STRUMENTI di LAVORO
• Roberto Calienno
CSPI, un esame superato a pieni voti
CSPI, un esame
superato a pieni voti
È indispensabile rilanciare quei
princìpi costituzionali che valorizzano
il protagonismo democratico,
ancor più per la nostra scuola declinata,
anche contrattualmente,
come comunità educante.
Il luogo privilegiato per avviare
un nuovo corso, e per ridare sostanza agli organi collegiali tutti,
non può che essere il CSPI.
Segretario Nazionale CISL Scuola
Il 7 maggio 2024 si sono svolte, in tutte le scuole, le votazioni per il rinnovo della componente elettiva del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI), come stabilito dal Ministro dell'Istruzione e del Merito con l'Ordinanza Ministeriale 234 del 5 dicembre 2023.
Il CSPI è stato istituito con il Decreto Legislativo 30 giugno 1999, n. 233 (Riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, a norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59), entrato in vigore il 6 agosto 1999.
Ha preso il posto del CNPI che, in seguito all’approvazione della Riforma del 1973 e alla successiva emanazione dei Decreti Delegati del 1974, per circa 40 anni è stato il massimo organo collegiale di partecipazione democratica della scuola producendo pareri obbligatori ma non vincolanti e, anche, vincolanti su questioni attinenti allo stato giuridico del personale. I suoi pareri sono stati puntualmente considerati dagli organi di controllo (Consiglio di Stato e Corte dei Conti), con conseguenti richiami all’allora Miur in caso di omissione e/o inottemperanza.
Oggi il CSPI è formato da una componente elettiva costituita da 18 unità, così suddivisa:
1 rappresentante appartenente alla scuola dell’infanzia, 3 alla scuola primaria, 3 alla scuola secondaria di primo grado, 2 alla scuola secondaria di secondo grado, 1 al personale ATA, 2 alla Dirigenza Scolastica e 1 rappresentante rispettivamente delle scuole di lingua Tedesca, Slovena e della Valle D’Aosta.
Assunto il diritto democratico di rappresentanza delle minoranze, per le altre componenti l’assonanza, involontaria e fortuita, del sistema elettorale adottato con la pratica in voga negli Stati Uniti, chiamata “Gerrymandering” è evidente. Il metodo americano consiste nel disegnare a tavolino i collegi in modo che siano favoriti i candidati del proprio partito. Il nome deriva dall’unione di “Gerry” e “salamender”: fu infatti coniato in una vignetta satirica apparsa sul settimanale Boston Gazette nel 1812 che denunciava Elbridge Gerry, Governatore del Massachusetts. Il motivo era di aver approvato mappe dei collegi troppo favorevoli al suo partito, l’allora Partito Democratico-Repubblicano.
Nel nostro caso: la scuola secondaria di secondo grado (2 rappresentanti) ha un organico docenti pari a quasi il doppio di quello del primo grado (3 rappresentanti); la componente ATA (oltre 205mila addetti) esprime un solo rappresentante mentre la componente Dirigenza Scolastica (circa 7mila addetti) esprime 2 rappresentanti. È evidente uno sbilanciamento versoil primo ciclo di istruzione e verso la Dirigenza Scolastica a scapito del personale ATA (profili e funzioni in grande evoluzione) e della secondaria di secondo grado che, nell’ultimo ventennio è stato il segmento maggiormente interessato a processi di riforma ordinamentale.
Passando alle questioni prettamente tecniche, occorre prendere atto che le procedure elettorali adottate sono risultate decisamente obsolete e farraginose.
Già la nomina delle commissioni elettorali di scuola, troppo spesso tardiva nonostante le numerose sollecitazioni del MIM e degli uffici periferici, ha condizionato e ridotto il tempo a disposizione per la raccolta di firme per la presentazione delle liste e, in alcuni casi, generato ambiguità nella concessione del legittimo riposo compensativo, per i componenti delle stesse commissioni, previsto dalle norme contrattuali e poi affidato all’interpretazione di alcune Faq poco tempestive.
È però inquietante che, per più di 40 giorni dalle votazioni, gli esiti non fossero ancora noti e che, quantunque le operazioni post-elettorali, in un Paese democratico come il nostro, si sono sempre caratterizzate per la loro trasparenza ed evidenza pubblica, si sia dovuto fare ricorso a richieste di accesso agli atti per poter disporre dei verbali redatti dalle commissioni elettorali. I presentatori di lista hanno generalmente vissuto male il fenomeno anche perché è stato ostacolato e vanificato il legittimo operato dei loro rappresentanti (figura prevista dall’O.M. 234 del 5 dicembre 2023, che ne declina anche compiti e funzioni).
