, a sentirsi sicuri in un ambiente che per molti è il primo passo fuori dall’alveo familiare. Sono loro a preparare tutto con attenzione, affinché le mense possano accogliere i bambini al momento del pranzo in un clima sereno, pulito e ordinato. E sono sempre loro a occuparsi con delicatezza e rispetto degli alunni meno fortunati, garantendo la loro igiene personale e la loro dignità.
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Ma il ruolo dei collaboratori scolastici non si ferma qui. Sono formati per il primo soccorso e la sicurezza antincendio, vigilano costantemente affinché tutte le vie di fuga siano libere e pronte per essere utilizzate in caso di emergenza. E si occupano anche della piccola manutenzione, quella che tiene in piedi le scuole giorno dopo giorno: “Direttore, il bagno non funziona, lo riparo subito”, “Direttore, c’è da cambiare un neon”, “Direttore, vado a sistemare gli attaccapanni prima che arrivi l’inverno.”
Frasi semplici, pronunciate con naturalezza, ma che raccontano un profondo senso del dovere e di appartenenza alla comunità scolastica. Essere collaboratore scolastico non significa “fare servizio” alla scuola: significa far parte della scuola, viverla, proteggerla, farla funzionare e, spesso, farla sentire “casa” a chi la abita.
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GLI ASSISTENTI AMMINISTRATIVI: TRA BUROCRAZIA E PROFESSIONALITÀ
Essere assistente amministrativo nella scuola di oggi è diventato davvero una sfida. Una sfida a restare al passo con i continui cambiamenti che investono l’amministrazione scolastica, cambiamenti che si susseguono giorno dopo giorno e che costringono il personale amministrativo a una continua autoformazione.
Anche in questo caso, come per tutte le figure del personale ATA, emergono la buona volontà, il senso del dovere e la consapevolezza che essere assistenti amministrativi in una scuola non è la stessa cosa che esserlo in una pubblica amministrazione qualsiasi. Chi lavora in una segreteria scolastica sa di far parte di una comunità viva, di un ambiente educativo che è punto di riferimento per la società e non semplice luogo di burocrazia.
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La professionalità degli assistenti amministrativi si manifesta nella capacità di gestire con competenza un’infinità di procedure, spesso molto diverse tra loro: dalla gestione degli alunni a quella del personale, dalla contabilità agli acquisti, dalla documentazione amministrativa al patrimonio. Essere assistenti amministrativi nella scuola di oggi significa conoscere il Codice dell’Amministrazione Digitale, la normativa sulla privacy e sul trattamento dei dati, le regole della trasparenza e della pubblicità legale, le disposizioni sugli appalti pubblici e i nuovi strumenti di digitalizzazione. Un insieme di competenze complesse, che richiedono aggiornamento costante e grande senso di responsabilità.
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A chi spesso polemizza sul modo di reclutamento del personale amministrativo, che certamente meriterebbe un ripensamento, rispondo che nessun’altra pubblica amministrazione può contare su personale così versatile, preparato e appassionato. Certo, le “pecore nere” esistono ovunque, ma la verità è che la maggior parte degli assistenti amministrativi della scuola italiana tiene in piedi, giorno dopo giorno, una macchina complessa con dedizione e professionalità esemplari.
Quando mi guardo indietro, penso ai tanti assistenti amministrativi che ho incontrato in questi anni. Ma il mio pensiero va soprattutto a Silvana, che, pur sofferente per un terribile carcinoma, ha lavorato fino al giorno prima di morire, perché – come mi disse suo marito – “Silvana non voleva lasciare il lavoro a metà”.
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Penso anche a Gina e Lina, due assistenti ormai anziane che, da giovani, avevano smesso di parlarsi perché avevano avuto un dissapore. Non sapevano nemmeno cosa fosse un computer, eppure, quando proposi loro di digitalizzare l’archivio degli alunni e del personale, accettarono la sfida. Allora si usava un software ministeriale chiamato Ambiente Scuola, che girava in DOS e non prevedeva l’uso del mouse. Ricordo ancora le loro facce quando glielo proposi: due donne che da sempre scrivevano i certificati con la macchina da scrivere e la carta carbone, alle prese con il computer.
Eppure, ci riuscirono. Qualche anno dopo le andai a trovare e rimasi sorpreso nel vederle usare il mouse con una disinvoltura incredibile. Quando lo feci notare, mi risposero sorridendo: “Ah, Andrea, adesso abbiamo la principessa!” Non capii subito cosa intendessero, poi mi spiegarono che Ambiente Scuola era ormai obsoleto e avevano fatto il passaggio al nuovo software del Ministero, SISSI.
La cosa che mi rese più felice non fu tanto la loro abilità digitale, quanto il vederle sorridenti e fiere del proprio lavoro, soddisfatte di aver imparato, di essere ancora utili, di sentirsi parte di una scuola che cambia.
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Parlo spesso di Gina e Lina nelle mie riunioni con gli assistenti amministrativi. Le porto come esempio di professionalità, resilienza e senso di appartenenza. Perché essere assistente amministrativo non è solo un mestiere: è una forma di impegno civile, una missione silenziosa al servizio della scuola, dei docenti, degli alunni e delle famiglie.
