
GENTE di
SCUOLA
• Maria Prodi
Tre aspetti evolutivi
per il personale ATA, da valorizzare
• Raffaele Vitale
Il personale ATA
all'interno della comunità educante
Tre aspetti evolutivi
per il personale ATA,
da valorizzare
Nuovi compiti e nuove figure professionali: tre linee di evoluzione
che esigono un ripensamento
delle figure e delle professionalità ATA.
Le scuole digitali, l’altissima
complessità amministrativa,
i bisogni educativi e le fragilità
delle nuove generazioni ci interrogano.

Dirigente scolastica e pubblicista
Una ventina di anni fa ci si domandava se e quante scuole restassero senza alcuna dotazione di computer, e un laboratorio da far usare sporadicamente a turno alle diverse classi sembrava un lusso. In questi ultimissimi pochi anni sono arrivati dall’Europa finanziamenti Fse regionali, Pon, Class e Labs del PNRR e le scuole hanno attrezzato molte aule con smartboard, hanno moltiplicato i laboratori informatici, hanno disseminato di visori, tablet, proiettori, stampanti 3D i loro ambienti di apprendimento. I docenti sono stati a volte sopraffatti da questa ondata di acquisti, quasi eccedenti le competenze didattiche necessarie per un buon utilizzo. Un’analoga ondata di corsi da svolgere nel risicato periodo di poco più di un anno ha fornito con i progetti del PNRR 2.1, molta formazione digitale per il personale della scuola.
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Ma questa ingente acquisizione di dispositivi digitali avrebbe dovuto aprire ad una riflessione sulle alte professionalità necessarie per la gestione e la manutenzione di tale patrimonio. Il pieno utilizzo delle potenzialità dei beni acquisiti, l’aggiornamento continuo, la prevenzione di utilizzi maldestri e danneggiamenti richiedono un tipo di lavoro quantitativamente moltiplicato rispetto a 10 anni fa. E soprattutto qualitativamente rivoluzionato.
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Quali figure, quali profili professionali, quali mansioni servono? Come si dividono il campo, come si intrecciano le collaborazioni fra i tecnici e gli animatori digitali? E come si pongono entrambi nei confronti di eventuali insegnanti di informatica o di discipline ad alta incidenza di contenuti informatici? Ogni scuola cerca di arrangiarsi, trovando qualche soluzione estemporanea con le risorse umane che si trova ad avere a disposizione nel contingente. Ma io penso che la figura con le competenze e le funzioni necessarie a gestisce un complesso di dotazioni informatiche in uso in un Istituto scolastico, collegate fra plessi, e che ha anche il delicatissimo compito di garantire che la difesa dei dati personali sia implementata così come è stata disegnata, debba essere prevista, formata, contrattualizzata, inserita in una revisione strutturale della scuola digitale.
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Un altro aspetto che queste “ondate” di investimenti, in modo particolare le ultime targate PNRR, hanno fatto emergere in modo quasi drammatico è la proliferazione dei procedimenti amministrativi. Sia i progetti centrati sugli acquisti, sia quelli focalizzati sulla realizzazione di percorsi formativi, hanno messo a durissima prova le segreterie, dal punto di vista dell’enorme moltiplicazione delle procedure, ma soprattutto a partire dalla complessità, spesso di incerta o contraddittoria interpretazione, degli adempimenti. Alle condizioni dettate al momento della sottoscrizione degli atti di concessione dei finanziamenti PNRR si sono aggiunte nella piattaforma ulteriori richieste di documentazioni, condizionalità, scadenze, check list che hanno disseminato di difficoltà ulteriori e impreviste il cammino.
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Tale stress è comunque stato anche paradigmatico di una generale proliferazione normativa nel produrre la quale ci si dimentica sempre di calcolare il costo amministrativo che l’implementazione delle norme comporta: in nessuna impresa privata si immaginerebbe di raddoppiare i compiti a parità di personale. Nel pubblico invece si moltiplicano i fronti di obblighi, scadenze, documentazioni da produrre, senza che questo si rifletta nel calcolo delle risorse umane a disposizione e nella loro valorizzazione professionale. Si varano leggi il cui articolo finale garantisce l’invarianza di spesa, come se l’amministrazione non fosse un onere, o
per meglio dire, un valore, il cui impiego andrebbe attentamente valutato in termini di costi e benefici, e soprattutto riconosciuto e compensato.
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Basta pensare alla macchinosità crescente nella organizzazione di uscite e progetti, dovute anche alla rigidezza e alla selettività delle procedure di gara che rendono arduo implementare organizzativamente le ideazioni educative e didattiche per allargare l’offerta formativa.
Un ultimo aspetto vorrei sottolineare, forse quello più rilevante, relativo all’evoluzione dei compiti assegnati alle scuole, e quindi a chiunque vi lavori, compreso il personale non docente. Riguarda la trasformazione del rapporto con l’utenza, che coinvolge fortemente chiunque operi nella scuola impattando decisamente sui collaboratori stessi: la fisionomia psicologica degli alunni, e quindi le strategie della loro presa in carico, stanno profondamente cambiando, assieme alla consapevolezza da parte degli educatori delle diffuse fragilità, dei bisogni educativi speciali, dei profili sempre più incerti del contesto familiare e di evidenti segnali di diffuse deprivazioni sociali.
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Un tempo la necessità di una collaborazione nella sorveglianza, in applicazione dei regolamenti scolastici e delle elementari regole di convivenza, era abbastanza faticosa, ma chiara nelle sue linee generali. Adesso il concetto stesso di contenimento degli alunni è più comprensivo e intriso di una più marcata sensibilità verso la personalizzazione nella lettura dei bisogni e verso la gestione adattiva degli approcci.
I comportamenti auspicabili e il rispetto delle regole sono non tanto il presupposto certo e prefissato, quanto la finalità di una scommessa educativa. Ad un atteggiamento valutante si coniuga l’idea di una presa in carico e di un accompagnamento verso una crescita anche di chi ha specifiche difficoltà e inadeguatezze, ma non per questo può essere lasciato indietro.
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Una serie di patologie, a volte molto preoccupanti, si manifestano a scuola, e non sempre sono supportate adeguatamente dai servizi socio-sanitari. La stessa frequenza scolastica è spesso pregiudicata da situazioni di rifiuto della relazionalità sociale; questa tendenza all’autoesclusione rende auspicabile anche una partecipazione alla vita scolastica frammentata ed esile, quasi episodica, valorizzata però da una forte adattabilità dei docenti più consapevoli e accoglienti.
Ma questo quadro complessivo di fragilità, di marginalità o di difficoltà psicologiche da parte di alcuni studenti richiede un aiuto anche da parte dei collaboratori scolastici. Essi hanno sugli alunni uno sguardo più laterale e informale, ma a volte capace di cogliere acutamente altri aspetti della personalità e capace di intuire quella frizione esperita dai ragazzi fra la propria difficoltà esistenziale e le prestazioni che il sistema scolastico richiede.
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Non è raro che di fronte a episodi e vicende critiche si evidenzi la necessità di un colloquio stretto fra dirigenti, docenti e collaboratori; e mi è capitato di cogliere spesso una richiesta di formazione, anche da parte del personale ATA, focalizzata su queste nuove sorprendenti e fragili generazioni.
Con lo scopo di convergere, nella coerente e sinergica disponibilità da parte di tutte le componenti della scuola, per capire e sostenere i loro bisogni di crescita.
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