professionalità docente
Leadership condivisa:
quale modello organizzativo?
La maggior complessità che caratterizza oggi la scuola ha reso improponibile la gestione diretta
di tutte le attività ad opera
del solo dirigente. Da tempo,
si è fatto largo il concetto di un suo affiancamento con altre figure professionali. Non si tratta,
però, solo di coadiuvare,
di alleggerire, ma di condividere, co-progettare, operare in stretta sinergia di pensiero.


Presidente della Scuola di Alta formazione EIS
dell’Università LUMSA di Roma
Negli ultimi cinquanta'anni, la scuola italiana ha conosciuto trasformazioni profonde, che hanno inciso non solo sulla sua organizzazione, ma anche sulla natura stessa della professionalità docente e dirigente. Due passaggi normativi e culturali hanno segnato in modo particolare questo percorso: i Decreti Delegati degli anni Settanta e l'autonomia scolastica, introdotta alla fine degli anni Novanta.
GLI ANNI SETTANTA E I DECRETI DELEGATI
Gli anni Settanta rappresentano un momento di straordinario cambiamento. È in questo periodo che si diffondono le teorie del curricolo, che offrono una grande spinta nella direzione della professionalizzazione dei docenti, favorendo il superamento di una concezione individualistica e impiegatizia del ruolo, e introducendo la collegialità come modalità naturale di programmazione e condivisione delle scelte. Questo orientamento viene recepito nella normativa grazie alla Legge n. 477/73 e ai successivi Decreti Delegati(1).
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La scuola si scopre come organizzazione complessa, che si trova a dover garantire una molteplicità di funzioni: partecipativa, inclusiva, progettuale, didattica. La responsabilità delle risposte che è chiamata a dare prima di essere individuale diventa collegiale, implica condivisione e suddivisione di responsabilità, esercizio armonizzato di funzioni che, insieme, la caratterizzano come comunità educante. Con l'introduzione degli organi collegiali, il docente entra a pieno titolo nella governance della scuola.
L'AUTONOMIA SCOLASTICA E LA CENTRALITA' DELL'APPRENDIMENTO
Una seconda svolta si ha sul finire degli anni Novanta, con il riconoscimento dell'autonomia delle istituzioni scolastiche(2). Il passaggio all'autonomia avviene all'interno di una ancor più profonda trasformazione, che si evidenzia tra il finire del XX e gli inizi del XXI secolo, caratterizzata da cambiamenti sociali, economici, culturali tanto rapidi e pervasivi da rendere velocemente obsolete le conoscenze e le abilità che la scuola fornisce. Si tratta di ripensare l'insegnamento, finalizzandolo a promuovere le competenze che servono ad affrontare l'incertezza, in un mondo nel quale, per dirla con il poeta arabo Steltiè, l'unico punto certo è il punto interrogativo. Da qui la necessità di una radicale riformulazione dei curricoli scolastici all'insegna dell'insegnare ad apprendere e insegnare a pensare(3).
Al tempo stesso, si richiede che la scuola sia in stretto contatto con il contesto economico, sociale, culturale, come parte essenziale di una rete allargata che delinea un ambiente di apprendimento non più delimitabile negli spazi e nei tempi dell'istruzione formale.
UNA LEADERSHIP DIFFUSA E CONDIVISA
All'interno di questo nuovo quadro di riferimento, va posta la domanda su quale sia il modello organizzativo adeguato e coerente con il valore attribuito alla centralità dell'apprendimento, e quale sia la leadership di cui c’è bisogno. Una vasta letteratura internazionale dimostra come la leadership scolastica abbia un impatto significativo sull'apprendimento, specie quando sia intesa in modo allargato e supportato da team di collaboratori(4).
“L’impatto della leadership è maggiore laddove si concentra sul miglioramento dell’insegnamento e dell’apprendimento ed è amplificato quando le responsabilità di guidare l’insegnamento e l’apprendimento sono ampiamente distribuite all’interno della scuola o della rete(5)”. La leadership desiderabile non è quella dell’“uomo solo al comando”, non può essere meramente amministrativa, né svolgersi in solitudine(6).
