
• Carlotta Valentini
Dal banco di scuola al laboratorio:
se scegli la ricerca studi il futuro
Dal banco di scuola
al laboratorio: se scegli
la ricerca studi il futuro
La curiosità è la prima forma
di ricerca scientifica:
nasce tra i banchi di scuola,
cresce nei laboratori e diventa
responsabilità verso il mondo.
Fare ricerca significa costruire
conoscenza e trasformarla
in possibilità, unire immaginazione
e metodo, dare forma al futuro
con la forza delle idee e la fiducia
nel progresso umano.

Studentessa del Master’s in Biophysics, Biochemistry
and Biotechnology presso la Katholieke Universiteit Leuven (KU Leuven), in Belgio
LA CURIOSITÀ COME PRIMA FORMA DI RICERCA
La prima volta che ho guardato dentro un microscopio non cercavo nulla di preciso: volevo solo capire cosa si nascondeva dietro ciò che vediamo ogni giorno.
Era uno di quei piccoli strumenti da scuola, con la luce tremolante e le manopole rigide. All’inizio osservavo foglie, fili di vestiti, pezzetti di carta. Poi, per curiosità, ho deciso di osservare me stessa: il palmo della mano, un graffio, la superficie del dito, un capello che si muoveva leggero sotto la luce.
Forse la curiosità nasce proprio così: da un gesto semplice che diventa rivelazione. È il “perché?” continuo dei bambini – quella fame di senso che non si placa mai. “Perché il cielo è blu?”, “Perché le foglie cadono?”, “Perché il cuore batte?”.
Domande che gli adulti spesso liquidano con un sorriso, ma che sono le prime vere domande scientifiche della vita. Tra i banchi di scuola, la curiosità può diventare un linguaggio comune.
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Basta poco, come un microscopio giocattolo, per capire che la conoscenza nasce dal contatto con le cose, non solo dai libri. È in quei momenti che un bambino impara che la scienza non è una materia da studiare, ma un modo di guardare il mondo. Tutto dipende da chi, quella curiosità, la incontra per primo. Un insegnante che ascolta un “perché?” invece di zittirlo, che incoraggia la domanda giusta più della risposta corretta, può cambiare la vita di uno studente.
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Sono loro, gli insegnanti che coltivano la curiosità come una pianta fragile, a fare la differenza: quelli che trasformano la lezione in un laboratorio e la classe in uno spazio di possibilità. Perché la scuola dovrebbe essere questo: una palestra del dubbio. Il luogo dove non sapere non è una mancanza, ma un punto di partenza. Dove l’errore è un indizio e ogni esperimento, anche il più piccolo, è un atto di fiducia nella scoperta. La curiosità, in fondo, è la prima forma di ricerca. E la scuola è il luogo dove scegliamo se farla crescere o lasciarla spegnere.
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DAL BANCO AL LABORATORIO: IL DESIDERIO DI CAPIRE COME FUNZIONA LA VITA
A un certo punto, la curiosità cresce.
Non basta più chiedersi perché qualcosa accade: nasce il bisogno di capire come accade. È lì che comincia la ricerca, quando lo stupore diventa domanda, e la domanda diventa metodo.
Il banco di scuola, da luogo d’ascolto, diventa un punto di partenza.
Le domande si fanno più precise, l’osservazione più attenta.
Il passaggio dal banco al laboratorio segna una soglia: è il momento in cui non si impara soltanto, ma si comincia a indagare.
Il laboratorio diventa lo spazio dove l’intuizione prende forma e l’immaginazione si traduce in gesto. Non è solo un luogo fisico, ma un modo di pensare: il naturale proseguimento della classe, dallo studio passivo alla scoperta attiva.
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IL MIO PERCORSO: DALLA CURIOSITÀ ALLA RICERCA VERA
La mia curiosità non è nata da un esperimento, ma dopo aver letto il libro Lifespan scritto da David Sinclair. Libri come questo mi hanno fatto scoprire quanto la ricerca possa trasformare la nostra comprensione del corpo umano e dei processi biologici. La divulgazione scientifica mi ha mostrato che la normalità può cambiare grazie alle idee di persone curiose, capaci di guardare la realtà con occhi nuovi.
