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Una
“lezione buona” non si
dimentica mai 

La lezione di Gustavo Zagrebelsky è molte cose insieme: parole, anzitutto, pronunciate e ricevute e scambiate, antiche e nuove. Ma se gli insegnanti non possono appellarsi alle (tante) recriminazioni come alibi al dovere della “lezione buona”, allora la società, la pubblica opinione, la politica devono cambiare – radicalmente, urgentemente – la narrazione sulla scuola. 

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Già insegnante e sindacalista della CISL

 Formatore del Centro Studi CISL

E a tutti dovrebbe esserne garantita almeno una, da depositare per sempre nello scrigno personale dei ricordi luminosi. Usiamo il condizionale: la “lezione buona” (scolastica) “è un dono di lunga durata”, afferma Gustavo Zagrebelsky in chiusura dell’agile volumetto1. E i doni sono gratuiti, non si fanno annunciare da squilli di tromba. 

Alla lezione, il centro pulsante dell’istituzione preposta alla formazione del cittadino di domani, ha dedicato un succoso condensato di riflessioni Zagrebelsky, in occasione della 7° edizione (“Un pianeta, molti mondi”) della Biennale Democrazia (Torino, 7 ottobre 2022). La lezione è molte cose insieme: parole, anzitutto, pronunciate e ricevute e scambiate, antiche (magari anche “ambigue” come democrazia, libertà) e nuove, cariche di storia e significato e aureolate da aloni semantici, di raziocinio e di emozioni, di passioni calde e di passioni fredde, dolci e amare, di vita e di morte, generative e distruttive.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La lezione scolastica è ancora tempo che scorre durante il quale i protagonisti del cammino formativo (il discente, il docente, il personale scolastico, i genitori, la piccola comunità come la grande) crescono, mutano, imparano, evolvono, sono chiamati a nuove sfide e a impegni onerosi, e poi aula, verifica ... Eppure, pur essendo un rito, ogni lezione è recitata a soggetto dal discente e dal docente e dall’aula. Ma la domanda delle domande si affaccia, con una certa dose di nonchalance, a pag. 28 dell’agile testo, dopo una rapsodia – tutta meritata – sulla magia della parola: a che serve la lezione, a trasmettere o a scoprire? 

Vexata quaestio; et antiqua, è d’obbligo aggiungere. Divisiva ieri, divisiva oggi. Zagrebelsky (e noi con lui) fa suo l’obiettivo del priore di Barbiana: la preparazione del cittadino sovrano che, durante il percorso formativo, si impadronisce del suo calepino con cui capire sé stessi, gli altri, il mondo, il senso della vita e individuare il proprio posticino in una comunità tanto più complessa. 

Lo afferma l’autore, perentoriamente, nelle ultime, densissime righe del breve saggio divulgativo: nel mondo della “lezione buona”, sospeso tra utopia e realtà, non alberga dubbio alcuno sul fatto che la “lezione buona” e, dunque, la qualità del sistema scolastico, dipenda da lui. L’insegnante. Il quale squaderna – da quanto tempo ormai? – un robusto cahier de doléances: un salario ridicolo, investimenti strutturali inadeguati, strutture obsolete, aule pollaio, un lavoro svalorizzato, una stima sociale al di sotto del minimo sindacale, una (troppo prolungata) disattenzione della politica … Comunque sia, le passioni tristi non possono trovare spazio nel suo personale zainetto degli attrezzi. Come cantava nella raccolta Tell Me the Truth About Love (anni ’32-’39, i “tempi bui” di B. Brecht) il poeta angloamericano W.H. Auden: 

“Oh, guarda, guarda bene nello specchio, 

guarda nella tua ambascia: 

la vita è ancora una benedizione, 

anche se benedire tu non puoi. 

Oh, rimani, rimani alla finestra 

mentre bruciano e sgorgano le lacrime, 

tu amerai il prossimo tuo storto 

con il tuo storto cuore”. 

You shall love your crooked neighbour / with your crooked heart”. 

Poco tempo fa una prof è stata accoltellata alle spalle da un alunno sedicenne, incapace di rielaborare un brutto voto e qualche richiamo. La notizia è stata bruciata nel più breve tempo possibile, soppiantata da un altro fattaccio di una cronaca ancor più nera. Ma se è vero che gli insegnanti non possono appellarsi alle (tante) recriminazioni come alibi al dovere della “lezione buona”, è altrettanto vero che la società, la pubblica opinione, la politica devono cambiare – radicalmente, urgentemente – la narrazione sulla scuola. 

1 G. Zagrebelsky, La LezioneGiulio Einaudi Editore, Torino 2022, p. 109 

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