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Provette

STRUMENTI di LAVORO

Fabrizia De Cuia
   L'accesso agli atti:
   diritti e limiti della conoscibilità

L'accesso agli atti:
diritti e limiti della conoscibilità
 

Tre le forme di accesso disponibili,  

molteplici le differenze che portano

a comprendere che non esiste un indistinto

e generale diritto  di accesso del cittadino

agli atti della PA, ma piuttosto strumenti specifici che occorre imparare                  

a usare nel modo corretto.

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Avvocato, responsabile dell’Ufficio Legale

e Privacy della CISL Scuola Nazionale

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L’AMMINISTRAZIONE, LA TRASPARENZA, IL PRINCIPIO DI IMPARZIALITÀ

Partiamo da una considerazione semplice ed essenziale: l'attività amministrativa è retta da criteri di efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza.

La legge 241/1990 e il D.Lgs 33/2013 hanno introdotto, rispettivamente, strumenti validi e utili – seppur molto diversi tra loro – per dare attuazione a questi principi.

 

COSA INTENDIAMO PER TRASPARENZA?

La trasparenza potrebbe essere definita come caratteristica, imprescindibile, dell’agire della Pubblica Amministrazione quale strumento finalizzato al contrasto della corruzione. Il legislatore, intervenendo diverse volte, nel tempo, sui testi, ha in un certo senso “aperto le porte” della PA ai cittadini in modo sempre più ampio  con l’obiettivo di garantire che l’operato posto in essere  dalla  Pubblica Amministrazione  sia  effettivamente  imparziale  e  conforme  al  principio generale del buon andamento e imparzialità, di cui all’art. 97 della Costituzione. È come se, per assicurare il successo di una PA “corretta”, il legislatore abbia scelto di dare spazio, potere, diritto di accesso, o controllo, ai singoli – cittadini e/o portatori di interessi – che, in un certo senso, sono entrati a far parte del procedimento amministrativo. In  questi  termini,  il  controllo  previene  –  o  almeno  dovrebbe prevenire  –  che  si  verifichi  una distorsione dell’interesse primario della PA che, dalla cura dell’in-teresse pubblico generale, passi ad occuparsi  dell’interesse  del  singolo;  cessando  in  tal  modo di essere  imparziale,  come  dovrebbe essere sempre per definizione.

 

GLI  STRUMENTI  DELLA  CONOSCENZA:  L’ACCESSO  DOCUMENTALE,  QUELLO  CIVICO  E  QUELLO CIVICO GENERALIZZATO

La conoscenza, o meglio, la conoscibilità dell’azione amministrativa da parte del singolo interessato ha forme diverse e segue regole specifiche. Serve  conoscere  le  regole  del  gioco  per  poter   usare,  con   dimestichezza,  gli  strumenti  che l’ordinamento ci mette a disposizione.

 

L’ACCESSO DOCUMENTALE: UNO STRUMENTO PARTECIPATIVO ANCORA NON BEN UTILIZZATO

Il punto di partenza: chi può chiedere cosa?

L’art. 22 della legge 241/1990 definisce i principi in materia di accesso agli atti definendo il “diritto di accesso”  degli  interessati,  quale  diritto  di  prendere  visione –  ed  estrarre  copia  dei  “documenti amministrativi”  posseduti  da  una  pubblica  amministrazione  e concernenti  attività  di  pubblico interesse.

Chi è il soggetto interessato?

Per  la  L. 241/1990  è  il soggetto,  pubblico  o  privato,  che  abbia  un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento per il quale è chiesto l’accesso.

Forme e limiti dell’accesso documentale

La richiesta può avere due forme, sia informale sia informale. Quanto ai limiti, il legislatore è chiaro nel  definire  i  confini  del  “conoscibile”.  L’art.  24,  infatti,  pone  un espresso  divieto  rispetto  a determinati atti per i quali prevale il diritto alla riservatezza. Si tratta di casi – limitati – quali, ad esempio, attività  della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione; pertanto atti per cui si evince facilmente la ratio del  limite  e  da  cui  discende  che,  in generale, il diritto di accesso è prevalente rispetto alle esigenze di riservatezza e la sua applicazione va  prudentemente  bilanciata  di  volta  in  volta.  La  giurisprudenza conferma  questo  approccio garantista: i limiti sono l’eccezione non la regola.

 

In ogni caso, la legge 241/1990 fa salva sempre la facoltà della PA di individuare ulteriori casistiche di documenti sottratti all’accesso, nonché di valutare ed esercitare, in alternativa al diniego, il potere di differimento.

L’ACCESSO CIVICO – SEMPLICE E GENERALIZZATO

L’aggettivo “semplice” non trae origine dalla legge ma, sin da subito, dottrina e addetti al mestiere ne hanno fatto ampio uso per differenziarlo dal suo – simile – accesso civico “generalizzato”.

 

L’accesso civico semplice è disciplinato dall’art. 5, comma 1 del D.Lgs 33/2013 e consiste nel diritto di chiunque di accedere ai documenti per i quali la PA ne abbia omesso (nonostante la vigenza di un obbligo puntuale) la pubblicazione.