Da lì ho scelto il liceo scientifico, poi la laurea in biotecnologie, spinta dal desiderio di capire la vita, l’invecchiamento e i meccanismi che li regolano.
Da un libro, la curiosità è diventata realtà: al De Duve Institute di Bruxelles, dove ho scritto la mia tesi triennale, ho imparato che la ricerca vive di errori, pazienza e resilienza.
Al Max Planck Institute for Biology of Ageing di Colonia ho scoperto la neurobiologia e il valore del rigore etico nella sperimentazione animale.
Ora, durante la magistrale in Biophysics, Biochemistry and Biotechnology alla KU Leuven, sto imparando cosa significa davvero “fare ricerca”: sviluppare un progetto, costruire conoscenza, dare forma a un’idea.
Ogni tappa nasce da una curiosità nuova, da un desiderio di andare più a fondo.
La ricerca, per me, è questo: l’estensione adulta della meraviglia infantile, il modo più concreto per studiare il futuro — un esperimento alla volta.
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LA RICERCA COME FORMA DI CITTADINANZA, CAPIRE IL MONDO PER MIGLIORARLO
Fare ricerca non significa solo studiare, ma assumersi una responsabilità verso il mondo. Ogni scoperta, ogni esperimento, ogni idea nasce per rispondere a domande che riguardano tutti: la salute, l’ambiente, la tecnologia, l’etica.
La scienza, così, diventa una forma di cittadinanza attiva — un modo di partecipare alla costruzione di una società più consapevole e giusta.
In questa visione, progetti come Generazione STEM danno spazio ai giovani — e in particolare alle donne — che vogliono portare la propria voce nella scienza.
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SE SCEGLI LA RICERCA, SCEGLI IL FUTURO
Studiare il futuro significa capire oggi ciò che plasmerà il domani. Per questo la scuola deve accendere la scintilla della ricerca fin da giovani: insegnare a fare domande, osservare, pensare in modo critico.
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Non servono grandi laboratori, ma insegnanti capaci di trasmettere entusiasmo.
Come ricordava Marie Curie, “nella vita nulla va temuto, dev’essere solo compreso”, perché la ricerca scientifica, in fondo, è questo: un atto di fiducia nel futuro e coraggio nel costruirlo.
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GENERAZIONE STEM
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Generazione Stem è una Community nata l’11 febbraio 2023 in occasione della giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza.
Oggi conta più di 30 mila followers sui principali canali social (Instagram, TikTok e YouTube) e ha come l'obiettivo quello di avvicinare il maggior numero di ragazze possibile, a scegliere una formazione Stem abbattendo i cosiddetti stereotipi di genere che portano le ragazze a non sentirsi portate per le materie scientifiche.
Oggi in Italia, solo il 15% delle studentesse si laurea in discipline scientifico-tecnologiche, malgrado il mercato del lavoro vada chiaramente in quella direzione: si stima che il 50% delle aziende italiane ha difficoltà a trovare profili Stem e nei prossimi 5 anni il fabbisogno di questi profili toccherà i 2 milioni!
Le nostre attività online sono principalmente organizzate in contenuti di divulgazione scientifica e orientamento, creati da ragazze che hanno già scelto percorsi Stem e che grazie alle loro esperienze, cercano di trasmettere le tante opportunità che una formazione Stem può offrire.
Oggi Generazione Stem collabora con una rete di più di 100 ragazze Stem su tutto il territorio italiano. Oltre alle attività di normalizzazione e divulgazione scientifica online, Generazione Stem organizza sessioni di orientamento nelle scuole e partecipa a festival tematici per raccontare tutto il bello della scienza e rendere le discipline cosiddette “dure”, accessibili a tutti!
Da quest'anno abbiamo ideato anche uno spettacolo dal titolo “La Scienza che a scuola non ci hanno raccontato", dedicato alle donne che hanno contribuito alle grandi scoperte scientifiche ma che a causa di una cultura che valorizza di più gli uomini, non hanno ricevuto i giusti riconoscimenti, queste donne vengono raccontate da giovani ragazze in ottica di role modeling.
Generazione Stem si propone anche come partner strategico nella comunicazione social per aziende e istituzioni che vogliono migliorare la presenza femminile al proprio interno e partecipare al raggiungimento della parità di genere non solo nelle Stem.
Alessandra Cravetto, Founder di Generazione Stem
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