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Non uccidere di C. Autant-Lara
e L'arpa birmana di k. Ichikawa
• Annamaria Iantaffi
Coltivare la memoria
per raccogliere pace.
La testimonianza di Edith Bruck
• Francesco Ottonello
La Sagra di Primavera
di Igor Stravinsky
• Leonarda Tola
Adriana Zarri. In felicità di vita
Coltivare la memoria
per raccogliere pace.
La testimonianza di Edith Bruck
“I frutti della memoria” di Edith Bruck ribalta gli stilemi e lascia che a parlare siano le studentesse e gli studenti incontrati dall’autrice per anni
nelle scuole per testimoniare gli orrori della Shoah e coltivare quei semi
che un giorno potranno condurre
alla pace.
Giornalista pubblicista
e membro dell’Ufficio Stampa e Comunicazione
CISL Scuola Nazionale
Nel gennaio del 2024 la scrittrice, poetessa e regista Edith Bruck ha pubblicato, insieme al giornalista e autore Eugenio Murrali, la sua ultima fatica, “I frutti della memoria. La mia testimonianza nelle scuole”1. È un libretto dal formato non standard, quasi quadrato, che racchiude lettere, versi e disegni che ragazzi e adolescenti le hanno inviato nel corso degli anni per restituirle l’affetto e la stima che, nel tempo, la scrittrice ha profuso nelle scuole come testimone vivente della Shoah.
Nella prefazione è la stessa Bruck a rivolgersi alle ragazze e ai ragazzi che, da differenti latitudini, sono stati suoi interlocutori, spiegando le ragioni che l’anno mossa alla pubblicazione: “Sono in debito con voi”, scrive Bruck, “per il mio silenzio su ciò che aveva significato per me il vostro ascolto, il vostro voler sapere, le vostre domande sia sulla mia povera infanzia in Ungheria, sia sulla persecuzione, i veti, le angherie, le violenze dei compagni di scuola, avvelenati dalla propaganda antifascista e dall’antisemitismo mai sradicato contro il popolo cui appartengo”.
Nata in un piccolo villaggio ungherese ai confini con la Slovacchia, in una famiglia ebraica molto modesta, Edith Bruck ha trascorso un anno, tra i suoi tredici e i quattordici, deportata in diversi campi di concentramento tra Polonia e Germania. Fino alla liberazione, avvenuta nel 1945. Perduta gran parte della propria famiglia di provenienza, nel 1948 l’autrice si trasferisce in Israele, dove si sposa per evitare di assolvere al servizio militare. Sei anni dopo, approda stabilmente in Italia; qui apprende una lingua terza, che le fornisce una sufficiente distanza emotiva dalle parole native, e con cui dà forma al dolore della deportazione. al dolore della deportazione. Inizia a scrivere racconti, romanzi e poesie e a testimoniare, da sopravvissuta, dell’Olocausto e della discriminazione che, in quanto ebrea, ha subito anche dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Le lettere degli studenti ci rivelano che suoi scritti e le sue parole arrivano attraverso i libri, o la presenza fisica nelle classi italiane, quasi sempre con una potenza deflagrante. Non di rado i messaggi che le tornano indietro accennano a una rivalutazione dei problemi personali, dopo l’ascolto della sua testimonianza, o a una riconsiderazione della portata del disagio dei giovani; non di rado nelle lettere dei giovani si racconta di emozioni incontenibili e riflessioni inedite, in seguito al contatto fisico o mediato con la scrittrice.
Sanli P.S.B., ad esempio, una dodicenne che l’ha incontrata in una scuola, le scrive: “Non ci sarà mai una gomma per cancellare il passato, ma ci sarà sempre una matita per scrivere il futuro imparando dai propri errori”. Un’altra, Giorgia M., studentessa di lettere moderne all’Università di Macerata, le comunica: “Il mio sogno, terminati gli studi, è quello di insegnare. Però le prometto di raccogliere la speranza che un giorno lei lascerà in eredità a noi giovani per portarla ogni giorno nelle scuole, nella famiglia che mi creerò e nel mondo”. In una lettera corale, gli studenti della II E della scuola secondaria di Mornico al Serio la informano: “Abbiamo pensato a lei sentendo al telegiornale che una anziana donna russa sopravvissuta all’Olocausto è andata in piazza a protestare contro la guerra e la polizia russa l’ha arrestata”.
Cosa significhi, per una testimone degli orrori della Shoah che vuole disseminare i frutti della sua memoria perché siano germi di pace, assistere al riaccendersi così brutale del conflitto in Medio Oriente dopo il 7 ottobre è difficile da immaginare. Però possiamo rifarci alle sue stesse parole, pronunciate nella delicata ma puntuale intervista rilasciata alla giornalista Marianna Aprile il 22 ottobre 2023, su La7: “Abbiamo bisogno di parole nuove per descrivere quello che sta succedendo oggi tra Israele e Hamas: così siamo affetti da balbuzie. Palestina e Israele devono fare tutti gli sforzi possibili per creare due stati, a tutti i costi, anche perdendo dei territori, non occupandone degli altri… Fino a quel momento non sarà risolto niente".
Memore delle parole indirizzatele da Papa Francesco per cui “Basta una goccia di bene per migliorare questo mare nero che è il mondo” Bruck si rivolge così, infine, ai suoi ascoltatori “ Voi, cari ragazzi, siete mio alimento e speranza per un futuro migliore del mio passato … voi che sapete, ascoltate e migliorate il mondo”.
(1) Edith Bruck, I frutti della memoria. La mia testimonianza nelle scuole, Ed. La Nave di Teseo, 2024.