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professionalità docente

Professionalità docente
tra complessità e sviluppo
 

L'esplorazione della professionalità docente è un fattore strategico

per la qualità scolastica,

tra riconoscimento, autonomia

e nuove competenze.

Occorre integrare modalità formative tradizionali con dinamiche di sviluppo professionale che rispondano

alle specificità dei contesti

e alle esigenze di crescita di ogni scuola. 

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Dottore di ricerca in Pedagogia

e professore a contratto in

Metodi della Ricerca Educativa

presso l'Unicatt di Milano

NUOVE COMPETENZE, NUOVE RESPONSABILITA'

Il dibattito sulla professione docente, intesa come l'attività quotidiana dell'insegnante, e sulla sua professionalità, ovvero il complesso di competenze, responsabilità e riconoscimento sociale del ruolo, è da tempo al centro dell'attenzione della comunità scientifica, delle istituzioni scolastiche e della politica. L'interesse è cresciuto in modo significativo negli ultimi decenni, a seguito dei profondi e rapidi mutamenti sociali che richiedono alla scuola di innovarsi per rispondere alle mutevoli esigenze delle società industrializzate. Sebbene permangano preoccupazioni - evidenziate già sul finire del secolo scorso - riguardo a una possibile de-professionalizzazione dell'insegnante, causata dall’erosione della sua autonomia per effetto delle regolamentazioni centrali, la professionalità docente è oggi sempre più riconosciuta come un fattore strategico e decisivo per migliorare la qualità della scuola(1).

 

L’elevato livello di professionalità richiesto oggi agli insegnanti non è solo una questione per addetti ai lavori che trova eco nell’evoluzione dei Contratti Collettivi di Lavoro del comparto Scuola. Questi, negli ultimi trent’anni, hanno progressivamente arricchito il profilo professionale, attribuendo “competenze disciplinari, informatiche, linguistiche, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali, di orientamento e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate ed interagenti”(2).

 

Tale esigenza di professionalità emerge chiaramente dai nuovi compiti e dalle nuove responsabilità che le scuole oggi devono affrontare. Tra le iniziative più significative vi sono: la focalizzazione sui risultati di apprendimento in termini di competenze; i Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO); la riforma dell’orientamento scolastico; l’introduzione dell’insegnamento di Educazione civica in tutti gli ordini di scuola; l’autovalutazione delle scuole tramite il Rapporto di Autovalutazione (RAV) e la partecipazione a reti di innovazione educativa.

 

A queste si aggiungono la valorizzazione delle collaborazioni territoriali e le opportunità di finanziamenti europei e nazionali per progetti scolastici, che richiedono ai docenti nuove competenze progettuali e valutative. In questo contesto, il docente è chiamato a farsi carico con professionalità delle trasformazioni in atto, per tradurle in pratica educativa quotidiana.

PROFESSIONALITA' DOCENTE: TRA AUTONOMIA E LIMITI

La professionalizzazione del corpo docente solleva due questioni principali: da un lato il riconoscimento collettivo e politico del valore professionale del lavoro degli insegnanti; dall’altro, l’ambiguità derivante dall’assegnare qualità professionali a un lavoro che si svolge in un contesto con autonomia limitata. L’insegnamento, pur richiedendo alta professionalità e responsabilità, si colloca in un sistema fortemente regolamentato dallo Stato, configurandosi come una “semi-professione”(3).

Questa condizione complica sia la trasmissione sia l’apprendimento della professione, rendendo necessaria la ricerca di soluzioni creative per valorizzare il ruolo e le competenze degli insegnanti. Gli studi sulla professionalità docente hanno evidenziato i limiti di un approccio fondato unicamente sulla task analysis, cioè sulla scomposizione del lavoro in compiti specifici. Si è capito che la conoscenza dei contenuti, della pedagogia e della didattica disciplinare, pur necessaria, non è sufficiente. A partire dagli anni ’80, il paradigma riflessivo ha valorizzato la figura dell’insegnante come professionista che costruisce il proprio sapere attraverso un dialogo continuo con l’azione, attribuendo centralità ai saperi pratici sviluppati nell’esperienza quotidiana.

Tuttavia, una formazione sbilanciata sugli aspetti tecnici, disciplinari o di metodo, a discapito delle dimensioni socio-politiche ed etiche, rischia di indebolire la funzione educativa della scuola come luogo di crescita integrale e di promozione della giustizia sociale. Da ciò emerge una figura di docente caratterizzata da una professionalità multidimensionale, situata e in continua evoluzione(4).