La maggior complessità che caratterizza oggi la scuola ha reso improponibile la gestione diretta di tutte le attività ad opera del solo dirigente. Da tempo, si è fatto largo il concetto di un suo affiancamento con altre figure professionali. Non si tratta, però, solo di coadiuvare, di alleggerire, ma di condividere, co-progettare, operare in stretta sinergia di pensiero. Nella cornice dell’autonomia, vanno ripensate le figure professionali che via via sono andate delineandosi: il tutor, l'orientatore, l'animatore digitale, il mentor..., ma anche i referenti di plesso, i coordinatori di classe o di dipartimento…
IL LOCUS OF CONTROL DELLA SCUOLA
Secondo T. J. Sergiovanni, l’organizzazione della scuola può essere riferita a due principali modelli, uno ispirato alla Gesellschaft (società), l’altro alla Gemeinschaft (comunità)(7).
Nel primo caso (Gesellschaft), il locus of control è esterno all’organizzazione, che è di qualità se sa corrispondere alla domanda che arriva dalla società, in particolare dalle richieste dell’economia. La cultura è di tipo aziendalistico, le relazioni tra gli operatori sono funzionali. Si gestisce la complessità dell’organizzazione attraverso il ricorso a forme di semplificazione gestionale. La logica è quella della specializzazione, o perfino della iper-specializzazione delle funzioni di supporto alla leadership, all’interno di una suddivisione molto strutturata dei compiti(8).
Nel secondo caso (Gemeinschaft), il locus of control è interno, è dato dalla natura educativa della scuola, dal suo essere intesa come una comunità. In questa concezione, le figure di supporto non somigliano ad una sorta di quadri intermedi di tipo aziendale, ma sono piuttosto facilitatrici di processi comunitari, figure “ponte” tra la progettualità strategica e il vissuto della comunità educante, operano come punti di snodo tra la leadership del dirigente e il lavoro quotidiano dei colleghi.
Le persone sono centrali, la motivazione sulla quale si fa leva è interiore. Si respira un clima collaborativo. Viene dato valore al senso di appartenenza, alle relazioni solidali. La qualità delle relazioni è la condizione della qualità delle prestazioni.
“DIPENDE DA DOVE VUOI ANDARE”
“Micio mio, quale strada devo prendere”, chiede la piccola Alice, sperdutasi nel bosco. “Dipende da dove vuoi andare”, le risponde il gatto magico. La saggia risposta non vale solo nel Paese delle Meraviglie. Quale modello organizzativo scegliere? Dipende. Dove vogliamo andare? Dai Decreti Delegati all’autonomia scolastica, la complessità organizzativa e professionale della scuola è cresciuta in modo esponenziale. Le figure intermedie, come le funzioni strumentali, sono diventate imprescindibili per garantire qualità e coerenza al progetto educativo. Come immaginarle? La scelta tra i due modelli non è solo organizzativa: è profondamente pedagogica e culturale, perché esprime il senso e il modo in cui si interpreta il mandato educativo. Il modello ispirato alla Gesellschaft è efficiente, ma non privo di limiti, proprio dove sembrano esserci i suoi punti di forza. Puntare sulla specializzazione in nome dell’efficienza rischia di far perdere di vista l’intero, produce frammentazione e cristallizzazione.
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La suddivisione rigida delle funzioni, se non è armonizzata in una condivisione di visione, può facilmente scivolare nella delega, indebolendo la partecipazione e la corresponsabilità. Soprattutto, interpretare l’organizzazione con criteri aziendalistici allontana l’istituzione scolastica dalla sua vera natura, che è educativa. Al contrario, il modello ispirato alla Gemeinschaft è orientato a sviluppare partecipazione, a promuovere una costruzione condivisa delle decisioni, è alimentato da una leadership diffusa. Qui le funzioni strumentali sono soprattutto animatrici di processi collaborativi, promotrici di coesione.
