
LEGGERE
• Emidio Pichelan
Una "lezione buona"
non si dimentica mai
• Annamaria Iantaffi
"Non è un gioco.Indagine sul lavoro
minorile in Italia 2023" - Save the
Children
• Gianni Alioti
Pierre Carniti, Tentare l'impossibile per
fare il possibile. Testimonianze sulla
storia di un uomo libero
Una
“lezione buona” non si
dimentica mai
La lezione di Gustavo Zagrebelsky è molte cose insieme: parole, anzitutto, pronunciate e ricevute e scambiate, antiche e nuove. Ma se gli insegnanti non possono appellarsi alle (tante) recriminazioni come alibi al dovere della “lezione buona”, allora la società, la pubblica opinione, la politica devono cambiare – radicalmente, urgentemente – la narrazione sulla scuola.


Già insegnante e sindacalista della CISL
Formatore del Centro Studi CISL
E a tutti dovrebbe esserne garantita almeno una, da depositare per sempre nello scrigno personale dei ricordi luminosi. Usiamo il condizionale: la “lezione buona” (scolastica) “è un dono di lunga durata”, afferma Gustavo Zagrebelsky in chiusura dell’agile volumetto1. E i doni sono gratuiti, non si fanno annunciare da squilli di tromba.
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Alla lezione, il centro pulsante dell’istituzione preposta alla formazione del cittadino di domani, ha dedicato un succoso condensato di riflessioni Zagrebelsky, in occasione della 7° edizione (“Un pianeta, molti mondi”) della Biennale Democrazia (Torino, 7 ottobre 2022). La lezione è molte cose insieme: parole, anzitutto, pronunciate e ricevute e scambiate, antiche (magari anche “ambigue” come democrazia, libertà) e nuove, cariche di storia e significato e aureolate da aloni semantici, di raziocinio e di emozioni, di passioni calde e di passioni fredde, dolci e amare, di vita e di morte, generative e distruttive.
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La lezione scolastica è ancora tempo che scorre durante il quale i protagonisti del cammino formativo (il discente, il docente, il personale scolastico, i genitori, la piccola comunità come la grande) crescono, mutano, imparano, evolvono, sono chiamati a nuove sfide e a impegni onerosi, e poi aula, verifica ... Eppure, pur essendo un rito, ogni lezione è recitata a soggetto dal discente e dal docente e dall’aula. Ma la domanda delle domande si affaccia, con una certa dose di nonchalance, a pag. 28 dell’agile testo, dopo una rapsodia – tutta meritata – sulla magia della parola: a che serve la lezione, a trasmettere o a scoprire?
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Vexata quaestio; et antiqua, è d’obbligo aggiungere. Divisiva ieri, divisiva oggi. Zagrebelsky (e noi con lui) fa suo l’obiettivo del priore di Barbiana: la preparazione del cittadino sovrano che, durante il percorso formativo, si impadronisce del suo calepino con cui capire sé stessi, gli altri, il mondo, il senso della vita e individuare il proprio posticino in una comunità tanto più complessa.
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Lo afferma l’autore, perentoriamente, nelle ultime, densissime righe del breve saggio divulgativo: nel mondo della “lezione buona”, sospeso tra utopia e realtà, non alberga dubbio alcuno sul fatto che la “lezione buona” e, dunque, la qualità del sistema scolastico, dipenda da lui. L’insegnante. Il quale squaderna – da quanto tempo ormai? – un robusto cahier de doléances: un salario ridicolo, investimenti strutturali inadeguati, strutture obsolete, aule pollaio, un lavoro svalorizzato, una stima sociale al di sotto del minimo sindacale, una (troppo prolungata) disattenzione della politica … Comunque sia, le passioni tristi non possono trovare spazio nel suo personale zainetto degli attrezzi. Come cantava nella raccolta Tell Me the Truth About Love (anni ’32-’39, i “tempi bui” di B. Brecht) il poeta angloamericano W.H. Auden:
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“Oh, guarda, guarda bene nello specchio,
guarda nella tua ambascia:
la vita è ancora una benedizione,
anche se benedire tu non puoi.
Oh, rimani, rimani alla finestra
mentre bruciano e sgorgano le lacrime,
tu amerai il prossimo tuo storto
con il tuo storto cuore”.
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“You shall love your crooked neighbour / with your crooked heart”.
Poco tempo fa una prof è stata accoltellata alle spalle da un alunno sedicenne, incapace di rielaborare un brutto voto e qualche richiamo. La notizia è stata bruciata nel più breve tempo possibile, soppiantata da un altro fattaccio di una cronaca ancor più nera. Ma se è vero che gli insegnanti non possono appellarsi alle (tante) recriminazioni come alibi al dovere della “lezione buona”, è altrettanto vero che la società, la pubblica opinione, la politica devono cambiare – radicalmente, urgentemente – la narrazione sulla scuola.
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1 G. Zagrebelsky, La Lezione, Giulio Einaudi Editore, Torino 2022, p. 109
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