 

SVILUPPO PROFESSIONALE E COMUNITA' DI PRATICA

Due ulteriori elementi di complessità intervengono nella definizione della professionalità docente e nelle dinamiche del suo sviluppo. Il primo riguarda il carattere fortemente situato della professione, che rende l’essere docente in una specifica scuola un’esperienza diversa dall’esserlo in una qualsiasi altra.

Questo perché il “fare scuola” è un’impresa collettiva, non individuale, caratterizzata da reti di relazioni e collaborazioni professionali che assumono un valore culturale e identitario, profondamente radicato nel contesto locale. Il secondo elemento si riferisce al ruolo degli scambi informali all’interno della comunità professionale e alle dinamiche di trasformazione tra conoscenze tacite ed esplicite. Tali fattori influenzano aspetti profondi e non visibili delle competenze individuali − come motivazioni, valori, convinzioni, schemi mentali, immagine di sé e disposizioni comportamentalità − che a loro volta guidano le strategie didattiche e l’adattamento dei modelli teorici nella pratica quotidiana.

 

Tali dimensioni entrano in conflitto con l’idea di formazioni e traiettorie di sviluppo professionale standardizzate e definite centralmente. Richiedono invece dispositivi formativi diversi, basati su esplicitazione, documentazione e condivisione delle pratiche, per agire in modo qualitativo sulle competenze dell’insegnante e sulla cultura della scuola. In questo contesto, il concetto di “comunità di pratica” è sempre più utilizzato, ma spesso in modo superficiale e improprio, come un mero contenitore di miglioramento per questioni irrisolte.

Tuttavia, se liberato da declinazioni fuorvianti, che lo riconducono al lavoro di organismi istituzionalmente previsti senza coglierne il potenziale innovativo, può supportare lo sviluppo professionale congiunto dei docenti, inserendosi nel più ampio ideale di autonomia diffusa. Il luogo privilegiato per questo processo rimane la singola scuola, a patto che sappia aprirsi a interlocuzioni esterne. Sul versante operativo, si tratta di integrare anziché contrapporre modalità formative nuove e tradizionali, bilanciando l’esigenza di una “tenuta complessiva” del sistema nazionale di istruzione − in termini di diritti dei lavoratori e di standard professionalità − con la necessità di definire dinamiche professionali che rispondano alle specificità dei contesti e alle esigenze di crescita individuale e collettiva.

 

La recente istituzione della Scuola di Alta Formazione dell’Istruzione (SAFI), a prescindere da considerazioni specifiche, testimonia la centralità che la valorizzazione delle conoscenze e delle competenze dell’insegnante ha assunto oggi. Al contempo, tuttavia, rilancia il dibattito sulle possibili traiettorie di sviluppo della carriera docente. Una questione delicata, perché la valutazione della professionalità è una condizione indispensabile per riconoscerne il merito.

Da questo quadro emerge la necessità di ripensare lo sviluppo della professionalità del docente in modo organico, collegandolo a un percorso di carriera che non si limiti agli scatti stipendiali legati all’anzianità di servizio, ma che valorizzi uno sviluppo professionale articolato, capace di considerare le diverse fasi di ingresso, maturità e uscita dalla professione. È inoltre opportuno fondare la formazione dei docenti su un dialogo approfondito tra le scienze pedagogiche e le discipline scientifico-disciplinari, per evitare approcci sbilanciati verso l’aspetto tecnico-didattico a discapito della riflessione critica e fondante.

Quest’ultima dovrebbe orientare metodologie, strategie e contenuti, soprattutto in relazione alle sfide educative specifiche dei contesti sociali e antropologici in cui si opera. Parallelamente, è fondamentale ricercare momenti unificanti che favoriscano la sintesi tra i diversi saperi nel soggetto in formazione, superando l’attuale frammentazione delle scienze pedagogiche.

 

Il rischio concreto è che un irrigidimento sugli aspetti tecnico-didattici e procedurali conduca al prevalere delle istanze burocratiche e amministrative sulla riflessione pedagogica e scientifica, perpetuando così quell’antico modello trasmissivo-contenutistico che persiste ostinatamente, nonostante le sollecitazioni normative, le indicazioni della ricerca scientifico-pedagogica, le dichiarazioni d’intenti e le previsioni dei PTOF.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(1) S. Guerriero (ed) (2017), Pedagogical Knowledge and the Changing Nature of the Teaching Profes-sion, Educational Research and Innovation, OECD Publishing, Paris.

(2) CCNL Comparto scuola 2019-2021.

(3) L. Masson, Teacher professionalism: Redefining a crucial concept, My College, 2025.

(4) M. Parricchi, L’insegnante plurale nella società complessa, in A.L. Rizzo & V. Riccardi (a cura di), La formazione degli insegnanti: problemi, prospettive e proposte, La Scuola, Brescia, 2022, pp. 6-10.

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