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La scuola si misura con la complessità e la rapidità di cambiamento e, per rispondere adeguatamente, deve essere flessibile, in grado di inventare soluzioni creative, integrare competenze più che spezzettarle, coinvolgere il maggior numero di insegnanti, piuttosto che delegare a pochi responsabilità che riguardano tutti. “Servono soluzioni flessibili, che non si traducano in fratture e competitività all’interno del corpo docente, ma siano, anzi, concreto supporto alla condivisione e alla costruzione innovativa nella comunità educante. Senza autoreferenzialità e irrigidimenti”(9).
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CONCLUSIONI
Qualsiasi soluzione organizzativa si voglia individuare, questa deve rispondere all’idea di scuola alla quale ci si riferisce, un’idea che è resa esplicita nel documento identitario dell’istituzione scolastica, il Piano dell’offerta formativa.
Nella sua essenzialità, la scelta è tra due possibili strade, che abbiamo identificato con i due concetti, Gesellschaft e Gemeinschaft. Naturalmente si tratta di una estremizzazione. Anche in una organizzazione ispirata all’idea della comunità sono necessarie competenze di tipo funzionale proprie della Gesellschaft, ma sono incluse e subordinate al modello comunitario. La vera sfida sta nel mantenere saldo il baricentro della scuola: una leadership che sappia unire visione strategica e radicamento etico-pedagogico, condivisa e legittimata dall’essere espressione di una comunità. In altre parole, una leadership capace di gestire processi complessi senza smarrire la vocazione originaria della scuola: essere comunità educante. La scuola può essere gestita come un’azienda, ma non potrà mai diventare un’azienda: il suo scopo non è produrre beni, ma coltivare persone.
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(1) La Legge 477/1973 e i successivi decreti delegati del 1974 hanno rappresentato una svolta significativa nella scuola italiana, introducendo, tra le altre cose, gli organi collegiali (consigli di classe, consigli di istituto, ecc.) e ridefinendo i ruoli e le responsabilità del personale scolastico, come i docenti e il personale direttivo e ispettivo.
(2) La Legge 59/1997 riconosce l’autonomia delle istituzioni scolastiche e il D.P.R. 275/99 specifica le modalità di esercizio di tale autonomia.
(3) Sono emblematici i due Rapporti internazionali che vengono prodotti sul finire del XX secolo: il Libro Bianco Insegnare e apprendere, Unione Europea (1995) e il Rapporto UNESCO Learning: The Treasure Within (1996).
(4) Cfr: L. Bendikson, V. Robinson, J. Hattie, 2012. “Principal instructional leadership and secondary school performance”, in: Teaching and Learning, set 1, pp. 2-8.
(5) C. Bezzina, “La Leadership scolastica. Una prospettiva internazionale”, in: Dirigere le scuole, Anno 10, n. 1, 2024, p. 10
(6) “Bisogna passare dal modello dell’“uomo solo al comando con le armi spuntate” (il preside di oggi) a quello del team integrato, in cui il leader educativo (il dirigente scolastico) lavora in stretto collegamento con la squadra dello staff, formalmente riconosciuta e costituita da figure intermedie altamente qualificate” (Tuttoscuola, Dossier “La scuola che soffre/1. DIRIGENTI, CHE STRESS. Allarme presidi: troppi alunni e troppe incombenze”, 2019).
(7) T. J. Sergiovanni, nel libro Costruire comunità nelle scuole (LAS, Roma, 2000) si riferisce a F. Tönnies che ha coniato i concetti di Gemeinschaft (comunità) e Gesellschaft (società). T. J. Sergiovanni ha utilizzato e sviluppato queste idee nel contesto dell'educazione.
(8) L'espressione focus of control, mutata dalla psicologia, significa “luogo attraverso cui si esercita il controllo”. Nel nostro caso, il focus of control esterno alla scuola è dato dalle richieste dell’economia e dalle aspettative sociali; il focus of control interno è dato dalla natura educativa della scuola.
(9) Dalla relazione di Ivana Barbacci, segretaria generale della CISL Scuola, al VIII Congresso Nazionale “Diamo forma al futuro”, Trieste, 10-12 giugno 2025.
