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editoriale

A pieno titolo

Consideriamo il personale ATA parte

integrante di una comunità professionale

il cui compito è garantire nel modo

più efficace la fruizione di un diritto

fondamentale, quello all’istruzione.

In coerenza con la nostra visione di scuola

come comunità educante, da cui discende

anche il nostro modello organizzativo,

rivolto a una rappresentanza unitaria

di tutte le professioni operanti,

con competenze diverse,

in un'istituzione scolastica.

BARBACCI Ivana.JPG

Segretaria Generale

CISL Scuola 

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È stata molto opportuna la scelta di fare del personale ATA il focus di questo numero della rivista, dopo aver dedicato la precedente alla professionalità degli insegnanti. Per più ragioni, fra le quali ne sottolineo due.

La prima è che consente di riaffermare una visione di scuola, e di professionalità operanti nella scuola, fondata sul concorso di competenze e profili diversi nell’assolvimento del compito affidato dalla legge al sistema scolastico: creare le condizioni per garantire nel modo più efficace la fruizione di un diritto di rango costituzionale, quello all’istruzione, fondamento dell’esercizio pieno dei diritti di cittadinanza.

È l’insieme del personale (docente, ATA, dirigente) a costituire, insieme a famiglie e alunni, quella comunità educante nella quale “ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio”. Ho ripreso testualmente ciò che afferma il nostro contratto nazionale di lavoro, che nel sancire anche formalmente la dimensione di progettualità condivisa in cui opera un’istituzione scolastica, inquadra in un contesto nuovo anche i profili un tempo definiti “non docenti”, riconoscendone la specificità rispetto ad analoghe figure professionali operanti nella pubblica amministrazione.

Superare, come avvenuto ormai molto tempo fa, quella definizione “in negativo” (non-docenti: l’unica categoria al mondo definita per quello che non fa, diceva uno scrittore ex insegnante in un suo libro)(1), serviva anche, ma direi soprattutto, a sgombrare il campo da improprie gerarchizzazioni che finivano per riconoscere, neanche troppo implicitamente, un rango di fatto inferiore, subordinato, ancillare, alle funzioni svolte da collaboratori scolastici, assistenti amministrativi e tecnici, segretari (peraltro divenuti nel tempo, come DSGA, profilo apicale della categoria).

Assumere anche nel proprio modello organizzativo, come fa la CISL Scuola, la dimensione di unitarietà del lavoro che si svolge con funzioni diverse in una stessa istituzione scolastica autonoma, è un modo per rafforzare la voce delle componenti numericamente più deboli, com’è il caso del personale ATA, che non si vede quale convenienza possa avere a rinchiudersi in piccoli e angusti recinti di rappresentanza settoriale, auto-relegandosi in una condizione di minorità che implicherebbe fatalmente un minor peso contrattuale.

La seconda è che arricchire la nostra riflessione col contributo offerto dai pregevoli interventi ospitati in questo numero di Scuola e Formazione web ci mette in condizione di procedere in modo più determinato nella direzione intrapresa col rinnovo contrattuale 2019/21, verso una valorizzazione di tutti i profili dell’area ATA di cui quel contratto ha posto le premesse. Si tratta ora di svilupparne appieno tutte le potenzialità.

La creazione della nuova figura dell’operatore, con una duplice curvatura, una sul versante dell’assistenza e l’altra su quello di supporto all’attività degli uffici, riprende e porta a ulteriore sviluppo una visione del profilo di collaboratore sempre più caratterizzata sul versante del supporto alla cura della persona (si pensi al fabbisogno che si determina in tal senso con la presenza crescente di alunni in condizioni di disabilità o disagio); le figure amministrative affrontano la sfida della transizione digitale, che implica fra l’altro, e non solo nelle segreterie ma più in generale nelle scuole, il fabbisogno di adeguate competenze per un supporto tecnico sempre più indispensabile. Le elevate qualificazioni, infine, non sono soltanto un modo per dare finalmente risposta all’esigenza di vedere riconosciute le com-petenze acquisite da chi ha esercitato a lungo mansioni direttoriali: rispondono anch’esse al fabbisogno determinato da una sempre maggiore complessità gestionale delle istituzioni scolastiche.

Ciò che emerge in molti interventi è la necessità di un forte investimento in formazione, che anche per il personale ATA, come per ogni altro profilo professionale, deve avere quanto più possibile un carattere strutturale, professionale e permanente. Va in questa direzione ciò che si è ottenuto con la riattivazione delle posizioni economiche, frutto del rinnovo contrattuale 2019/21, che consentirà, proprio in questi giorni, a oltre 50.000 unità di personale una valorizzazione economica frutto dell’esperienza acquisita e della formazione. Una strada su cui è doveroso proseguire: è una ragione in più per rivendicare, dai decisori politici, scelte di investimento che diano sostanza ai ripetuti riconoscimenti, a parole, della valenza strategica da attribuire all’istruzione e alla formazione come fattori di crescita del sistema-paese.

Per quanto ci riguarda, siamo anche pronti a misurarci ai tavoli negoziali, che chiediamo di aprire da subito per il rinnovo contrattuale 2025/27, consapevoli che la formazione ne debba rappresentare uno dei temi centrali e qualificanti.

Da ultimo, ma non per importanza, una questione che pesa enormemente sulle condizioni di lavoro del personale ATA, e di riflesso sulla possibilità di sostenere adeguatamente i necessari processi di qualificazione e aggiornamento continuo, ed è quella di una quota elevatissima di lavoro precario, cui costringono le norme sul reclutamento, gravate da vincoli che impediscono di ipotizzare anche solo teoricamente la copertura di tutti i posti in organico con personale assunto stabilmente.

È uno dei temi nei quali si saldano strettamente le esigenze di tutela del lavoro, che sono il core business di un sindacato, con quelle di promuovere la qualità, l’efficacia e l’efficienza di un servizio pubblico importante e fondamentale come quello dell’istruzione. L’alto tasso di lavoro precario comporta un’insostenibile dispersione di capitale umano, di esperienze e conoscenze che non può essere tollerato né sul versante educativo, né su quello tecnico/organizzativo e amministrativo, considerato che l’inizio di ogni anno scolastico porta con sé un “reset” professionale di volta in volta sempre più pesante, con una diminuzione di efficacia concettualmente incompatibile con le crescenti responsabilità di questi settori.

Tenere assieme questi due aspetti (tutela del lavoro – efficacia e qualità del servizio) è ciò che distingue e qualifica un sindacato confederale. Come siamo da sempre, e vogliamo continuare a essere.

(1) Domenico Starnone, "Ex cattedra".

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