L’accesso civico generalizzato disciplinato dall’art. 5 comma 2 dello stesso D.Lgs 33, partendo da un principio   tanto   chiaro   quanto   forte:   “allo  scopo  di  favorire  forme  diffuse  di  controllo  sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”, dispone  che chiunque ha diritto di accedere ai documenti detenuti dalla PA, ulteriori a quelli oggetto di pubblicazione, nel rispetto dei limiti per la tutela di interessi giuridicamente rilevanti.

 

È chiaro come il legislatore del Testo Unico Trasparenza, su delega legislativa di cui alla cd. Legge anticorruzione  (L.  190/2012),  rispetto  all’accesso  documentale  si  sia  spinto  molto  oltre  nel  voler realizzare i principi di imparzialità e buon andamento della PA.

 

L’accesso  civico,  infatti,  nelle  due  forme  declinate  dall’art.  5,  esprime  l’idea,  tra  l’altro  espressa palesemente nel testo, di realizzare e – favorire –forme diffuse di controllo sull’operato della PA.

 

Veniamo al dunque: chi può chiedere cosa?

Il  comma  3  dell’art.  5  chiarisce  subito  le  regole  del gioco:  l’esercizio del diritto di accesso non è sottoposto ad alcuna limitazione rispetto alla legittimazione soggettiva del richiedente.

 

L’interessato  sarà  il  semplice  “chiunque”  e  la  sua  richiesta  di  accesso  agli  atti  non avrà bisogno, nemmeno, di essere motivata.

 

Forme e limiti dell’accesso civico

Oggetto di accesso non sono soltanto i documenti in quanto tali, ma anche i dati e le informazioni in possesso della PA che, al fine di garantire la conoscenza degli stessi, sarà tenuta ad organizzarli e raggrupparli, qualora presenti in distinti documenti in suo possesso.

 

Rispetto   alle   forme,   la   norma   prevede   un   accesso   formale   che   possa   essere   presentato, alternativamente, a distinti uffici ben identificati: ufficio che detiene i dati, info o documenti; URP; ufficio indicato in sezione Amministrazione trasparente del sito; Responsabile prevenzione corruzione e trasparenza nel caso in cui l’istanza riguardi dati oggetto di pubblicazione obbligatoria.

 

È evidente che siamo ben distanti dal noto “interesse diretto, concreto ed attuale” di cui all’art. 22 della legge 241/1990.

 

Ciononostante la sua “effettiva portata” è stata in un certo senso ridimensionata, in quanto lo stesso legislatore ha previsto in modo puntuale una serie di esclusioni e limiti all’accesso, per i quali l’istanza deve essere rifiutata se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di un interesse pubblico o privato, quali quelli elencati dall’art. 5 bis.

 

Ma che significa? Il “chiunque” abbia interesse ha sempre diritto di conoscere ciò che chiede o lo strumento – tanto ampio sulla carta – nella pratica poi risulta di scarsa efficacia?

 

Non  proprio.  In   realtà   occorre   considerare   che   “l’istituto  dell’accesso  civico  generalizzato”, chiaramente ispirato ai modelli anglosassoni FOIA (il cd. Freedom of information act), ha una natura proattiva e si caratterizza per una logica di ampio potere di conoscenza: il diritto di conoscere del singolo quale espressione massima di libertà di informazione.

 

Ciononostante, rispetto all’accesso documentale, si caratterizza anche per la prevalenza del rispetto della protezione dei dati personali nel bilanciamento con il principio di libertà di informazione. Questo non significa assolutamente che l’istituto non sia efficace ma che il legislatore, prima, e la giurisprudenza, dopo,  ne  hanno  in  un  certo  senso  ridimensionato la portata creando dei confini abbastanza significativi al fine di evitare un uso distorto o ancor peggio, un abuso dell’istituto stesso. Soltanto la pratica e il tempo, attraverso le valutazioni dei casi concreti e la maturazione di una certa esperienza, potranno effettivamente definire la reale apertura garantita da questo strumento.

 

DIRITTO DI ACCESSO: QUALE STRADA SCEGLIERE?

Definite le peculiarità dei distinti istituti che l’ordinamento mette a disposizione dei cittadini, occorre prendere la giusta confidenza con ognuno di essi, imparare a distinguere potenzialità, regole, forme e limiti, in modo da saperli utilizzare al meglio.

 

Occorre  conoscenza  e  dimestichezza,  magari  anche  tempo  e  pratica,  per  raggiungere  i  risultati desiderati.

 

Tre le forme di accesso disponibili, molteplici le differenze che portano a farci comprendere che non esiste un indistinto e generale diritto di accesso del cittadino agli atti della PA, ma piuttosto strumenti specifici che occorre imparare ad usare nel modo corretto.

 

Questa consapevolezza rappresenta il primo passo verso la strada giusta, quella della conoscenza attraverso cui è possibile imparare a usare adeguatamente gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione del singolo e perseguire, con successo, gli obiettivi e gli interessi di cui si è portatori.

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