professionalità docente
L'unicità della funzione docente al bivio
Il gruppo sociale dei docenti sta assistendo a una differenziazione orizzontale
della funzione che non porta però al riconoscimento di uno sviluppo professionale oramai reclamato
da più parti. Mettere ordine nella giungla
delle figure è estremamente difficile poiché ci troviamo
di fronte a una cornice
incoerente e anacronistica.


Già Direttore amministrativo
presso la Scuola Nazionale
dell'Amministrazione di Bologna
La pressione del corpo sociale dei docenti verso il riconoscimento di funzioni intermedie di tipo organizzativo o didattico è legittima e poggia sulle giuste pretese di tutti quei docenti che da anni svolgono, oltre al lavoro in classe, funzioni di supporto allo svolgimento dell’attività didattica e della funzione gestionale. Siamo d’accordo sul fatto che i docenti siano relegati in una “funzione piatta” che non riesce a gratificare e riconoscere l’impegno dei singoli che, diciamola tutta, non basta ripagare con compensi esigui e sottoposti allo snervante procedimento contrattuale di istituto o a disposizioni ministeriali puntuali.
Premesso ciò, questa prospettiva è totalmente disancorata dal sistema complesso della scuola che non può assorbire elementi riformatori se non inseriti in un processo organico di revisione. L’impianto fondamentale della governance della scuola, ad oggi, è collegiale, sulla scorta dell’originario D.Lgs 297/1994. Ed è da qui che bisogna partire per un intervento coerente e strutturale. Intanto, nel corso degli anni alla scuola è stata conferita l’autonomia e al capo d’istituto la dirigenza, con interventi riformatori frammentari e spesso contraddittori. Il profilo dirigenziale viene fuori come un tentativo di equilibrare i poteri degli organi collegiali con quelli del dirigente scolastico.
Da allora, tutte le norme hanno sempre riportato il doveroso inciso “nel rispetto delle competenze degli organi collegiali”. La rilevanza del modello collegiale ha portato, in diverse legislature, al tentativo di riformare gli organi collegiali di istituto. Qualche tentativo ha anche previsto, contemporaneamente, la revisione della funzione dirigenziale e l’assetto interno delle funzioni con l’articolazione della funzione docente nell’ambito organizzativo e didattico. Ma i tentativi sono tutti falliti.
Da ultima la Legge 107/2015, nella prima stesura, prevedeva l’attribuzione del potere statutario quale strumento di autogoverno, con il limite delle norme costituzionali. In sede referente sono state eliminate le deleghe per la riforma della governance dell’istituzione scolastica e degli organi collegiali. In questo sistema la funzione docente, unitaria, ha lasciato spazio alla previsione di funzioni di sistema normate, come le funzioni strumentali e i collaboratori del dirigente, l’orientatore, l’animatore digitale, ma senza sganciarle da una sorta di designazione, da parte del collegio le prime, da parte del dirigente le seconde.
Va specificato che la competenza del collegio ad individuare le funzioni afferenti alla didattica deriva, come abbiamo detto, dall’attribuzione allo stesso della competenza deliberativa nella didattica e nell’organizzazione della didattica, come afferma l’art. 7 del D.Lgs 297/1994. Esse rispondono al modello attuale di governance che vede la distribuzione del potere tramite il modello delle deleghe e dei mandati. Il dirigente organizza il sistema dei collaboratori attraverso deleghe, il collegio individua le funzioni afferenti alla didattica e all’organizzazione della didattica, attraverso il mandato deliberato. Entrambi questi modelli non garantiscono la continuità del modello organizzativo delle funzioni intermedie, ma sono agganciati al momento storico. Preliminare a qualsiasi disegno è il chiarimento sui confini dei poteri dirigenziali e dei docenti, a livello individuale e collegiale.
La premessa è la definizione di un chiaro stato giuridico dei docenti di cui parleremo più avanti. La L. 107/2015, nella previsione delle riforme su citate, aveva indicato il dirigente scolastico come titolare delle scelte educative, norma poi ritirata. Tale previsione avrebbe creato una filiera gerarchica compiuta, consentendo al dirigente di controllare l’esercizio della discrezionalità tecnica dei docenti.