Se i verbali fossero stati di più semplice compilazione, se le note esplicative fossero state dettagliate e precise e se ci fosse stato un vero e proprio momento di approfondimento tematico almeno a livello territoriale, sarebbe stato possibile limitare tanto gli errori quanto i ritardi biblici registrati dalle scuole. È poi apparsa inopportuna la Faq con cui il MIM ha indicato ai nuclei elettorali territoriali che i verbali con i voti assemblati delle scuole del territorio dovevano essere inviati esclusivamente ai nuclei elettorali regionali.
La scelta, per quanto discutibile anche se certamente dettata dalla necessità di effettuare ulteriori controlli a livello regionale, è stata sostenuta dalla convinzione dell’inopportunità di diffondere risultati che, se pur elaborati in seguito alla ripetizione delle operazioni di spoglio nelle scuole che hanno redatto verbali palesemente incoerenti, sarebbero potuti risultare poco veritieri.
Ora è finalmente giunto il tempo del responso, sebbene provvisorio. Nell’incontro convocato per il 19 giugno dalla commissione elettorale centrale sono stati forniti i seguenti risultati:
Certo, anche nelle elezioni scolastiche l’astensionismo è un fenomeno evidente (meno di 600mila votanti a fronte di 1milione e 200mila aventi diritto al voto), pur con una lieve crescita della percentuale di votanti rispetto al 2015; ciò richiede comunque una riflessione attenta per capirne le cause e vedere quanto e fino a che punto possa essere letto come un segnale di sfiducia, e verso chi.
Si dimostra ancora una volta l’importanza del valore che la CISL assegna alla partecipazione e delle iniziative messe in campo per tradurre in atto importanti princìpi costituzionali volti a favorire il protagonismo sociale: ciò vale ancor più per la scuola che, anche contrattualmente, viene declinata come comunità educante.
Il luogo privilegiato per avviare un nuovo corso e per ridare sostanza agli organi collegiali tutti, non può che essere il CSPI. Non si tratta di una operazione banale, anzi è l’esatto contrario.
Gli organismi, nati in un contesto socio politico completamente diverso da quello odierno, hanno operato per inerzia; nel frattempo l’intero sistema di istruzione e formazione del nostro Paese è stato completamente modificato dalla Legge 59/1997, regolamentata dal D.P.R. 275/1999, che ha introdotto l’autonomia scolastica (poi ulteriormente rinforzata dalla Legge 107/2015). In definitiva occorre integrare e coniugare il ruolo e la funzione degli organi collegiali nel rispetto del nuovo assetto normativo.
Ma per fare questo deve cambiare la considerazione dell’operato del CSPI che, come già detto, è il più importante organo collegiale della scuola italiana. È vero che i pareri non sono vincolanti ma, specie se sono contrari alle proposte avanzate, l’amministrazione piuttosto che procedere comunque, deve dare ad essi riconoscimento e credito, perché sono la sintesi delle posizioni delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di categoria espresse dai propri rappresentanti eletti. La CISL Scuola esce vincente da questa competizione elettorale: ha aumentato in modo consistente il numero di voti ricevuti e ha più che raddoppiato il numero dei propri rappresentanti in seno al CSPI. Alla luce dei dati, ufficiali ma provvisori, la CISL Scuola passa da due a cinque rappresentanti. Il merito è della CISL e della CISL Scuola a tutti i livelli, ma lo è ancor di più dei candidati, eletti e non.
La CISL Scuola, insieme ai suoi professionisti seri e responsabili eletti farà, come sempre, la sua parte, in maniera lineare e chiara, tralasciando faziosità e pregiudizi ma veicolando proposte concrete e fattibili, privilegiando sempre il metodo del confronto dialettico, con l’obiettivo di migliorare l’intero sistema di istruzione e formazione italiano.
L’istruzione deve dare importanza e possibilità a tutti: ricchi o poveri, italiani o stranieri, giovani o adulti, con o senza bisogni educativi speciali. Non è uno slogan, ma che il futuro si disegni sui banchi di scuola è la realtà.Non banchi di scuola: è la realtà.