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GLI ASSISTENTI TECNICI: LA MENTE PRATICA DELLA SCUOLA
E che dire degli assistenti tecnici? Figure fondamentali, ma la cui professionalità viene quasi sempre adombrata, quasi data per scontata. Eppure, ci siamo mai chiesti chi prepara le lezioni di cucina nei laboratori degli alberghieri, chi predispone gli esperimenti di chimica e fisica, chi mette a punto le attrezzature per le esercitazioni nei laboratori di meccanica, elettrotecnica o informatica? Chi garantisce che tutto funzioni, che gli strumenti siano sicuri e pronti all’uso, che le apparecchiature siano efficienti e aggiornate?
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Dietro ogni laboratorio che prende vita, dietro ogni attività sperimentale che entusiasma gli studenti, c’è la mano esperta di un assistente tecnico. Sono loro che, spesso lontano dai riflettori, fanno in modo che la didattica laboratoriale possa realizzarsi concretamente, trasformando la teoria in esperienza, la lezione in pratica, la curiosità in conoscenza.
E poi, nell’epoca digitale in cui viviamo, sono loro a occuparsi della manutenzione di tutte le apparecchiature informatiche che popolano le nostre scuole: computer, stampanti, reti, LIM, dispositivi per la didattica digitale, server e sistemi di sicurezza. Sono i “tecnici invisibili” che permettono alla scuola di restare connessa, di funzionare, di evolversi.
Anche gli assistenti tecnici hanno attraversato i grandi cambiamenti della scuola e della società: sono passati dalle macchine da scrivere alla cybersecurity, dai laboratori
analogici ai sistemi integrati digitali, da semplici esecutori a professionisti altamente qualificati. La loro competenza, la loro disponibilità e la loro capacità di problem solving li rendono figure indispensabili, sempre pronte a trovare una soluzione, a mettere a disposizione il proprio sapere con pazienza e spirito di servizio.
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Si tratta di professionalità uniche, radicate nella scuola ma in continuo aggiornamento, che testimoniano come anche dietro un esperimento ben riuscito, una connessione ripristinata o un’attività didattica tecnologica ci sia il contributo prezioso di chi lavora con passione e precisione.
Gli assistenti tecnici sono i custodi della conoscenza pratica, i mediatori tra la teoria e la realtà, e la loro presenza è ormai indispensabile in ogni ordine e grado di scuola. Rappresentano il volto moderno della scuola operativa, quella che si evolve, che innova, che non ha paura di cambiare.
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IL DSGA: IL DIRETTORE SCOLASTICO DELLA COMUNITÀ
E infine, parliamo di chi è posto al comando del personale ATA: il DSGA. O meglio, il funzionario di elevata qualificazione con l’incarico di Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi, colui che coordina, nel rispetto delle direttive del Dirigente Scolastico, tutto il personale ATA.
Anche il ruolo del Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi è in profonda trasformazione. Mi piace pensare che, un giorno, questa figura possa essere chiamata semplicemente “Direttore scolastico”, perché questo nome racchiude meglio il senso autentico del suo lavoro e del suo legame con la scuola o, meglio, con la comunità scolastica.
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Un ruolo che dovrebbe essere di coordinamento e di guida, ma che spesso si trova a fare i conti con una realtà difficile: la precarietà del personale, i vuoti d’organico, la rotazione continua degli assistenti amministrativi e tecnici e dei collaboratori scolastici. Tutto ciò rende complesso esercitare appieno quella funzione di leadership che dovrebbe essere naturale per chi dirige una struttura tanto viva e dinamica.
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Il desiderio più grande di ogni DSGA è quello di poter contare su una squadra stabile, con cui condividere un percorso di crescita professionale e umana, fatta di collaborazione, fiducia e responsabilità reciproca. Perché la scuola, come ogni organizzazione complessa, non è fatta solo di norme, procedure o documenti: è fatta di persone. E il vero compito di chi la dirige non è semplicemente gestire, ma motivare, valorizzare, accompagnare.
Gestire ambienti complessi, come quello scolastico, è una sfida che richiede competenze tecniche, certo, ma anche e soprattutto intelligenza emotiva: la capacità di comprendere le persone, di saperle ascoltare, di guidarle con equilibrio e umanità.
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Il DSGA è un punto di riferimento silenzioso ma costante: un equilibrio tra amministrazione e pedagogia, tra burocrazia e sensibilità, tra rigore e ascolto. È colui che tiene insieme i fili della macchina organizzativa, ma anche chi dà forma, giorno dopo giorno, a un clima di lavoro sereno, produttivo e solidale. In fondo, tutta la scuola vive grazie a questo equilibrio umano e professionale, che nasce proprio dalla collaborazione tra Dirigente, DSGA e personale ATA.
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Per questo, a parer mio, è giunto il momento di ripensare anche le politiche formative rivolte al personale ATA. Negli ultimi anni si è giustamente investito molto nella formazione tecnica, ma oggi la vera sfida è un’altra: affiancare alla competenza tecnica la formazione sulle soft skill, sull’intelligenza emotiva, sulla gestione delle relazioni, sulla comunicazione e sulla capacità di lavorare in squadra.
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Perché la scuola non è solo un luogo di apprendimento, ma una comunità viva, fatta di persone che ogni giorno interagiscono, si aiutano, si confrontano e crescono insieme. E solo investendo sul capitale umano, sulla sensibilità e sull’empatia di chi la vive e la fa funzionare, potremo costruire una scuola davvero moderna, efficiente e, soprattutto, umana.