Oggi, dunque, l’equilibrio dei poteri e la natura delle competenze degli organi scolastici, monocratici e collegiali, non è mutata. In questo panorama non basta pensare ad uno sviluppo di carriera dei docenti che non sia, quantomeno, agganciata alla funzione dirigenziale, almeno per le funzioni di supporto gestionale. È effetto naturale che lo sviluppo di carriera porti alla gerarchizzazione della funzione, con l’innesto delle dinamiche tipiche delle organizzazioni gerarchiche.
Bisogna partire dal modello di scuola e, in particolare di Governance, che si vuole realizzare. Le ipotesi di intervento potrebbero essere le seguenti:
• potere gestionale del dirigente comprensivo anche delle scelte educative, creando un modello nel quale il dirigente esercita, tra gli altri, il potere di controllo sulle prestazioni dei docenti;
• mantenimento dell’assetto collegiale attuale, con il necessario correttivo della responsabilizzazione del collegio dei docenti (l’emanazione di un codice disciplinare e di un comportamento già previsto dal CCNL);
• intervento per la definizione di uno stato giuridico dei docenti, per legge, con definizione chiara dei diritti e dei doveri a copertura dell’intera attività professionale, salvo individuare il soggetto con potere di controllo e sanzione che può risiedere nel dirigente o nel collegio stesso.
A proposito di quest’ultima ipotesi, anni fa, l’Ocse affermava che i paesi devono “formulare in modo chiaro e conciso cosa gli insegnanti devono sapere e devono essere capaci di fare.... I profili devono essere stabiliti in base ad una visione molto ampia dell’insegnamento e includere una solida conoscenza della disciplina, competenze pedagogiche, la capacità di lavorare efficacemente con una grande varietà di studenti e colleghi, di apportare il proprio contributo alla scuola e alla professione, e la capacità di continuare a svilupparsi”.
Questo invito sembrava essere stato colto dal legislatore nella proposta di riforma messa in consultazione nel 2014. “...Vuol dire considerare i docenti non come una massa indistinta, a cui lo Stato ha chiesto decenni fa di ripetere ogni giorno lo stesso 'compito in classe'. Vuol dire, invece, cominciare a considerarli finalmente come persone e come professionisti disposti ad assumersi impegni diversi, e a cui lo Stato chiede oggi di mettersi al servizio della scuola e dei colleghi. E a cui lo Stato chiede di non accontentarsi delle prospettive di carriere fondate sul mero dato dell’anzianità.
Per fare questo è necessario ripensare la carriera dei docenti, per introdurre elementi di differenziazione basati sul riconoscimento di impegno e meriti oltre che degli anni trascorsi dall’immissione in ruolo. Occorre quindi, prima di ogni altra cosa, un nuovo status giuridico dei docenti, che consenta incentivi economici basati sulla qualità della didattica, la formazione in servizio, il lavoro svolto per sviluppare e migliorare il progetto formativo della propria scuola...”.
Come conseguenza principale dello stato giuridico, dovrebbe essere declinato in modo chiaro il rapporto funzionale docente-dirigente scolastico, che non può essere diverso da un rapporto gerarchico, come in qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, salvo il modello collegiale che genera, ope legis, una equiordinazione tra il dirigente e i soggetti collegiali. Dallo stato giuridico potrebbe partire lo sviluppo di carriera del docente. Centrando il punto focale delle modalità di sviluppo della carriera docente, non è detto che essa debba poggiare su un percorso stabilizzato che porta alla funzione intermedia di sistema. Potrebbe anche fondarsi su un rapporto temporaneo, limitato nel tempo, finalizzato alla gestione di particolari ambiti di complessità legati a variabili di contesto (costituzione e gestione di reti, accordi complessi, progetti, sperimentazioni) che, di volta in volta, consentono l’accesso alla funzione attraverso un meccanismo selettivo.
Ma lo sviluppo di carriera potrebbe essere anche finalizzato all’accesso alla dirigenza scolastica, come strada privilegiata di reclutamento. Rispetto all’individuazione dei docenti “aspiranti funzioni di sistema”, si potrebbe anche pensare ad un bacino territoriale di professionalità acquisite con percorsi formativi ad hoc, a disposizione delle varie istituzioni scolastiche di quel territorio. Le implicazioni contrattuali sono notevoli, poiché il livello della norma primaria che dovrebbe prevedere lo sviluppo della carriera docente dovrebbe essere integrato dalla fonte contrattuale nello spazio previsto. C’è molto su cui riflettere. Sembra però evidente che il sistema vada osservato e indagato in maniera complessiva senza tralasciare aspetti e variabili che incideranno sul suo corretto funzionamento.
