valutazione
Le prove INVALSI:
strumento
per il miglioramento
La disponibilità di dati
sugli esiti di apprendimento
e sul funzionamento del sistema scolastico non è di per sé
la soluzione dei problemi,
ma contribuisce a individuare percorsi di miglioramento
perché permette alle istituzioni
di valutare scenari alternativi
ed effettuare nuove
scelte politiche.
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Presidente dell’Istituto INVALSI.
Componente del Governing Board del PISA
In attesa della pubblicazione dei risultati delle rilevazioni nazionali del 2024, gli esiti delle prove INVALSI 2023, ma anche quelli delle rilevazioni standardizzate internazionali come PIRLS e PISA, mostrano un quadro complesso della realtà scolastica del Paese, una situazione articolata e irriducibile a una rappresentazione semplicistica. Il sistema scolastico, complessivamente inteso, merita una lettura attenta, rispettosa e approfondita di fenomeni che non si prestano alla riduzione a semplici formule o a superficiali conclusioni.
La disponibilità di dati sugli esiti di apprendimento e sul funzionamento del sistema scolastico non rappresenta di per sé la soluzione dei problemi, ma certamente può contribuire in maniera rilevante all’individuazione di percorsi di miglioramento. È infatti del tutto evidente che non esistono scorciatoie e misure che abbiano solo effetti positivi. Proprio per questo, i dati sul sistema, anche con granularità a livello di singolo allievo e singola allieva, permettono di valutare scenari alternativi e di effettuare scelte che, per disegno, sono di natura politica e spettano a chi ha la rappresentanza del Paese.
Emerge la necessità di affrontare con chiarezza, lucidità, onestà intellettuale e umiltà problemi nuovi e antichi che affliggono la nostra scuola. È fuor di dubbio che le misurazioni standardizzate forniscano una fotografia parziale del sistema scolastico. Ma esattamente come si fa quando si vuole cercare di dare una rappresentazione appropriata e precisa di un panorama complesso, è necessario scattare tante fotografie, mettendo in luce prospettive e angolazioni differenti. Solo così si fornisce una immagine migliore (anche se sempre provvisoria) di ciò che si vuole rappresentare.
Le prove INVALSI, o qualsiasi altra misurazione standardizzata, non sono la panacea, lo strumento per rappresentare esaustivamente il sistema scolastico nazionale e locale. Tuttavia, esse possono aiutare la collettività a rendere più esplicito ciò che spesso è ancora implicito, per definizione quindi noto e accessibile solo ad alcuni e sconosciuto ad altri, con problemi evidenti di equità o quantomeno di uguale accesso alle informazioni necessarie per scegliere e agire.
Sempre più evidente appare la necessità di utilizzare i dati per intervenire precocemente sulle cause dell’insuccesso scolastico e, allo stesso tempo, per supportare la crescita generale dei livelli di apprendimento, inclusi quelli elevati ed eccellenti.
La presentazione dei risultati delle prove INVALSI evidenzia ancora una volta la necessità di aprire un dibattito serio sul bisogno di disporre di riferimenti chiari e condivisi su quali debbano essere i traguardi per tutti e per ciascuno e come si possa misurare il loro raggiungimento. È certamente giunto il momento di aprire una discussione plurale e aperta su quali debbano essere i traguardi di apprendimento, adattandoli sì alle esigenze di tutti e di ciascuno, ma anche individuando dei riferimenti misurabili e riscontrabili per l’intera collettività. Del resto, non è immaginabile una vera valutazione formativa se non si chiariscono i traguardi verso i quali si vuole tendere e come misurare la distanza da tali obiettivi. In questo senso, le prove INVALSI possono rappresentare un utile strumento, tra tanti altri, per supportare le scuole e i docenti in questo percorso molto complesso, ma di fondamentale importanza.
A parte gli aspetti tecnico-scientifici alla base della determinazione dei livelli di risultato adottati da INVALSI, la loro descrizione rende quantomeno esplicite le scelte operate dall’istituto di valutazione. Potrebbe essere proprio questo un utile e interessante punto di partenza dal quale iniziare una riflessione pedagogica seria e ampia. I vantaggi sarebbero di varia natura. Se anche le scelte operate da INVALSI circa la costruzione dei livelli di risultato dovessero essere mutate alla luce di un dibattito collettivo serio e approfondito, si potrebbe dire che un grande risultato sarebbe stato raggiunto poiché, attraverso questo passaggio, si sarebbe fornito un contributo cruciale al consolidamento della valutazione formativa. Si riuscirebbe probabilmente ad affrontare con maggiore lucidità il problema degli esiti diversi tra le diverse filiere dell’istruzione secondaria di secondo grado, spesso osservati attraverso lenti che tradiscono posizioni culturali, quando non addirittura pregiudizi, il più delle volte a scapito dell’istruzione e della formazione tecnico-professionale.
Si potrebbe cercare di trovare una definizione condivisa, ragionevole e traducibile operativamente di competenze di base. Probabilmente troverebbe una sistemazione più razionale e adeguata anche il dibattito che ogni anno si accende sui voti dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, confronto più schierato su posizioni talvolta singolari che sul problema in sé, molto meno marginale di quanto si pensi, soprattutto sul piano educativo e pedagogico.
Riflettere sugli esiti della nostra scuola basandosi anche sui dati della valutazione esterna può aiutare a uscire da un vicolo cieco nel quale la scuola, ma ancora una volta dovremmo dire l’intera collettività, si trova da anni, non solo in Italia. Se è vero, come è vero, che a tutt’oggi il peso del contesto di provenienza, ampiamente inteso, esercita un ruolo cruciale sugli esiti di apprendimento, dobbiamo capire cosa ci stia sfuggendo visto che il sistema scolastico non riesce a ridurne significativamente gli effetti. Per fare ciò abbiamo bisogno di buona ricerca qualitativa e quantitativa, a tutti i livelli. Se partissimo dalle sole valutazioni di scuola non avremmo che uno scarso riscontro dell’impatto del contesto, delle differenze di genere, dei divari territoriali, della dispersione scolastica implicita, ossia di coloro che terminano la scuola senza possedere nemmeno lontanamente le competenze attese. D’altro canto, l’uso delle sole rilevazioni standardizzate renderebbe concreto il rischio di una deriva quasi notarile della valutazione, con tutte le conseguenze negative facilmente immaginabili.
Pare del tutto evidente la necessità di percorrere gli ampi e sovente inesplorati spazi comuni tra i diversi modi di osservare la scuola e i suoi esiti, largamente intesi. Non è un esercizio semplice, ma è ineludibile nell’interesse della scuola e, quindi, di tutta la società italiana.
Infine, ma non da ultimo, la scuola è ormai di fronte alla grande sfida della transizione digitale e dell’intelligenza artificiale. Si tratta di un percorso sfidante e affascinante dal quale le prove INVALSI non possono, e non devono, rimanere fuori. Ancora una volta, in una prospettiva di aiuto e supporto, l’istituto si sta impegnando intensamente per fornire alla scuola strumenti rigorosi e facilmente utilizzabili per la costruzione di percorsi di promozione delle competenze digitali nei diversi gradi scolastici.
Nel solco della sua tradizione, INVALSI intende proseguire il suo percorso di servizio alle istituzioni scolastiche, mettendo a punto soluzioni e proposte in grado di supportare docenti, studenti, dirigenti scolastici e famiglie nell’affrontare sfide importanti e decisive per la crescita equilibrata dell’intera società.
